Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19774 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19774 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 28/08/2013

29.2-

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

SCAVINO Luigi, rappr. e dif. dall’avv. Fabio Pace, elett. dom. presso il relativo
studio in Milano, piazza Filippo Meda n.3, come da procura a margine dell’atto
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-controricorrenteper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Torino 19.7.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 26 giugno 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Sergio Del Core, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Torino 19.7.2007, che, in riforma parziale della sentenza C.T.P. di
Torino n. 94/08/2005, ebbe ad accogliere per una sola parte l’appello del
contribuente, così statuendo la illegittimità del diniego del rimborso della maggior
ritenuta d’acconto Irpef operata dall’ENEL sulle prestazioni dall’ente erogate a tale
suo ex dirigente, in relazione alla capitalizzazione del trattamento di previdenza
integrativa aziendale, dovendosi applicare sulla circoscritta somma liquidata
(delimitata ai premi versati dal dipendente) l’aliquota del 12,5% e non quella riservata
al T.F.R, stante la riconosciuta natura di tipo previdenziale-assicurativo della
prestazione e la stipula originaria antecedente al d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, nonché
la maturazione delle somme percepite prima del 1.1.2001.
Ritenne la C.T.R. che l’emolumento corrisposto fosse correlato, da parte dell’ex
dirigente e sulla base del mancato esercizio dell’opzione dell’Accordo 16.4.1986 e
dunque conservazione per il restante 50% di somma vitalizia mensile, ad una
maturazione e riscossione di un reddito di capitale (liquidato per l’altro 50%) su
contratto di assicurazione, ancora disciplinato dagli artt.6 della legge n.482 del 1985 e
poi 42, comma 4, TUIR appositamente dettati per regolare l’imposizione fiscale al
12,5% sulle somme corrisposte ai sensi di contratti di assicurazione sulla vita e
relativamente ai rendimenti di capitale, trattandosi di iscritto a forme pensionistiche
complementari sorte anteriormente alla entrata in vigore del d.lgs. n.124 del 1993.
Il ricorso è affidato a due motivi e resistito dal contribuente con controricorso;
il controricorrente ha depositato memoria.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si deduce il difetto di motivazione, in relazione all’art.360 n.5
cod.proc.civ., avendo la C.T.R. mancato di giustificare le ragioni di riconduzione
della fattispecie a vicenda assicurativa, di contro alle eccezioni dell’Ufficio volte ad
evidenziarne la diversa portata pensionistica, ad integrazione del trattamento
previdenziale obbligatorio.
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estensore cond ierro
t

uditi l’avvocato Pietro Garofoli per l’Avvocatura dello Stato e l’avvocato Ernesto
De Sanctis per parte controricorrente;

1. Il primo motivo è inammissibile, rinvenendo il Collegio violazione del principio per cui,
con il ricorso per cassazione con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza
impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale
fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art.
366-bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo
motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione
riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del
motivo, così da consentire al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del
ricorso stesso. Tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex
art. 366 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., ma assume l’autonoma funzione volta alla
immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica
denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della
decisione favorevole al ricorrente (Cass. 5858/2013; 8897/2008). Nella vicenda,
nemmeno può dirsi assolto l’onere dell’ordinata conclusione redazionale ed illustrativa
della censura a mezzo di apposito momento di sintesi, necessario anche quando
l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di
merito (Cass. 24255/2011).
2. Quanto al secondo motivo se ne rileva l’ ammissibilità – non trattandosi di questioni
nuove, ma di argomentazioni giuridiche a sostegno della stessa ipotesi (inapplicabilità,
nella specie, della tassazione per i redditi da capitale) — e la paqiale fondatezza. La
questione, sul rilievo dell’esistenza di una concatenazione temporale di discipline
diverse e di un’esigenza metodologica di approfondimento del regime di tassazione
delle somme erogate in forma di capitale ai dipendenti al momento della cessazione
del rapporto di lavoro da fondi che assicurino prestazioni pensionistiche
complementari o comunque erogazioni a capitale ovvero a rendita o entrambi in
aggiunta al trattamento di pensione ordinario ed al T.F.R. rispettivi, ha rinvenuto un
punto fermo con l’arresto delle Sezioni Unite n. 13642 del 2011 (e n. 13643/2011), cui
anche questo Collegio intende conformarsi, in difetto di altre suggestioni
ermeneutiche e data la omologa fattispecie anche in quel precedente considerata.
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estensore cons.

Con il secondo motivo, si deduce il vizio di legittimità, in violazione degli artt. 13,
co.9, d.lgs. 21.4.1993, n.124, 1, co.5, d.l. 31.12.1996, n.669, n.30, 6 1. 26.9.1985,
n.482, 16 e 17, co. 2 TUIR, 3-6 Accordo ENEL-FNDAI 16.4.1986, in relazione
all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R fatto applicazione del
principio della tassazione agevolata al 12,5% su tutte le forme di capitale erogate ad
iscritti a forme di previdenza complementare anteriori al d.lgs. n.124/1993 e non già
a quelle sole erogate in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita o di
capitalizzazione e ciò per effetto di un’errata qualificazione del contratto siccome di
assicurazione sulla vita ovvero di capitalizzazione come reveniente dall’originario
CCNL di categoria sul cui fondamento, con le sostituzioni successive, si è formato il
titolo alla base dell’erogazione delle prestazioni di capitale in esame.

Le Sezioni Unite hanno dato atto della differenza principale tra le due forme di
risparmio, finanziario e previdenziale, risultando nel primo caso l’investimento
concernere una somma già patrimonio del soggetto, mentre nel secondo caso una
somma che origina direttamente da redditi di lavoro, con correlazione tra
investimento e redditi di lavoro implicante, per il regime tributario delle prestazioni
erogate dai Fondi pensione, una tendenziale corrispondenza allo schema di tassazione
“cui sono soggetti i redditi da cui l’investimento trova alimento.”.

3. E tuttavia, una scelta netta per una tassazione analoga a quella applicata sui redditi
di lavoro fu operata solo con il d. lgs. n. 124 del 1993, in particolare con l’art. 13,
comma 9, introdotto dalla 1. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, ma con riserva di
applicazione alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti
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estensore co

Spartiacque della materia è il discrimine temporale che distingue la situazione dei
soggetti che siano iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in
vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 (com’è nella vicenda in esame) e quella dei soggetti
che siano iscritti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto
provvedimento legislativo: solo ai secondi, invero, sarebbe applicabile il trattamento
tributario stabilito al predetto d.lgs. n.124, dall’art. 13, comma 9, il quale assoggetta le
prestazioni in forma di capitale a tassazione separata ai sensi del TUIR [approvato con
d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e successive modificazioni
ed integrazioni], e ciò all’esito della norma interpretativa di cui al d.l. 31 dicembre
1996, n. 669, art. 1, comma 5, (convertito con modificazioni con 1. 28 febbraio 1997,
n. 30), il quale prevede che “La disposizione contenuta nel D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art.
13, comma 9, e quella contenuta nel testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R 22
dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, ultimo periodo, introdotta dalla L 8 agosto 1995, n.
335, art. 11, comma 3, (a norma del quale la disposizione prevista dall’ad 42, comma 4 “non si
applica in ogni caso alle prestazioni erogate in forma di capitale ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993,
n. 124, e successive modificazioni ed integrazioni”), devono intendersi rifèrite esclusivamente ai
destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in
vigore del citato D.Lgs. n. 124 del 1993″.
Ad una situazione definita “binaria”, con la distinzione tra “vecchi iscritti” e “nuovi iscritti”
a forme pensionistiche complementari, pose fine il d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art.
12, comma 1 [come modificato dal d.lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 9, comma 1, lett.
al a norma del quale – ricordano le S.U. – “per i soggetti che risultano iscritti a forme
pensionistiche complementari alla data da cui ha effetto il presente decreto, le disposizioni introdotte
dall’ad. 10 (relativamente al “trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate ai sensi
del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124″) si applicano alle prestazioni riferibili agli importi maturati a
decorrere dal 1 gennaio 2001. Per i medesimi soggetti, relativamente alle prestazioni maturate fino a
tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente”. Ed anche qui si ripete
l’osservazione per cui il d.lgs. n. 47 del 2000, all’art. 3 ebbe ad abrogare, tra l’altro, il
comma 9, dell’art.13 del d.lgs. n. 124 del 1993 (disposizione poi del tutto espunta,
come l’intero decreto legislativo, dal d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 23, a decorrere
dal 1 gennaio2007).

4. Cessata ogni distinzione di trattamento alla data del 1 gennaio 2001, solo a
decorrere dalla quale, a norma del d.lgs. n. 47 del 2000, non è più consentito
distinguere tra capitale e rendimento, le polizze vanno assoggettate nella loro interezza
al regime della tassazione separata di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16,
comma 1, lett. a) e può dirsi avvenuto il superamento della scissione del legame
genetico del “rendimento” con il rapporto di lavoro e la causa previdenziale della
polizza. D’altronde, si osserva che la peculiarità del regime anteriore alla vicenda
normativa iniziale operante come spartiacque regolativo, e cioè il d.lgs. 21.4.1993,
n.124, segnò l’esordio della istituzione di forme di previdenza di tipo privatistico,
posto che, in precedenza, il trattamento previdenziale era schematizzato in una
disciplina pubblicistica, cui in via di mero fatto si poteva aggregare, per prestazioni
aggiuntive e dunque del tutto tipicamente, il solo contratto di assicurazione. Ciò
permise a questa Corte, seguita da altre pronunce omogenee (Cass. 287/2012,
5571/2012, 14498/2012, 23520/2012, 1413/2013) di affermare che
“in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che
risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di
previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale
prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31
dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R), solo per quanto riguarda la
“sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto
di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta
del 12,50%, prevista dalla I. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dai 1
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erro

ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del
decreto. Per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni
erogate non è dunque indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni
stesse, che, anche nel caso concreto, trattandosi di un Fondo di previdenza
complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale
prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti
imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal
lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte
del Fondo del capitale accantonato. Sicché possono essere tassate in modo analogo al
TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme
corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie P.I.A., cui seguì il
trasferimento della posizione individuale nel Fondo Enel), si applica la tassazione nella
misura del 12,50% ai sensi della 1. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 [i commi 1 e 2, del
richiamato art. 6, sono stati poi abrogati dall’art. 14, del d.lgs. n. 47 del 2000, per i
contratti stipulati in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto, stabilendo
l’applicazione dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura prevista dal
d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461, art. 7, ai redditi compresi nei capitali corrisposti in
dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione e ai redditi
derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui al TUIR, art. 47,
comma 1, lett. h-bis), erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi
funzione previdenziale].

5. Anche nella vicenda di causa pertanto va ribadita, per gli importi maturati entro il
31 dicembre 2000, l’applicazione della ritenuta del 12,50% sulle sole somme relative
alla liquidazione del rendimento, sussistendo il diritto del contribuente al rimborso per
gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato
all’erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione
dell’aliquota del 12,50% ai sensi della 1. n. 482 del 1985, art. 6 alle sole somme
liquidate per il rendimento. Va aggiunto invero, ripetendo un principio esplicitato da
Cass. 23520/2012, che “le somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di conversione
del trattamento pensionistico integrativo niendale (cd PIA), per la parte costituita dalla
remunernione del capitale investito, sono soggette all’aliquota fissa del 12,5%, ai sensi dell’art. 6
della legge n. 482 del 1985 (nella specie, applicabile ratione temporis) [poi art. 42, co.4, TUIR ex
art.1, co.5, d.l. n.669/1996], e non alla tassnione separata del trattamento di fine rapporto di
cui all’art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, non solo quando il suddetto trattamento
pensionistico integrativo sia dovuto per effetto della stipula di un’assicurnione sulla vita o di un
piano di capitalkzazione, ma anche quando sia dovuto per effetto della stipula di un contratto con
soggetti diversi da una società di assicurnione, giacché quel che rileva ai fini suddetti è che sia stato
applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo.”. Si deve
infatti considerare non decisiva la non conformità dei contratti (stipulati sulla base del
CCNL 16.5.1985 ed in sostituzione delle originarie previsioni dapprima negoziali che
ne furono attuazione) al modello formale assicurativo o a capitalizzazione e che non
siano stati stipulati con imprese esercenti attività assicurative, essendo pacifico che la
prestazione erogata è stata costituita grazie all’impiego di capitali accumulati (con
versamenti del datore di lavoro e dell’iscritto al Fondo ENEL, aggiuntivi rispetto agli
accantonamenti del TFR, dunque con causa autonoma) ed erogata al di fuori di una
scadenza diretta del pregresso rapporto di lavoro (la sua percezione avvenne solo anni
dopo la stessa liquidazione del TFR), in presenza di una gestione delle somme
effettuata con sistemi tecnico-finanziari della capitalizzazione e con l’apposizione delle
riserve matematiche (o comunque con copertura finanziaria costante delle prestazioni
erogate), secondo le condizioni-quadro fissate dall’iniziale fonte consensuale collettiva.
Alla stregua di questa, il c.d.a. dell’ENEL già il 5.6.1985 recepì detto CCNL
(prevedente la stipula di una polizza vita ex art.1919 c.c.) e poi, in data 16.4.1986,
concluse un accordo sindacale di recepimento e sostituzione dell’art.12, comma 4,
CCNL stesso, all’insegna di una forma di previdenza privata rimessa all’autonomia
aziendale, autonoma rispetto al rapporto di lavoro subordinato (con cessazione del
rapporto di lavoro, da parte del contribuente, in data consistentemente anteriore
rispetto alla liquidazione del capitale) e sostanzialmente attuata con una polizza di tipo
assicurativo, alla cui stregua furono erogate prestazioni di capitale dipendenti da
un’originaria prestazione previdenziale del citato modello, stipulata prima della
vigenza del d.lgs. n.124 del 1993 e non a caso rimettente alla scelta dell’ex dirigente la
possibilità di trasformare la rendita pensionistica nel frattempo instaurata in capitale,
secondo una prerogativa connotante il contratto a natura assicurativa e per
prestazione equivalente a quella prevista nei contratti originari di ass . urazione sulla
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estensore cons.

gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al d.P.R 22 dicembre
1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.)”.

6. Il ricordato principio di diritto, peraltro, non ha trovato completa attuazione, ove
non è stato compiuto un accertamento sulla natura e quantità del rendimento che
sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia
stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e
quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi —
come detto – solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al
12,50%. Per tale ragione, alla stregua di decisioni conformi evidenzianti il medesimo
limite (Cass. 287/2012 e, da ultimo, 1411/2013, 1412/2013, 1413/2013, 1414/2013,
1415/2013, 1416/2013, 4905/2013), il ricorso deve essere parzialmente accolto, con
la conseguente cassazione della sentenza impugnata nel senso indicato e con rinvio
della causa ad altra Sezione della medesima C.T.R. (in diversa composizione) perché
accerti, previa disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo
P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni ed in coerente applicazione con il principio
enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale costituito dagli
accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal
lavoratore, così verificando se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili,
capitali
rivenienti
dalla
contribuzione
siano
stati
effettivamente investiti sul mercato finanziario, quali siano stati i
risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle
eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; sulla scorta di tale indagine, il
giudice del rinvio quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al
contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato
finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del
datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e,
conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo
a tale parte l’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla legge n. 482 del
1985, art. 6; fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al
d.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del
giudizio.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso, accoglie
parzialmente il secondo ed ai sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza
impugnata e per l’effetto rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla
C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2013.

vita (in base all’accordo collettivo modificativo del luglio 2000), per tale ragione
meramente convertiti e poi ripristinati alla stregua della configurazione aperta del
primo rapporto, mai cessato nei suoi effetti giuridici e generante, per le ragioni
anzidette, reddito di capitale.

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