Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19760 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/10/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 03/10/2016), n.19760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14671-2015 proposto da:

EST – OVEST SRL, in persona dell’amministratore unico, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANIA IANNACCONE giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Centrale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4033/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO del 2/04/2014,

depositata il 17/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA PAOLA;

udito l’Avvocato Stefania Iannaccone difensore della ricorrente che

si riporta agli scritti e chiede raccoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con un unico motivo di ricorso, la contribuente censura la sentenza impugnata – resa in fattispecie di recupero a tassazione del credito Iva di Euro 60.000,00 chiesto a rimborso in relazione ad un’operazione di compravendita immobiliare ritenuta oggettivamente inesistente – per “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 112 c.p.c.; art. 75 del Testo Unico n. 917 del 1986 (tassazione a fini Ires) e D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5 (tassazione ai fini Irap); del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 (tassazione ai fini Iva)”; lamenta che la C.T.R. avrebbe “esteso la pronuncia a fatti e circostanze che non erano oggetto di contestazione nell’avviso di accertamento”, con riguardo al “supposto mancato pagamento dell’intero prezzo dell’immobile”.

2. Il motivo risulta palesemente infondato.

3. Parte ricorrente fa mostra di non comprendere la rafia decidendi dei giudici d’appello, i quali hanno in realtà chiarito in modo adamantino come “il mero accertamento tecnico sul valore del cespite disposto dai giudici di primo grado non sia in grado di dimostrare la veridicità ed attendibilità dell’operazione commerciale documentata nella fattura n. (OMISSIS) emessa in data (OMISSIS)” (per il prezzo di Euro 300.000,00) dalla venditrice “ditta individuale (OMISSIS)” – risultata inattiva – che a sua volta, con fattura n. (OMISSIS) emessa in data (OMISSIS) (al prezzo di Euro, 1.800.000,00) aveva acquistato dalla ditta individuale del padre, M.P., il medesimo immobile, di fatto però mai uscito dalla disponibilità di quest’ultimo, che vi risultava abitare con la sua famiglia; di qui, innanzitutto, la ritenuta indeducibilità “del costo sostenuto per l’acquisizione”, per difetto dell’imprescindibile requisito della strumentalità ed inerenza all’attività svolta dalla società contribuente (cfr. Cass. nn. 3518/06, 16730/07, 735/10, 2362/13, 27718/13, 6973/15).

4. La inoltre, facendo pieno riferimento ai contenuti dell’avviso di accertamento – donde la manifesta infondatezza della censura di violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., – ha puntualmente indicato i plurimi clementi di prova allegati dall’ufficio a dimostrazione della ritenuta inesistenza oggettiva dell’operazione, con particolare riguardo agli inequivocabili flussi finanziari emergenti dalle movimentazioni dei conti bancari delle parti, che vale la pena riprodurre (“La società prima immetteva risorse finanziarie sul conto corrente di M.M.L., poi nei giorni immediatamente successivi, versava denaro sul proprio conto corrente bancario per importi corrispondenti alle somme addebitate; a sua volta M.M.L., dopo aver ricevuto risorse finanziarie dalla società, procedeva a distanza di pochissimi giorni ad effettuare prelievi diretti in contanti tramite emissione di assegni bancari con il beneficiario generico me Medesimo, poichè incassati dalla stessa (OMISSIS)”).

5. La sentenza impugnata conclude, infine, che “era onere del contribuente fornire la prova contraria ed idonee giustificazioni in ordine a quanto indicato nell’avviso di accertamento in relazione alla fittizietà ed inesistenza dell’operazione commerciale documentata nella fattura sopra richiamata”, in piena adesione ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, nel senso che, con riguardo alle operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, ove la fattura costituisce (in tutto o in parte) mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, l’amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori – anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. nn. 21953/07, 9784/10, 9108/12, 15741/12, 23560/12, 27718/13, 20059/2014, 26486/14, 9363/15; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C439/04; 21 febbraio 2006, C-255/02; 21 giugno 2012, C-80/11; 6 dicembre 2012, C-285/11; 31 novembre 2013, C-642/11) – del fatto che l’operazione fatturata non è stata realizzata, dopo di che spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, prova che tuttavia non può ridursi all’esibizione della fattura o alla dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poichè questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. nn. 5406/16, 28683/15, 13253/15, 16936/15, 428/15, 12802/11, 9138/10, 9476/10, 15228/01).

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.600 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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