Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19770 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. I, 17/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 17/09/2010), n.19770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.I. (c.f. (OMISSIS)), in proprio e nella

qualita’ di legale rappresentante della INTERLEGNO S.R.L. (gia’

Interlegno S.a.s.), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI EQUI

8, presso l’avvocato TRICARICO GIOVANNI, che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il

15/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIOVANNI TRICARICO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che V.I. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi avverso il provvedimento n. 344/07 emesso dalla Corte d’appello de L’Aquila depositato in data 15.4.08 con cui il Ministero della Giustizia veniva condannato al pagamento in suo favore della somma di Euro 5500,00 a titolo di equo indennizzo ex L. n. 89 del 2001 per l’eccessiva durata di un procedimento svoltosi in primo grado innanzi al tribunale di Macerata che il Ministero della Giustizia non ha resistito con controricorso.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Il decreto impugnato, rilevato che il giudizio presupposto era iniziato in primo grado l’11.12.95 e definito con sentenza del 14.3.07, ha riconosciuto una eccessiva durata di anni cinque e mesi sei e liquidato a titolo di equo indennizzo la somma di cui sopra.

Il primo motivo censura l’erronea determinazione del periodo di eccessiva durata del processo e conseguentemente la insufficienza della liquidazione del danno morale.

Il primo motivo e’ manifestamente fondato nei limiti di seguito indicati.

E’ noto che i parametri stabiliti dalla CEDU prevedono una durata normale di tre anni per il giudizio di primo grado, due per quello di secondo e un anno – un anno e mezzo per quello di terzo, E’ altresi’ noto che trattasi di parametri indicativi che sono suscettibili degli opportuni adattamenti al caso concreto, in ragione della particolare complessita’ della causa ovvero sommando ad essi i ritardi imputabili al comportamento delle parti.

Nel caso di specie,a fronte di una durata complessiva del processo accertata in oltre anni undici la Corte d’appello ha determinato l’eccessiva durata in anni cinque e mesi sei discostandosi immotivatamente dai sopraccitati parametri CEDU. Nel caso specie non si rinviene infatti nel decreto impugnato alcuna adeguata motivazione nel senso indicato di una particolare complessita’ della causa o di un comportamento dilatorio delle parti, avendo ,invece ,il giudice di merito determinato il periodo di irragionevole durata estrapolando dalla durata complessiva del processo solo quei singoli periodi ritenuti imputabili a eccessivi ritardi da parte dell’Amministrazione della giustizia. Tale procedimento e’ erroneo poiche’ l’intero periodo di durata e’, comunque imputabile all’Amministrazione della giustizia ed in base ad esso (va effettuato il raffronto con i parametri di durata stabiliti dalla Cedu, salvo gli opportuni adattamenti possibili nel senso sopra indicato.

La erronea determinazione del periodo di eccessiva durata, inferiore a quello effettivo, ha conseguentemente determinato la liquidazione di una somma per equo indennizzo inferiore a quella effettivamente dovuta.

Il secondo motivo ,con cui si contesta una omessa motivazione in ordine alla domanda di equo indennizzo che sarebbe stata proposta anche dalla Interlegno srl di cui il ricorrente era socio accomandatario e’ inammissibile.

Essendo infatti stata proposta la censura sotto il profilo della omessa motivazione, era onere del ricorrente in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso riportare integralmente il brano del ricorso introduttivo del presente giudizio ove sarebbe stata proposta la domanda da parte della Interlegno srl. Per mettere questa Corte, cui e’ inibito l’accesso agli atti della fase di merito, in condizione di verificare se effettivamente il giudice di merito abbia omesso motivazione sul punto.

Il terzo motivo con cui ci si lamenta del mancato riconoscimento del danno patrimoniale e’ anch’esso inammissibile per la stessa ragione.

A fronte della affermazione della Corte d’appello che nessuna prova era stata fornita di detto danno, il ricorrente avrebbe dovuto, sempre in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso, riportare i brani delle proprie difese di primo grado ove aveva dedotto l’esistenza di prove su tale punto.

La mancanza di cio’ rende non scrutinabile in questa sede il motivo.

Pertanto va accolto il primo motivo di ricorso e rigettati gli altri con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c. la causa puo’ essere decisa nel merito con la condanna del Ministero al pagamento dell’equo indennizzo liquidato in favore di ciascuno dei ricorrenti sulla base dei parametri Cedu in Euro 7.500,00 in ragione di una eccessiva durata di anni otto e mesi tre circa su una durata complessiva di anni undici e mesi tre circa, oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonche’ al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione ,cassa il decreto impugnato in ragione della censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 7.500,00 in favore del ricorrente oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonche’ al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate per l’intero in Euro 1000,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, nonche’ al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 1100,00 di cui Euro 600,00 per onorari ed Euro 50,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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