Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19775 del 25/07/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 19775 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: CIRESE MARINA

ORDINANZA

c

sul ricorso 15275/2014 proposto da:
Camarda Maria, Mangano Vincenzo, Mangano Antonio, Mangano
Nunziata, tutti quali eredi di Mangano Angelo, già titolare della
omonima impresa, elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Gracchi
n.187, presso lo studio dell’avvocato Magnano San Lio Marcello,
rappresentati e difesi dall’avvocato Trim boli Salvatore, giusta
procura a margine del ricorso;
-ricorrenti contro

R

C^ca,

Data pubblicazione: 25/07/2018

(

Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale (ASI) di Catania in
liquidazione – Gestione Separata IRSAP, in persona del legale
rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour,
presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato
e difeso dall’avvocato Fiumefreddo Antonino, giusta procura a

-controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 2016/2013 della CORTE D’APPELLO di
CATANIA, depositata il 11/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/04/2018 dal cons. CIRESE MARINA.

FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 2.7.1992 Angelo Mangano
conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania il locale
Consorzio ASI al fine di ottenere la condanna al pagamento in proprio
favore della somma dovuta in relazione al contratto di appalto
stipulato in data 28.12.1987 avente ad oggetto la manutenzione
straordinaria della fognatura del Pantano d’Arci, dopo che, a seguito
dell’annullamento della gara e dell’aggiudicazione da parte del TAR
Catania (sentenza n. 765/90), il Consorzio ASI con delibera del
31.1.1991 aveva unilateralmente risolto il contratto di appalto in
corso di esecuzione.
Dopo il decesso del Mangano e la costituzione in giudizio degli eredi, il
Tribunale di Catania con la sentenza n. 1171 in data 20.9.2000, in
parziale accoglimento della domanda, condannava il Consorzio al
pagamento in favore degli eredi del Mangano della somma di L.
6.439.000 (dovuta a titolo di spese straordinarie per il contratto,
rimborso compenso versato al notaio e spese di mantenimento
fideiussione) oltre rivalutazione ed interessi qualificando l’azione
come risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi.
Interposto appello avverso detta sentenza da parte degli eredi del
Mangano nonché appello incidentale da parte del Consorzio ASI, la
Corte d’Appello di Catania con sentenza n. 652 del 23.6.2005
rigettava l’appello ed in accoglimento dell’appello incidentale, in
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margine del controricorso e ricorso incidentale condizionato;

RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico articolato motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729, 1338, 1226 e 2056 c.c.,
dell’art. 345 della I. n. 2248 del 1985 all. F, degli artt. 113 e 384
comma II c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c.,
anche per insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso
e decisivo per il giudizio ed avuto riguardo altresì alla violazione dei
principi valevoli in materia di valutazione e liquidazione dei danni
direttamente conseguenti alla responsabilità da contatto, del principio
iura novit curia e del principio di effettività della tutela giudiziaria”,
parte ricorrente censura la sentenza impugnata, sia sotto il profilo
della violazione di norme di diritto che sotto il profilo del vizio di
motivazione, per avere la Corte territoriale in sede di giudizio di rinvio
rigettato la richiesta risarcitoria di cui al terzo punto dell’atto di
appello (riguardante il ripianamento quote leasing per recupero di un
escavatore cingolato con caricatore idrostatica e di un furgone da
trasporto Ducato oltre al decimo delle opere non eseguite).
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riforma della sentenza impugnata, rigettava le domande avanzate
dagli eredi del Mangano ritenendo infondata la domanda originaria e
inammissibile quella modificata dal Tribunale di risarcimento del
danno per lesione di interessi legittimi.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione gli eredi
del Mangano, cui resisteva il Consorzio ASI che proponeva altresì
ricorso incidentale condizionato.
Con la sentenza n. 24438 emessa in data 21.11.2011 la Suprema
Corte, rigettava il primo motivo di ricorso affermando che
correttamente la Corte d’Appello aveva escluso la sussistenza di una
responsabilità di tipo contrattuale in capo al Consorzio, rigettava
altresì il ricorso incidentale proposto dal Consorzio, ed in
accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso (assorbito il
quarto) cassava la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Catania
in diversa composizione.
Con atto di citazione notificato in data 21.2.2002 gli eredi del
Mangano convenivano in giudizio il Consorzio ASI dinanzi alla Corte
d’Appello di Catania riassumendo ex art: 392 c.p.c. il giudizio de quo.
Con sentenza n. 318 dell’11.12.2013 la Corte d’Appello di Catania
rigettava l’appello.
Avverso detta pronuncia gli eredi del Mangano proponevano ricorso
per cassazione articolato in un motivo, cui resisteva con controricorso
il Consorzio ASI di Catania proponendo altresì ricorso incidentale
condizionato articolato in un motivo.

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Il motivo è infondato.
Va premesso che la pronuncia gravata è stata emessa dalla Corte di
Appello di Catania in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza
della Suprema Corte n. 24438 datata 21.11.2011 che ha statuito che,
a seguito della risoluzione unilaterale del contratto di appalto
stipulato inter partes da parte del Consorzio A.S.I. (seguita alla
sentenza del TAR Catania n. 765/90 che aveva annullato la gara e
l’aggiudicazione), non sussiste in capo al Consorzio una responsabilità
di tipo contrattuale, che presuppone la validità e l’efficacia del
contratto, bensì una responsabilità c.d. da contatto derivante dalla
violazione dell’obbligo del consorzio di comportarsi secondo le regole
della correttezza e della buona fede che informano la fase prodromica
alla conclusione del medesimo.
Una volta qualificata la domanda, e quindi il titolo della responsabilità
del privato nei confronti della pubblica amministrazione come nella
specie introdotta, il giudizio di rinvio ha avuto ad oggetto in modo
specifico l’ammissibilità e la fondatezza di alcune delle pretese
risarcitorie avanzate dagli eredi del Mangano in relazione
all’annullamento dell’aggiudicazione del contratto di appalto.
Onde valutare la fondatezza della censura svolta dai ricorrenti, che
appunto attinge il profilo della debenza di alcune voci di danno, giova
precisare che la configurazione giuridica della responsabilità della
pubblica amministrazione di cui alla sentenza della Corte n.
24438/2011 e del successivo giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di
Catania si inscrive nel solco della sentenza della S.C. n. 14188/2016
che, discostandosi dall’orientamento maggioritario, ha ritenuto che la
responsabilità precontrattuale della P.A. non abbia natura
extracontrattuale, ma debba correttamente inquadrarsi nella
responsabilità di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”,
inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’art.
1173 c.c., ovvero una forma di responsabilità che si colloca “ai confini
tra contratto e torto”, in quanto radicata in un “contatto sociale” tra
le parti che, in quanto dà adito ad un reciproco affidamento dei
contraenti, è “qualificata” dall’obbligo di “buona fede” e dai correlati
“obblighi di informazione e di protezione”.
Così ricostruita tale categoria, ne discende che la responsabilità per il
danno cagionato da una parte all’altra nel corso delle trattative, in
quanto ha la sua derivazione nella violazione di specifici obblighi
(buona fede, protezione, informazione) precedenti quelli che
deriveranno dal contratto, se ed allorquando verrà concluso, e non
del generico dovere del neminem laedere, non può che essere
qualificata come responsabilità contrattuale, con ogni conseguenza in
termine di termine prescrizionale e onere della prova.

Alla stregua di tali principi, pertanto, il risarcimento del danno dovuto
all’appaltatore nel caso di annullamento dell’aggiudicazione va
parametrato non già alla conclusione del contratto, bensì al c.d.
interesse contrattuale negativo che copre sia il danno emergente,
ovvero le spese sostenute, che il lucro cessante, da intendersi non
come mancato guadagno rispetto al contratto non eseguito ma in
riferimento ad altre occasioni di contratto che la parte allega di avere
perso.
Esclusa per quanto sopra, la fondatezza della doglianza relativa al
mancato utile, resta unicamente da aggiungere, quanto al furgone ed
all’escavatore, che la sentenza ha congruamente motivato circa la
rimborsabilità delle relative spese, con una valutazione in fatto non
sindacabile in questa sede.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Ne consegue il mancato esame del ricorso incidentale condizionato.
La regolamentazione delle spese del giudizio segue la soccombenza.
Ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater
d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

-rigetta il ricorso;
– condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità che liquida nella misura di Euro 7000,00 oltre ad Euro
200,00 per esborsi.
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Ciò posto, va altresì rimarcato che “L’erronea scelta del contraente di
un contratto di appalto, divenuto inefficace e “tamquam non esset”
per effetto dell’annullamento dell’ aggiudicazione da parte del giudice
amministrativo, espone la P.A. al risarcimento dei danni per le perdite
e i mancati guadagni subiti dal privato aggiudicatario; tale
responsabilità non è qualificabile né come aquiliana, né come
contrattuale in senso proprio, sebbene a questa si avvicini poiché
consegue al “contatto” tra le parti nella fase procedimentale anteriore
alla stipula del contratto, ed ha origine nella violazione del dovere di
buona fede e correttezza, avendo l’Amministrazione indetto la gara e
dato esecuzione ad un’ aggiudicazione apparentemente legittima che
ha provocato la lesione dell’interesse del privato, non qualificabile
come interesse legittimo, ma assimilabile a un diritto soggettivo,
avente ad oggetto l’affidamento incolpevole nella regolarità e
legittimità dell’ aggiudicazione” (vedi Cass., Sez. I, n. 24438/2011).

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002,
dichiara la sussistenza dei Presupposti dell’obbligo di versamento, a
carico dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.

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