Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1977 del 26/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1977 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

ORDINANZA
sul ricorso 25256-2014 proposto da:
COMUNE DI CEFALU’, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio
dell’avvocato LUCIANA CANNAS, che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente contro

HOTEL KALURA SNC DI GERRIT

2017
3120

avverso

la

COMM.TRIB.REG.

sentenza
di

n.

PALERMO,

intimato

701/2014
depositata

della
il

Data pubblicazione: 26/01/2018

03/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera
di consiglio del 19/12/2017 dal Consigliere Dott.

LIANA MARIA TERESA ZOSO.

R.G. 25256/2014
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. La società Hotel Kalura s.n.c. di Gerrit Curcio impugnava l’avviso di accertamento con il
quale il Comune di Cefalù aveva richiesto il versamento della somma di euro 30.165,00 per la
Tarsu relativa all’anno 2006. La commissione tributaria provinciale di Palermo rigettava il
ricorso. Proponeva appello la società contribuente e la commissione tributaria regionale della
Sicilia lo accoglieva sul rilievo che il tributo era dovuto sulla base della delibera sindacale
numero 102/2006 che doveva essere disapplicata in quanto il sindaco aveva istituito quattro

attribuzione propria del consiglio comunale; in secondo luogo la delibera non era motivata in
ordine alla differenziazione delle tariffe, considerata la notevole varietà delle strutture
alberghiere aventi spesso caratteristiche e utilizzazioni diverse l’una dall’altra.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Cefalù
affidato a tre motivi. La contribuente non si è costituita in giudizio.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360,
comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 4 della legge 142/90, art. 1, lettera a,
della legge numero 48/1991 e 13 della legge regionale Sicilia numero 7/1992. Sostiene che il
sindaco era legittimato ad adottare la delibera sulla cui base è stato emesso l’atto impositivo in
quanto la revisione delle aliquote dei tributi locali è un atto sostanzialmente gestionaleapplicativo rientrante in una disciplina di dettaglio e, quindi, non riconducibile tra gli atti di
regolamentazione generale del tributo. L’articolo 13 della legge regionale numero 7/92, come
integrato dall’articolo 41 della legge regionale numero 26/1993, prevede che il sindaco compie
tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non siano specificamente
attribuiti alla competenza di altri organi del Comune e lo statuto del Comune aveva attribuito al
sindaco la competenza a disporre le variazioni delle aliquote dei tributi comunali stabilendo,
altresì, che il consiglio comunale era competente alla sola istituzione dei tributi ed alla
determinazione delle tariffe per la fruizione dei beni e servizi.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1,
n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 61, 65, 68 e 69 del decreto legislativo 507/93 e 7
del decreto legislativo 546/92. Sostiene che la delibera sindacale numero 102/2006 rispettava
i criteri fissati dalla legge per la determinazione delle tariffe in quanto, ai sensi dell’articolo 68
del decreto legislativo 507/93, l’amministrazione comunale può differenziare le tariffe in
relazione alla maggiore o minore produttività degli rifiuti delle varie attività soggette al
prelievo.
5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3,
cod. proc. civ., in relazione all’articolo 7 della legge 212/2000 e all’articolo 1, comma 162,
della legge 296/2006. Sostiene che la delibera sindacale numero 102/2006 era
sufficientemente motivata in quanto faceva riferimento all’opportunità di aumentare il tributo

1

diverse categorie immobiliari con distinte percentuali di rincaro esercitando, così, una

per conseguire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del divario tra effettive risorse e
costi del servizio e di far fronte ad inderogabili esigenze di miglioramento del servizio.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. L’art. 32, lett. g) della legge
8 giugno 1990, n. 142, prevede che spetta al Consiglio Comunale l’istituzione e l’ordinamento
dei tributi, la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi. Norma di
identico contenuto è contenuta nell’art. 14, lett g, dello statuto del Comune di Cefalù. L’art. 13
della legge regionale Sicilia n. 7 del 26 agosto 1992 prevede, poi, che il sindaco convoca e

siano specificatamente attribuiti alla competenza di altri organi del comune, degli organi di
decentramento, del segretario e dei dirigenti. Dunque nella regione Sicilia la competenza
residuale, che nell’ordinamento statale è attribuita alla giunta comunale ai sensi dell’art. 48 del
Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267, spetta al sindaco. Ora, la Corte di legittimità ha già
affermato il principio secondo cui, in tema di TARSU, nella vigenza dell’art. 32, comma 2, lett.
g), della legge 8. 7

giugno 1990, n. 142, la concreta determinazione delle aliquote

delle tariffe per la fruizione di beni e servizi (nella specie, tariffe di diversificazione tra esercizi
alberghieri e locali adibiti a uso abitazione) è di competenza della giunta e non
del consiglio comunale poiché il riferimento letterale alla “disciplina generale delle tariffe”
contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole “istituzione e ordinamento” adoperato
per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovrà
procedere alla loro determinazione, ed, inoltre, i provvedimenti in materia di tariffe non sono
espressione della potestà impositiva dell’ente, ma sono funzionali all’individuazione del
corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi così in un’ottica di diretta correlazione
economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria ( Cass.
n. 8336 del 24/04/2015; Cass. n. 360 del 10/01/2014 ). Ne consegue che la delibera n.
102/2006, con cui il sindaco ha istituito quattro diverse categorie immobiliari con distinte
percentuali di rincaro, attenendo essa all’individuazione del corrispettivo da erogare sulla base
della maggiore o minore fruizione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani,
si colloca nell’ambito dei provvedimenti di competenza residuale del sindaco in quanto
costituisce attuazione del criterio economico generale sulla determinazione delle tariffe stabilito
dal Consiglio Comunale.
2. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto sottendono la
medesima questione giuridica, sono parimenti fondati. La Corte di legittimità ha affermato il
principio, al quale questo collegio intende dare continuità, secondo cui, in tema di tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione
del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga
distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore
a quella applicabile a queste ultime in quanto la maggiore capacità produttiva di un esercizio
alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza,
2

presiede la giunta, compie tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non

emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale
criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22 del 1997,
senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente
dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente
impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dall’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993,
tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla
differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le
tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica (

Cass. n. 5722 del 12/03/2007 ). Nel caso che occupa la delibera, il cui contenuto essenziale è
stato trascritto nel ricorso in adempimento dell’onere dell’autosufficienza, appare
sufficientemente motivata in quanto, facendo riferimento all’opportunità di aumentare il tributo
per conseguire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del divario tra effettive risorse e
costi del servizio e di far fronte ad inderogabili esigenze di miglioramento del servizio stesso,
ha stabilito la tariffa in relazione alla categoria alberghiera e, trattandosi di un atto
amministrativo di carattere generale in quanto rivolto ad una pluralità di destinatari, non
necessitava di motivazione con particolare riguardo alle varie aree alberghiere in cui può
differenziarsi in concreto l’idoneità a produrre rifiuti, costituendo onere del contribuente
dichiarare le circostanze che giustificano l’eventuale esenzione o riduzione della tariffa stessa
per l’inagibilità di determinati locali.
3. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2,
cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei
giudizi di merito si compensano tra le parti per l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in
materia e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito
e condanna la ricorrente a rifondere al Comune di Cefalù le spese processuali di questo
giudizio, spese che liquida in complessivi euro 5.600,00, oltre al rimborso delle spese
forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del giorno 19 dicembre 2017.

Cass. n. 16175 del 03/08/2016; Cass. n. 15861 del 22/06/2011; Cass. n. 302 del 12/1/2010;

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