Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19760 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19760 Anno 2013
Presidente: VALITUTTI ANTONIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 24316-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

FILIPPONE NINO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
A. GRAMSCI 34, presso lo studio dell’avvocato
IOFFREDI VINCENZO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCARIO LUCIO giusta delega
in calce;

Data pubblicazione: 28/08/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 42/2008 della COMM.TRIB.REG.
di CAMPOBASSO, depositata il 19/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/05/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

GIOVANNI CONTI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Ufficio di Campobasso emetteva a carico di Filippone Nino un avviso di rettifica relativo ad
IVA per l’anno di imposta 2002, sulla base delle verifiche compiute dall’Agenzia delle Dogane di
Pescara dalle quali era emersa l’indebita utilizzazione del regime del margine da parte del
contribuente per acquisti di auto usate importate dall’operatore belga SPRL Euro auto 2002.
2. Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla CTP di Campobasso, che confermava la

3. Proposto appello innanzi alla CTR del Molise da parte del contribuente, con sentenza depositata
il 19 luglio 2008, il giudice di appello accoglieva l’impugnazione.
4. Osservava la CTR che l’accertata difformità fra le fatture in possesso del contribuente, ove
risultava indicato il regime del margine, e quelle emesse dall’operatore belga ed acquisite per il
tramite dell’ufficio fiscale belga, nelle quali risultava che l’operazione rientrava fra le cessioni
intracomunitarie, come tali soggette al regime ordinario dell’IVA – per il cessionario-, impediva di
ritenere il contribuente responsabile per la falsità delle fatture, non incombendo sul medesimo un
onere di verifica della loro autenticità, mancando la dimostrazione della partecipazione alla frode
del cessionario, il quale ultimo non era stato nemmeno sottoposto a procedimento penale, essendo
la truffa ascrivibile all’operatore belga.
4.1 Non poteva nemmeno applicarsi la circolare 14/e, ove si faceva riferimento alla carta di

circolazione, essendo la stessa risalente al 26.2.2008 e, come tale, irrilevante rispetto all’anno di
imposta oggetto di verifica.
4.2 Aggiungeva che risultavano pacificamente dalle fatture i presupposti di cui all’art.38 d.l.
n.331/1993 e, segnatamente, il carattere usato degli autoveicoli, l’immatricolazione risalente a sei
mesi prima della cessione e la percorrenza di 6000 km.
4.3 Rilevava, infine, che non essendo stata dimostrata da parte dell’ufficio la corresponsabilità della
ditta, la stessa era da ritenere estranea alla frode commessa dall’operatore belga.
5. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, mentre il
contribuente, benché ritualmente citato, non ha depositato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6. Con il primo motivo l’Agenza ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt.36 d.l. 41/95
conv.nella 1. n.85/1995 e 38 d.l. n.331/93, conv. nella 1.n.28/1997, in relazione all’art.360 comma I
n.3 c.p.c. Lamenta che la CTR aveva fondato la propria decisione sulle circostanze indicate
dall’art.38 dl cit., omettendo di considerare che per l’applicazione del regime del margine era
necessario che gli acquisti degli autoveicoli fossero compiuti in regime di indetraibilità dell’IVA
assolta. E proprio l’esistenza di indici fattuali dai quali emergeva che le operazioni rientravano fra le

legittimità dell’atto impugnato.

cessioni intracomunitarie, estranee al regime agevolativo, dimostrava l’erroneità della decisione
impugnata.
7. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt.36 d.l.n.
41/95 conv. nella 1.n.85/ l 995 e 2697 cod.civ., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta
che il giudice di appello, addossando sull’Ufficio l’onere di dimostrare la natura fraudolenta
dell’operazione e della compartecipazione a carico dell’ufficio, aveva disatteso il principio che pone

7.1 Senza dire che la giurisprudenza comunitaria aveva escluso la necessità della prova della
collusione alla frode, essendo sufficiente che il cessionario avesse la possibilità di conoscere
l’esistenza della frode medesima.
8. Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate.
9. Occorre premettere che il giudice di appello, nel ritenere infondata la pretesa fiscale azionata sul
presupposto che non potesse trovare applicazione il c.d. regime del margine disciplinato dal D.L. n.
41 del 1995, art. 36, conv. nella L. n. 85 del 1995, ha fondato il proprio assunto sui passaggi
motivazionali che possono così riassumersi: a) il contribuente era in possesso di fatture emesse
dall’operatore belga attestanti che le operazioni erano soggette al regime del margine; b) dalle
stesse fatture risultavano i requisiti indicati dalla normativa di settore per fruire dell’agevolazione in
esame; c) la circostanza che i controlli operati sull’operatore belga avevano messo in evidenza che il
medesimo venditore aveva emesso per le stesse operazioni altre fatture- consegnate alle autorità
fiscali belghe-, dalle quali risultava il carattere intracomunitario delle cessioni, dal quale sarebbe
conseguita l’impossibilità di applicare il computo dell’IVA sul margine che presuppone
l’assolvimento dell’Iva a monte, non era rilevante nei confronti del cessionario italiano, il quale non
risultava partecipe della frode, né era stato sottoposto a procedimento penale in relazione alle fatture
ricevute, la falsità delle quali era ascrivibile all’operatore belga;d) i controlli richiesti a carico del
cessionario in ordine al libretto di circolazione dalla circolare ministeriale non potevano estendersi a
carico del Filippone, essendo la circolare successiva ai fatti in contestazione; e) poiché l’ufficio non
aveva dimostrato la compartecipazione alla frode architettata dal cedente belga, nessun addebito
poteva essere mosso al contribuente.
9.1 Orbene, giova rammentare che questa Corte ha ormai pacificamente riconosciuto che il regime
del margine già sopra ricordato si applica in quanto il contribuente riesca a dimostrare la
sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo (cfr.
Cass. 31.1.2011 n. 2227).
9.2 Ragion per cui il difetto di tale prova comporta l’inapplicabilità del regime de quo (cfr.
Cass.31.1.201 l n. 2227).

a carico del richiedente l’agevolazione fiscale l’onere di provarne i presupposti.

9.3 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con
applicazione del regime del margine ma in difetto dei presupposti richiesti non può che ricadere sul
cessionario che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze,
non abbia verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la
regolarità formale della fattura), risultando maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta
verifica, in dipendenza della qualità professionale del cessionario, ove trattasi di operatore

9.4 Si è parimenti avuto modo di chiarire che detto regime assume come condizione indefettibile di
applicabilità la indeducibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente-operatore comunitario in
occasione dell’acquisto del bene successivamente rivenduto all’importatore in altro Paese membro,
rendendosi necessario che il cedente abbia assolto PIVA in modo definitivo, senza avere esercitato
ne’ avere potuto esercitare alcuna rivalsa-cfr.Cass.n.8828/2012-.Ragion per cui il cedente, soggetto
passivo di imposta comunitario, deve rispondere ad uno dei seguenti “requisiti soggettivi”
individuati dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, comma 1, conv. in L. n. 85 del 1995 e che sia, dunque,
privato consumatore o soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta (avendo destinato i beni ad
una attività esente) o, ancora, soggetto che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro
o che abbia, a sua volta, assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile.
9.5 H carattere speciale del regime del margine, d’altra parte, e’ stato più volte sottolineato dalla
Corte di giustizia la quale, individuando la portata interpretativa dell’art. 314 della direttiva
2006/112- che riproduce fedelmente l’art. 26 bis della c.d. sesta direttiva CEE, – ha ribadito come
il regime d’imposizione sull’utile realizzato dal soggetto passivo-rivenditore in occasione della
cessione di beni d’occasione quali quelli di cui trattasi nel procedimento principale costituisce
un regime particolare dell’IVA, che deroga al sistema generale della direttiva 2006/112 – cfr.Corte
Giust. 19 luglio 2012, causa C-160/11, Bawaria Motors sp. z o.o., p.28 e Corte Giust. 3 marzo
2011, Auto Nikolovì, causa C 203/10, punto 46- così confermando i principi espressi con riguardo
all’art. 26 bis dir.- per cui v.Corte Giust. 8 dicembre 2005, Jyske Finam, causa C 280/04, p. 35-.
9.6 D’altra parte, nelle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia, l’affermazione secondo cui il
soggetto passivo d’imposta non può essere considerato responsabile della intenzione del terzo di
agire in frode alla applicazione dell’IVA è mediata dalla condizione essenziale che detto
contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode (cfr. Corte giustizia CE 3^
sez. 12.1.2006 in cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03). Rimane pur sempre compito
dell’autorità giudiziaria nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla
luce di elementi obiettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamentecfr.Corte Giust. 3 marzo 2005, C 32/03, Fini H, p.34-. Ragion per cui soltanto “gli operatori che

commerciale del settore- v., da ultimo, Cass.nn^ 4522, 4524 e 4525/2013-.

adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere a fine di assicurarsi che le
loro operazioni non facciano parte di una frode”, possono fare affidamento sulla liceità di tali
operazioni. Pertanto, un soggetto che “sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto
partecipava ad una operazione che si iscriveva in frode all’IVA “non può allegare la buona fede a
garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione alle operazioni compiute (cfr. Corte
giustizia CE 63.2006 in cause rinite C-439/04 e C- 440/04)-cfr., sul punto, specificamente

9.7 Orbene, fermi i superiori principi che questo Collegio pienamente condivide, appaiono evidenti
le gravi lacune e gli errori commessi dal giudice di appello correlati, in primo luogo, al
riconoscimento dell’agevolazione sulla base del solo esame delle fatture in possesso del cessionario
e non di tutti gli ulteriori elementi, pure evocati dall’Ufficio, fra i quali avevano una rilevanza
decisiva le fatture del cedente, acquisite per il tramite degli uffici fiscali Esteri, che recavano la
annotazione “Livrasion intracommunaitaire —TVA non deducible” o la dicitura “Exmtion TVA
Livraison Introcommunautaire article 39 bis cod TVA” — riportate a pag. 3 della sentenza
impugnata- e che dimostravano come le stesse erano soggette a tassazione con regime ordinario,
come pure ha dato atto la CTR a pag.4 della sentenza impugnata, “VAT 0% – vehicule vendu sans
paratie livraison intracomunatairè”. Siffatti documenti erano quindi idonei a qualificare
l’operazione negoziale intercorsa con il cedente belga nell’ambito di un’operazione
intracomunitaria per la quale il cedente non aveva assolto l’IVA in via definitiva.
9.8 Parimenti erronea è risultata la decisione impugnata che, a fronte della oggettiva difformità tra
la documentazione in possesso della parte contribuente e quella acquisita presso la società-cedente,
attestante la inesistenza dei presupposti applicativi del regime fiscale speciale del margine di utile,
ha ritenuto che dovesse essere l’Ufficio a dover fornire la ulteriore prova della insussistenza del
presupposto richiesto dalla legge (indetraibilità dell’IVA a monte).
9.9 Questa Corte è infatti ferma nel ritenere che la mera annotazione apposta in fattura della
applicazione dell’IVA sul margine di utile non esonera il contribuente dalla prova dei fatti che
legittimano la fruizione del regime fiscale speciale, le volte in cui la contestazione della
Amministrazione finanziaria trovi fondamento in elementi oggettivi (quali, risultano, nella specie
le medesime fatture emesse dall’operatore belga recanti la indicazione che trattasi di operazioni
intracomunitarie assoggettate al regime IVA ordinario) che smentiscano o comunque privino di
attendibilità le indicazioni (relative alla indetraibilità della imposta corrisposta nell’acquisto a
monte) contenute nelle fatture emesse nei confronti della società cessionaria, determinandosi in tal
caso una inversione dell'”onus probandi” a carico del contribuente tenuto a fornire idonea
giustificazione della difformità riscontrata sui documenti contabili della cedente e della parte

Cass.n. 15219/2012 e le più recenti sentenze Nn. 4522-4525/2013-.

CrsENTE DA REGISIR AZIONF.
Al SENSI DEL D.L. 2tNii,’
N. 131 TA13. /LL.
MATE:.IA TR13Li

cessionaria, nonché a dimostrare la sussistenza delle condizioni di fruibilità del regime del margine
di

utile

del

quale

intende

avvalersi-cfr.Cass.n.8827/12,

cit.-.

9.10 Ed ulteriormente errata si è dimostrata la decisione impugnata laddove ha richiesto la prova del
concorso del cessionario nella frode perpetrata dal soggetto belga emittente le fatture false,
risultando tale affermazione anch’essa in contrasto con i principi superiormente ricordati.
9.11 In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione della sentenza

10. Non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere al
causa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo e la condanna della parte contribuente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità,liquidate come in dispositivo, dichiarate
interamente compensate tra le parti le spese dei gradi merito.
P.Q.M.
la Corte
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo proposto dalla società contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito e condanna il contribuente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 maggio 2013 in Roma nella camera di
consiglio della V sezione civile.

impugnata.

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