Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19776 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 23/07/2019), n.19776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3465-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORTINA

D’AMPEZZO 57, presso lo studio dell’avvocato ANNA CAPORICCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ELIO RAVIELE;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PIETRAMELARA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7047/17/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 02/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa ROSARIA

MARIA CASTORINI.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 7047/17/2017, depositata il 2.8.2017 non notificata, la CTR della Campania rigettava l’appello proposto da M.G. nei confronti del Comune di Pietramelara avverso la sentenza della CTP di Caserta che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente su controversia avente ad oggetto avviso di accertamento ICI sul presupposto della natura edificatoria dei terreni in quanto inseriti in zona urbanistica “D”. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria.

Il Comune di Pietramelara non ha spiegato difese.

1.Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento al D.L. 30 dicembre 92, n. 504, art. 2 e dell’art. 2135 c.c., come novellato con D.L. 18 maggio 2001,, n. 228, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5

Il ricorrente evidenzia l’erroneità della sentenza per avere ritenuto che il terreno ricadesse in area “D” nonostante il piano ASI fosse decaduto.

3.Le censure sono suscettibili di trattazione unitaria.

Esse non sono fondate

In tema di ICI, per determinare la natura di terreni compresi in un piano ASI decaduto, occorre far riferimento alla destinazione urbanistica originaria, con la conseguenza che gli stessi sono da qualificare edificabili se inseriti nel preesistente programma di fabbricazione, a prescindere dall’esistenza o dalla validità degli strumenti urbanistici attuativi, poichè, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nello strumento generale adottato dal Comune (piano regolatore o programma di fabbricazione, ad esso equivalente), indipendentemente dalla sua approvazione da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, in quanto nel sistema dell’ICI la nozione di area fabbricabile è ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria”. (Cass. 12379/2015; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13135 del 28/05/2010, altre pronunce analoghe si registrano peraltro con riferimento a fattispecie similari: tra le altre si veda Sez. 5, Sentenza n. 15174 del 2010).

Nella specie la CTR ha dato atto che, sulla base del certificato di destinazione urbanistica prodotto dall’ente locale, i terreni compresi all’interno del piano ASI, scaduto in data 28.7.1980 ricadevano nell’area “D” del Piano Regolatore Generale vigente del Comune di Pietramelara.

Non può in alcun modo ritenersi che la attestazione del Comune di Pietramelara sia falsa in quanto, essendo atto proveniente da un pubblico ufficiale, fa fede sino a querela di falso, nella specie non proposta.

Peraltro la CTR ha evidenziato che, con nota in data 8.1.2016, il Consorzio Asi di Caserta aveva attestato che la scadenza, in data 28.7.1980, dei vincoli espropriativi del Piano Asi non implicava la scadenza del Piano Asi sotto il profilo della zonizzazione impressa all’area e, come tale recepita dal Comune, con effetto che le aree ricadevano, comunque, in zona industriale.

Tale considerazione consente di superare il rilievo che fa leva sulla sentenza n. 19695/18 di questa Corte con cui, in analoga controversia, la sentenza di appello è stata cassata con rinvio affinchè la CTR accertasse se a seguito della pacifica decadenza del piano ASI il terreno fosse ricompreso in zona D secondo le originarie previsioni dello strumento urbanistico del Comune di Pietramelara, accertamento nella specie effettuato.

Una volta convenuto sul fatto che per stabilire la natura del terreno è necessario fare riferimento al criterio della “mera potenzialità edificatoria” -e perciò alla concreta appetibilità del suolo determinata dalla vigenza del procedimento di modificazione degli strumenti urbanistici generali resta comunque l’esigenza di tenere concretamente conto nella determinazione della base imponibile, “della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio” (in questi termini Cass.Sez. U, Sentenza n. 25506 del 30/11/2006).

Se l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è senz’altro sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, in relazione alle concrete condizioni del mercato nel quale l’area è concretamente inserita, con conseguente inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale, ne risulta anche inevitabile il concreto adeguamento del prelievo, nello specifico periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione. E’ stato infatti correttamente evidenziato dalla pronuncia delle Sezioni Unite dianzi menzionata che “la equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi “non inedificabili”, non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore. Con la perdita della inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla valutabilità in concreto dello stesso. E’ evidente che, in sede di valutazione, la minore o maggiore attualità e potenzialità della edificabilità dovrà essere considerata ai fini di una corretta salutazione del valore venale delle stesse, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, per l’ICI, e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, per l’imposta di registro”. Si impone perciò di tener conto, nella determinazione della base imponibile ICI, del criterio del “valore venale in comune commercio” e -conseguentemente- della maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie delle aree, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore delle stesse, con onere di allegazione e prova che ovviamente incombe sull’Amministrazione (che assume e valorizza la differente appetibilità economica dell’area rispetto a quella catastalmente stabilita) e con la conseguente necessità della Commissione giudicante di orientare il proprio apprezzamento a criteri storici e concreti e non già ad apprezzamenti standardizzati e teorici.

Nella specie la CTR si è conformata ai principi di diritto sopra affermati e con motivazione esaustiva ha evidenziato che il valore venale era stato attribuito ai sensi dell’art. 3 del Regolamento ICI, con la riduzione del 30% in considerazione della mancanza completa di opere di urbanizzazione primaria nella zona interessata. La CTR ha altresì evidenziato che tale stima appariva congrua alla luce degli atti di vendita prodotti dall’ente locale, relativi a terreni pure ricadenti nel F. 1 del Comune di Pietramelara, con analoga destinazione, per i quali, nell’anno 1998, era stato convenuto un prezzo di circa Euro 7 mq.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese in considerazione del fatto che il Comune intimato non ha spiegato difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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