Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19765 del 17/09/2010
Cassazione civile sez. I, 17/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 17/09/2010), n.19765
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.M. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LOJODICE OSCAR,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositato il
08/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
08/07/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto in data 8 ottobre 2008, la Corte di appello di Lecce ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta dal signor V.M. contro il Ministero della Giustizia a norma della L. n. 89 del 2001, giudicando ragionevole la durata di tre anni per la definizione del processo presupposto in unico grado.
Per la cassazione di questo decreto, non notificato, ricorre la parte soccombente per un unico motivo, illustrato anche con memoria.
L’amministrazione resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso si deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, dell’art. 6, par. 1 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le liberta’ fondamentali e dell’art. 111 Cost., nonche’ degli artt. 34 e 35 della medesima convenzione, nonche’ l’esistenza di’ vizi di motivazione nel decreto impugnato.
Il ricorso non espone alcun quesito di diritto, ne’ identifica, con riguardo ai pretesi vizi di motivazione, quale sarebbe il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Trattandosi di elementi richiesti a pena d’inammissibilita’ dall’art. 366 bis c.p.c., il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 700,00.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima della Corte suprema di cassazione, il 8 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010