Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19778 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 22/09/2020), n.19778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15055-2013 proposto da:

IREN SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIALE G. MAZZINI 11, presso lo

studio dell’avvocato GABRIELE ESCALAR, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RICCARDO ROSSOTTO, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, In persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 72/2012 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 06/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2020 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato ESCALAR che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per controricorrente l’Avvocato PELUSO che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione delle Comunità Europee con decisione del 5 giugno 2002 n. 2003/193/CE dichiarava aiuti di Stato, incompatibile con il mercato comune, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito disposta dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 70, e dalla D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 66, comma 14, convertito con L. 29 ottobre 1993, n. 427, a favore di società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria istituite ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142.

In data 2 ottobre 2009 l’Agenzia delle Entrate notificava ad Iride spa (già Azienda Energetica Metropolitana di Torino spa), società di capitali avente come azionista quasi totalitario il Comune di Torino, un avviso di accertamento con il quale chiedeva la restituzione dell’aiuto di Stato equivalente all’imposta Irpeg riferibile alla attività di produzione e distribuzione di energia elettrica, non corrisposta nell’anno 1998 per effetto del regime di esenzione dichiarato incompatibile con il mercato comune.

Contro l’avviso di recupero la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Torino che lo rigettava con sentenza n. 97 del 2011.

La società Iride spa proponeva appello rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte con sentenza n. 72 del 6.12.2012.In particolare, per quanto di interesse nel presente giudizio, la C.T.R. osservava che “il pagamento dei dividendi al Comune di Torino non comporta affatto la restituzione del beneficio allo Stato per una serie di motivi. In primo luogo perchè la moratoria fiscale aveva come soggetti beneficiari società di capitali alle quali consentiva l’esenzione da imposta Irpeg. AEM spa società di diritto privato ancorchè ad azionariato pubblico, indebitamente ebbe ad avvantaggiarsi del regime fiscale favorevole, e tale società pertanto deve essere unica destinataria dell’atto di recupero. La decisione della società di distribuire utili che erano incrementati dal mancato assoggettamento ad imposta è stato frutto di valutazioni assunte in piena libertà in base alle disposizioni dell’atto costitutivo dove è stabilito che “l’utile netto dell’esercizio risultante dal bilancio sociale è attribuito come segue: il 55% alla riserva legale, sino a che questa non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale; il residuo secondo quanto deliberato dall’assemblea”. Il fatto che il Comune di Torino fosse l’azionista di maggioranza ed incidesse sulle scelte del consiglio di amministrazione non rileva in quanto, in tale sede, il Comune agiva come azionista e beneficiario di dividendi che corrispondono alla remunerazione del capitale investito. Il Comune di Torino, socio di Iren spa, non coincide con lo Stato centrale destinatario della Decisione di recupero e titolare del potere di recupero dell’aiuto erogato”.

Contro la sentenza di appello la società IREN spa (già Iride spa) propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo; formula istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.II ricorso denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e del principio di diritto dell’Unione del “ripristino dello status quo ante” degli artt. 7 e 14 del Regolamento n. 659/1999/CE del Consiglio del 22 marzo 1999, dell’art. 3 della Decisione n. 2003/193/CE della Commissione del 5 giugno 2002, del D.L. n. 185 del 2008, art. 24, convertito nella L. n. 2 del 2009, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62″.Secondo la ricorrente il giudice di appello ha erroneamente confermato il recupero in capo alla società Iren spa senza considerare che il beneficio derivante dalla “moratoria fiscale” era stato retrocesso sotto forma di distribuzione di utili al Comune di Torino, azionista per il 99,998 del capitale sociale, il quale quindi doveva considerarsi il beneficiario effettivo dell’aiuto di Stato e quindi destinatario dell’azione di recupero; la restituzione del beneficio all’ente locale sotto forma di distribuzione dei dividendi, era equivalente alla restituzione del beneficio fiscale allo Stato membro.

La censura è infondata. In ordine alla obbligatorietà del recupero degli aiuti di Stato anche nei confronti delle società cosiddette “in house”, questa Corte si è già pronunciata stabilendo che, in tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione Europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, l’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo previsto dal D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993, e dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 70, anche nei confronti delle società “in house”, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale rispetto all’obiettivo di evitare che le imprese pubbliche, beneficiarie del trattamento agevolato, possano concorrere nel mercato delle concessioni dei cd. servizi pubblici locali, che è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria, in condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti. (da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 2396 del 31/01/2017; in precedenza Sez. 5, Sentenza n. 23799 del 23/11/2016; Sez. 5, Sentenza n. 23414 del 19/11/201).

Come correttamente osservato dal giudice di appello, l’attività di recupero deve necessariamente indirizzarsi nei confronti dell’impresa che ha fruito della esenzione fiscale costituente “aiuto di Stato, posto che l’effetto distorsivo della libera concorrenza si produce in capo ai soggetti economici che, tramite l’aiuto di Stato, hanno lucrato una posizione di indebito vantaggio nei confronti degli altri operatori economici. Quanto alla pretesa della ricorrente di ritenere già soddisfatto l’obbligo di pagamento dei tributi erariali, da cui la società era stata illegittimamente esentata, in ragione della avvenuta distribuzione di dividendi al socio pubblico di maggioranza (Comune di Torino), essa appare del tutto priva di fondamento. Nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza che la società beneficiaria dell’aiuto di Stato illegittimo abbia optato per una destinazione degli utili al pagamento di dividendi ai soci ed in particolare all’ente pubblico locale quale socio di maggioranza, non sussistendo alcuna correlazione logico-giuridica tra la illegittima esenzione dell’impresa dal pagamento di tributi statali e la libera scelta di distribuzione di dividendi ai soci, quand’anche si tratti di ente locale socio di maggioranza. Per le ragioni esposte la richiesta di rinvio pregiudiziale appare manifestamente infondata. Occorre peraltro ribadire che ” non esiste alcun diritta della parte all’automatico rinvio pregiudiziale ogni qualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive, bastando che le ragioni del diniego siano espresse (Corte EDU, caso Ullensde Schooten & Rezabek vs. Belgio) ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata (Corte EDU, caso Wind Telecomunicazioni vs. Italia, p.36)” (Sez.U, Sentenza n. 14042 del 08/07/2016, in motivazione pag.5).

Alla soccombenza segue la condanna alle spese come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 30.000 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1- quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del doppio contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 settembre 2020

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