Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19774 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. I, 17/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 17/09/2010), n.19774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI GONZAGA 37, presso il sig. BATTAGLIA

Salvatore, rappresentato e difeso dall’avvocato DI FRANCESCO OLINDO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata

il 03/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che F.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi avverso il provvedimento n. 81/07 emesso dalla Corte d’appello di Caltanissetta depositato in data 3.7.07, con cui il Ministero della Giustizia veniva condannato al pagamento in suo favore della somma di Euro 1000,00 a titolo di equo indennizzo ex L. n. 89 del 2001 per l’eccessiva durata di un procedimento svoltosi in primo grado innanzi al tribunale di Sciacca ed in secondo grado innanzi la Corte d’appello di Palermo; che il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Il decreto impugnato, rilevato che il giudizio presupposto era iniziato in primo grado il 15.12.95 e definito con sentenza della Corte d’appello del 30.9.04, ha riconosciuto una eccessiva durata di un anno e liquidato a titolo di equo indennizzo la somma di Euro mille/00.

Il ricorso e’ anzitutto ammissibile, risultando i motivi di ricorso adeguatamente formulati.

Il primi due motivi di ricorso censurano sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale l’erronea determinazione del periodo di eccessiva durata del processo. Gli stessi possono essere esaminati congiuntamente e si rivelano fondati nei limiti di seguito indicati.

E’ noto che i parametri stabiliti dalla CEDU prevedono una durata normale di tre anni per il giudizio di primo grado, due per quello di secondo e un anno – un anno e mezzo per quello di terzo. E’ altresi’ noto che trattasi di parametri indicativi che sono suscettibili degli opportuni adattamenti al caso concreto, in ragione della particolare complessita’ della causa ovvero sommando ad essi i ritardi imputabili al comportamento delle parti. Nel caso di specie, a fronte di una durata complessiva del processo accertata in anni otto e mesi nove circa, la Corte d’appello ha determinato l’eccessiva durata in anni uno discostandosi senza adeguata motivazione dai sopraccitati parametri CEDU. Il decreto impugnato,dopo avere riportato in modo analitico lo svolgimento del processo nel suo svilupparsi attraverso le varie udienze, e’ giunto alla conclusione che l’eccessiva durata dello stesso fosse imputabile al comportamento dilatorio della parte. Tale generica motivazione e’ tuttavia del tutto insufficiente.

Nel caso specie non si rinviene t infatti, nel decreto impugnato alcuna adeguata motivazione nel senso indicato di una particolare complessita’ della causa o di un comportamento dilatorio delle parti.

In particolare, per quanto concerne quest’ultima, non basta che per il fatto che la parte richieda un rinvio questo sia reputato a fini delatori. Molti rinvii possono essere infatti richiesti per esigenze processuali ed istruttorie del tutto necessarie e giustificate ovvero per l’impossibilita’ di effettuare alcune attivita’ od incombenti richiesti. E’ dunque, necessario che il giudice di merito quando sottrae tempo alla durata ragionevole del processo, specifichi analiticamente la effettiva natura dilatoria del comportamento della parte. Erronea si appalesa, poi, l’affermazione secondo cui non possa ascriversi automaticamente al cattivo esercizio dei poteri del giudice il protrarsi del processo poiche’, ancorche’ al giudice, per le note ragioni dovute all’eccessivo numero dei processi e a svariati problemi organizzativi, non possa addebitarsi nella quasi totalita’ dei casi un comportamento negligente, omissivo o dilatorio, tuttavia, l’intero periodo di durata e’ comunque imputabile all’Amministrazione della giustizia ed in base ad esso, va effettuato il raffronto con i parametri di durata stabiliti dalla Cedu, salvo gli opportuni adattamenti possibili nel senso sopra indicato. In particolare, sotto tale aspetto non appare possibile determinare il periodo di irragionevole durata estrapolando dalla durata complessiva del processo quei singoli periodi ritenuti non imputabili a eccessivi ritardi da parte dell’Amministrazione della giustizia estrapolandola dalla durata complessiva dle processo.

I motivi vanno pertanto accolti per quanto di ragione.

Il terzo motivo, con cui ci si duole della insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale e’ infondato,avendo la Corte d’appello liquidato lo stesso sulla base di Euro mille/00 per anno di ritardo, conformandosi ai parametri Cedu.

Il quarto motivo con cui ci si duole del mancato riconoscimento del danno patrimoniale e’ inammissibile.

A fronte della affermazione della corte d’appello che nessuna prova era stata fornita di detto danno, il ricorrente avrebbe dovuto, in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso, riportare integralmente i brani delle proprie difese di primo grado ove aveva dedotto l’esistenza di prove su tale punto per consentire a questa Corte, cui e’ inibito l’accesso agli atti della fase di merito, di valutare l’esistenza della carenza ed erroneita’ della motivazione.

Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata in relazione alle censure accolte con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione che si atterra’ nel decidere ai principi di diritto dianzi enunciati e che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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