Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19772 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 22/09/2020), n.19772

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Maria Teresa Liana – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29280-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE OLGINATE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta

e difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4343/2015 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 07/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato VALENZANO che ha chiesto

l’accoglimento.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’agenzia delle entrate propone un articolato motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 4343/2015 del 22.09.2015 con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo il silenzio-rifiuto opposto all’istanza con la quale la Immobiliare Olginate srl aveva richiesto il rimborso della maggiore imposta sostitutiva versata sull’affrancamento della riserva di rivalutazione di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 469, (legge finanziaria 2006). Imposta sostitutiva (7%) dalla società cautelativamente versata su base imponibile, considerata “al lordo” dell’imposta sostitutiva già precedentemente versata per la rivalutazione (12% sui beni ammortizzabili), ma di cui si assumeva la debenza “al netto”.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: “…L’imposta sull’affrancamento della riserva da rivalutazione (aliquota 7%) non può che essere calcolata sulla riserva al netto dell’imposta sostitutiva pagata sulla rivalutazione (aliquota 12%). Detta imposta sostitutiva di affrancamento è finalizzata a consentire di assolvere a monte il carico fiscale per rendere la riserva liberamente distribuibile. Conseguentemente, tale affrancamento non può che essere parametrato all’importo massimo distribuibile (cioè l’ammontare della rivalutazione al netto dell’imposta sostitutiva), in quanto, altrimenti facendo, si andrebbe a calcolare un’imposta sostitutiva di affrancamento su un importo che non può essere, per obbligo di legge, oggetto di distribuzione. La normativa richiamata dall’Ufficio (D.M. n. 86 del 2002, art. 4, secondo cui ai fini fiscali il saldo di rivalutazione è da intendersi al lordo dell’imposta sostitutiva assolta ed L. n. 342 del 2000, art. 13, comma 3, in base al quale, in caso di distribuzione, il saldo aumentato dell’imposta concorre a formare la base imponibile della società) riguarda un’ipotesi sostanzialmente diversa da quella de qua. Infatti, nell’ipotesi di cui alla L. n. 342 del 2000, spetta al contribuente un credito di imposta pari all’imposta sostitutiva versata (cioè un importo pari a quello che viene portato in aumento della riserva) che evidentemente controbilancia l’assunzione della riserva al lordo dell’imposta sostitutiva, evitando così che il prelievo complessivo sia superiore all’aliquota…”

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 13, del D.M. 19 aprile 2002, n. 86, art. 4, e della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 469, e ss.. A tenore della censura, la CTR non avrebbe interpretato correttamente la normativa di riferimento che, diversamente da quanto si evince in sentenza, prevederebbe una sola ipotesi di rivalutazione dei beni dell’impresa, il cui saldo attivo, risultante dalla rivalutazione eseguita, va imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata dalla L. n. 266 del 2005, con esclusione di ogni diversa utilizzazione. Ciò in ragione di quanto prevede la L. n. 342 del 2000, art. 13, che dispone: “…la riserva, ove non venga imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l’osservanza delle Disp. dell’art. 2445 c.c., commi 2 e 3,…. in caso di utilizzazione della riserva a copertura di perdite, non si può fare luogo a distribuzione di utili fino a quando la riserva non è reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria, non applicandosi le Disp. dell’art. 2445 c.c., commi 2 e 3”. Rispetto alla precedente disciplina di rivalutazione, la Finanziaria 2006 contiene, tra le tante novità, anche la possibilità di effettuare, contemporaneamente alla rivalutazione, l’affrancamento del saldo attivo, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva. La L. citata, comma 472, prevederebbe la possibilità di procedere all’affrancamento del saldo attivo da rivalutazione, nella parte in cui dispone: “il saldo di rivalutazione derivante dall’applicazione della Disp. di cui al comma 469, può essere assoggettato, in tutto o in parte, ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura del 7 per cento”. A tenore della circolare n. 18/E del 13 giugno 2006, punto 1.11, il saldo attivo deve essere assunto al lordo dell’imposta sostitutiva versata ai fini della rivalutazione dei beni immobili, a nulla rilevando la circostanza che la riserva viene esposta in bilancio al netto della predetta imposta sostituiva. A conferma della tesi sostenuta in ricorso, inoltre, vi è che la legge di rivalutazione, comma 472, in esame richiama espressamente le disposizioni sull’affrancamento delle riserve e dei fondi in sospensione d’imposta contenute nella L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 475, 477 e 478. Per effetto del richiamo della L. n. 311 del 2004, comma 475, la riserva costituita in seguito alla rivalutazione effettuata ai sensi della Finanziaria 2006, qualora affrancata, risulta liberamente distribuibile e non concorre, pertanto, a formare il reddito imponibile del soggetto che procede alla distribuzione medesima. Il motivo di ricorso non è fondato.

Questo collegio ritiene, in linea con la decisione qui impugnata, che la normativa di riferimento configuri un’ipotesi diversa dalla rivalutazione volontaria dei beni d’impresa e delle partecipazioni (prevista, con riferimento a beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004, dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 469), ancorchè a quest’ultima correlata e contestuale.

In altri termini la normativa del 2005 prevede due distinte ipotesi: una di “rivalutazione” dei beni d’impresa e delle partecipazioni (L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 469, con riguardo al bilancio 31/12/2004), l’altra di “affrancamento” del saldo attivo derivante da tale rivalutazione (cit. L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 472; L. 311 del 2004, art. 1, comma 473, 478), ed iscritto nel passivo di bilancio mediante imputazione a capitale ovvero accantonamento in apposita riserva in sospensione di imposta, al netto dell’imposta sostitutiva (dd.mm. 162/01 e 86/02). A tal proposito va richiamata la decisione n. 9509/18 di questa Corte, quale precedente giurisprudenziale specifico, riguardando un’ipotesi del tutto simile a quella qui in esame, che questo collegio conosce e condivide integralmente. Osserva, in quella pronuncia, la Corte: “Segnatamente, tale istanza ha avuto ad oggetto il rimborso della (ulteriore) imposta sostitutiva corrisposta dalla società contribuente in sede di affrancamento del saldo attivo di rivalutazione (cit. L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 472). Affrancamento finalizzato a sottrarre tale saldo attivo (che non concorre alla formazione del reddito imponibile della società, L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 475), al regime di sospensione d’imposta stabilita dalla legge per la corrispondente riserva di bilancio, rendendolo così disponibile per la distribuzione; previo, appunto, il pagamento dell’imposta sostitutiva del 7%. Con il pagamento di tale imposta sostitutiva, in altri termini, il saldo attivo di rivalutazione si rende distribuibile ai soci secondo il regime proprio dei dividendi; consentendosi in tal maniera di superare il vincolo di destinazione a capitale, ovvero a riserva, altrimenti rappresentato dalla L. n. 342 del 2000, art. 13, comma 1, che, quanto alle modalità di contabilizzazione della rivalutazione, stabilisce appunto che: “Il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite ai sensi degli artt. 10 e 11, deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla presente legge, con esclusione di ogni diversa utilizzazione”. Ciò premesso, la cit. L., art. 1, comma 476, demanda le modalità di attuazione del regime di rivalutazione dei beni d’impresa “ai regolamenti di cui al D.M. finanze 13 aprile 2001, n. 162, e al D.M. dell’economia e delle finanze 19 aprile 2002, n. 86”. Per quanto più conta ai fini di causa, rileva il D.M. n. 86 del 2002, (“Regolamento recante modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, ai sensi della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 3, commi 1, 2 e 3”), il cui art. 4, comma 1, recita: “Saldo attivo di rivalutazione. Anche ai fini fiscali il saldo attivo risultante dalla rivalutazione è costituito dall’importo iscritto nel passivo del bilancio o rendiconto in contropartita dei maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati e, al netto dell’imposta sostitutiva, deve essere imputato al capitale o accantonato in una apposita riserva ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 13, comma 1”. Si evince dunque da tale prescrizione che il saldo attivo di rivalutazione deve trovare collocazione in bilancio “al netto” e non “al lordo” dell’imposta sostitutiva pagata per la rivalutazione medesima. Posto che la base imponibile per la diversa imposta sostitutiva di affrancamento è costituita dal saldo attivo di rivalutazione così descritto (cit. art. 1, comma 472), risulta, conseguentemente, come tale imposta sostitutiva di affrancamento debba essere riscossa appunto al netto della precedente imposta sostitutiva di rivalutazione. La tesi dell’amministrazione finanziaria – già dedotta nella circolare AE n. 18 del 13 giugno 2006 – secondo cui la base imponibile andrebbe considerata al lordo dell’imposta sostitutiva, in forza di quanto stabilito nel D.M. n. cit., art. 4, comma 2, non persuade. Quest’ultima prescrizione regolamentare stabilisce, infatti, che il saldo attivo di rivalutazione concorre a formare la base imponibile della società, ai fini delle imposte sul reddito, “aumentato dell’imposta sostitutiva”; ma ciò soltanto “nelle ipotesi indicate nella L. n. 342 del 2000, art. 13, comma 3”. Disposizione, quest’ultima, secondo cui: “se il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva prevista dal comma 1, ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell’ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti”. Dal che si evince come l’imposta sostitutiva rientri nella base imponibile solo in ipotesi di effettiva distribuzione ai soci del saldo attivo non affrancato di rivalutazione; là dove, qualora ciò non si verifichi, non può operare il richiamo normativo all’ipotesi di cui al cit. art. 13, 3 comma. In quest’ultima situazione, pertanto, deve trovare applicazione la regola generale secondo cui: a. l’imposta sostitutiva di affrancamento del fondo colpisce il saldo attivo di rivalutazione; b. il saldo attivo di rivalutazione è iscritto “al netto” dell’imposta sostitutiva di rivalutazione…”.

Alla stregua del precedente su richiamato, si rileva che le argomentazioni svolte in ricorso non danno riscontro al fondamentale elemento di diversificazione intercorrente tra la fattispecie di distribuzione e quella di affrancamento, tenuto conto che soltanto nella prima ipotesi (distribuzione ai soci della riserva di rivalutazione ancora in sospensione d’imposta, in quanto non affrancata) si pone la finalità, per l’amministrazione finanziaria, di recuperare a tassazione ordinaria, l’intero ammontare della rivalutazione, costituito sia dal saldo attivo di questa sia dall’importo già versato a titolo di imposta sostitutiva. Nel caso di affrancamento (che può essere anche parziale), l’inserimento nella base imponibile dell’imposta sostitutiva di rivalutazione finirebbe invece con il colpire un valore superiore (per l’importo di tale imposta) rispetto a quello iscritto a riserva in bilancio, e non

distribuibile.

Dalle considerazioni che precedono consegue il rigetto del ricorso.

Le spese, tenuto conto del recente affermarsi della giurisprudenza di legittimità sul punto controverso, vanno compensate.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

“Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a)”.

Così deciso in Roma, nell’adunanza pubblica, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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