Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19764 del 09/08/2017
Cassazione civile, sez. I, 09/08/2017, (ud. 21/06/2017, dep.09/08/2017), n. 19764
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – rel. Presidente –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
F.F.A., domiciliato in Roma, via Lattanzio 66,
presso l’avv. Mario Esposito, rappresentato e difeso dall’avv.
Antonio Fuscà, come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) srl;
– intimato –
avverso Il decreto del Tribunale di Treviso comunicato il 17 gennaio
2012;
Lette le requisitorie del Procuratore generale, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
Udita la relazione del consigliere dott. Aniello Nappi.
Fatto
FATTI DI CAUSA
F.F.A. impugna per cassazione il decreto del Tribunale di Treviso che ne ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) srl, dal quale era stato escluso un suo credito di circa 395 mila Euro privilegiato ex art. 2751 bis c.c., n. 5. Propone quattro motivi d’impugnazione, mentre non ha spiegato difese il fallimento.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta che sia stato ingiustamente escluso il suo credito per lavori eseguiti in favore della società fallita in adempimento di un contratto di subappalto.
In particolare lamenta che il tribunale, pur avendo riconosciuto l’opponibilità al fallimento del contratto, negata invece dal giudice delegato, ha nondimeno egualmente escluso il residuo credito di circa 278 mila Euro dal passivo per la mancata produzione della domanda di insinuazione al passivo e delle fatture allegate, ritenendo altresì irrilevante la prova testimoniale richiesta per dimostrare l’effettiva realizzazione dell’opera subappaltata.
Il motivo è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “il ricorso con il quale, ai sensi della L. Fall., art. 93, si chieda l’ammissione allo stato passivo, non è un documento probatorio del credito, sicchè non può ritenersi incluso fra i documenti che, nell’ipotesi in cui il giudice delegato abbia respinto, in tutto o in parte, la domanda, devono essere prodotti a pena di decadenza, ai sensi della L. Fall., art. 99, comma 2, al momento del deposito del ricorso in opposizione. Ne deriva che qualora, in sede di opposizione allo stato passivo, una copia della domanda di ammissione non risulti allegata nè al fascicolo di ufficio, nè a quello di una delle parti, il tribunale, che non sia in grado di ricostruirne il contenuto sulla scorta degli ulteriori atti processuali e ne ritenga l’esame, comunque, indispensabile alla decisione, deve provvedere alla sua acquisizione” (Cass., sez. 6, 17/09/2015, n. 18253).
Sicchè nel caso in esame il tribunale avrebbe dovuto acquisire la domanda di insinuazione al passivo; e in caso di permanenti dubbi sulla effettiva realizzazione dell’opera, ammettere la prova testimoniale.
Quanto alle fatture, secondo la giurisprudenza di questa corte “l’esigenza di stretta interpretazione delle norme in materia di decadenza impone di considerare che l’art. 99, comma 1, n. 4), allorchè esige “l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti”, distingua tra prove costituende e prove precostituite. Per quanto attiene alle prove costituende, come ad esempio le testimonianze, non v’è dubbio che sia sufficiente la mera indicazione, essendo indiscusso che tali prove non sono “espletabili nella fase della verifica dello stato passivo, che ha natura sommaria” (Cass., sez. 1, 2 dicembre 2011, n. 25872, m. 620453, Cass., sez. 1, 25 febbraio 2011, n. 4708, m. 617279). Diversamente deve ritenersi per i documenti, prove precostituite di cui il legislatore esige, a pena di decadenza, la già intervenuta produzione, come si desume dall’esplicito riferimento appunto ai “documenti prodotti” (Cass., sez. 1, 6 novembre 2013, n. 24972, m. 628963)” (Cass., sez. 1, 14/12/2015, n. 25174).
2. Con il secondo motivo il ricorrente, già amministratore unico della società fallita, lamenta che sia stato ingiustamente escluso il suo credito di circa 16 mila Euro per gli emolumenti maturati tra il giugno 2009 e l’aprile 2010. Deduce che erroneamente il tribunale abbia ritenuto non spettanti gli emolumenti per l’inattività della società in quel periodo, perchè la mancanza di commesse non esclude la prestazione dell’attività di amministratore.
Il motivo è fondato.
I compiti che la società affida al suo amministratore riguardano la gestione stessa dell’impresa, costituita da un insieme variegato di atti materiali, negozi giuridici ed operazioni complesse (Cass., sez. 1, 17/10/2014, n. 22046). Sicchè non è sufficiente a escludere il compenso l’inattività dell’azienda; e secondo la giurisprudenza di questa corte la prova della qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte è necessaria solo quando la misura del compenso “non sia stata stabilita nell’atto costitutivo o dall’assemblea” (Cass., sez. L, 16/04/2014, n. 8897, Cass., sez. 1, 29/10/2014, n. 23004).
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta che sia stato ingiustamente escluso il suo credito di circa 92 mila Euro per finanziamenti in favore della società, deducendo che v’è prova di ingenti finanziamenti da lui erogati.
Il motivo è inammissibile per genericità.
4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta che sia stato ingiustamente escluso il suo credito di circa 8 mila Euro per corrispettivi erroneamente accreditati sul conto della società anzichè sul suo conto.
Anche questo motivo è inammissibile per genericità, perchè il ricorrente si limita ad affermare che la sua pretesa è fondata, senza nulla opporre alla motivazione esibita dai giudici del merito per escludere l’erroneità dell’accredito.
In conclusione risultano fondati i primi due motivi del ricorso, inammissibili il terzo e il quarto.
PQM
Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibili il terzo e il quarto, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese al Tribunale di Treviso in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017