Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1976 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22172-2020 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOSUE’ NORRITO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6997/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 02/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.M. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Sicilia ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Trapani, che aveva accolto il ricorso del medesimo contribuente contro l’avviso d’accertamento emesso, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, comma 4, che aveva determinato il suo maggior reddito sintetico per l’anno d’imposta 2007.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Il ricorrente ha prodotto memoria.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo il contribuente deduce “Violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – Omessa motivazione su un fatto oggetto di discussione tra le parti di carattere decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Violazione di regole d’esperienza in relazione all’art. 2697 c.c.”.

Afferma, peraltro in maniera apodittica, il ricorrente che la decisione impugnata sarebbe “illegittima, carente sul piano logico motivazionale, per omessa e travisata valutazione delle risultanze probatorie (…).”.

In parte qua il motivo è inammissibile, per plurime ragioni, ciascuna di per sé sufficiente alla relativa declaratoria.

Infatti le plurime censure, in diritto ed in fatto, esposte contemporaneamente e senza alcuna gradazione tra loro, danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793).

Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.

Inoltre, il motivo è ulteriormente inammissibile nella parte in cui denuncia la “carenza” della motivazione, che deriverebbe dalla “travisata valutazione delle risultanze probatorie”, fattispecie che esula dalla formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, e che si pone altresì in insanabile contrasto logico e giuridico con la denuncia che la stessa sarebbe stata invece “omessa”.

Inammissibile è altresì la denunciata violazione dell’art. 2697 c.c..

Infatti, “In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018). Nel caso di specie non è stata denunciata dal ricorrente l’inversione dell’onere della prova (peraltro, vertendosi in tema di accertamento sintetico determinato in ragione del possesso di beni indice di capacità contributiva e di spese incompatibili con i redditi dichiarati, il giudice di appello ha correttamente imputato al contribuente l’onere della prova contraria).

Ancora, è inammissibile, per l’assoluta genericità, la denuncia della pretesa violazione di regole d’esperienza.

Inoltre, oltre che inammissibile per le ragioni già elencate, è anche ulteriormente inammissibile, e comunque infondato il motivo nella parte in cui imputa al giudice a quo di aver omesso di considerare che il concreto esborso affrontato dal contribuente per l’acquisto di un autovettura del valore di Euro 43.500,00 (a fronte di un reddito dichiarato di Euro 17.523,00) sarebbe stato di sole 20.000,00 Euro, essendo stato il residuo prezzo oggetto di finanziamento. Infatti, la circostanza del finanziamento è stata espressamente valutata dalla CTR nella motivazione, unitamente ad altre (l’utilizzo di contanti derivanti da regalie al figlio maggiorenne del contribuente ed un rimborso assicurativo) dedotte nel merito dallo stesso S.. Pertanto, l’omesso esame della circostanza del finanziamento, nei termini nei quali è stato denunciato, non sussiste, e la formulazione della relativa censura evidenzia piuttosto l’intenzione del ricorrente di contrastare in fatto, e non in diritto, l’apprezzamento che dei fatti in questione ha dato il giudice a quo.

Invero, dal complesso del motivo, si ricava univocamente che, nella sostanza, il ricorso, in parte qua, attinge il giudizio esposto nel merito dalla CTR in ordine al mancato assolvimento, da parte del contribuente, dell’onere della prova contraria, del quale era gravato ex lege, come incontestato.

1.1. E’ invece ammissibile il motivo nella parte in cui denuncia l’omesso esame di due fatti dedotti nel contraddittorio di merito e potenzialmente decisivi, consistenti nel dato reddituale imputabile per il medesimo periodo d’imposta alla moglie e nel rimborso di titoli affluito nella stessa fase temporale sul conto corrente del contribuente.

Con riferimento a tali censure, infatti, il motivo è univocamente espresso in termini di omesso esame di fatti storici potenzialmente decisivi ai fini dell’accertamento sintetico ed è altresì autosufficiente (cfr. pag. 4 del ricorso).

Il motivo, in parte qua, è inoltre fondato, atteso che la sentenza non fa puntuale riferimento al reddito della moglie del contribuente ed al rimborso dei titoli in questione. Peraltro l’Ufficio, nel controricorso, deduce che il dato reddituale della coniuge sarebbe stato considerato, ai fini dell’accertamento sintetico, successivamente all’emissione dell’atto impositivo, in sede di autotutela, quando ha ridotto l’accertamento. Tuttavia il controricorso non riproduce, non allega e non indica, quanto all’avvenuta produzione nei gradi di merito ed alla conseguente collocazione processuale, l’atto di autotutela parziale in questione.

Quanto poi alla possibile rilevanza delle ridette due circostanze, non esaminate dalla CTR, rispetto all’atto impositivo controverso, deve rilevarsi che:

relativamente alla posizione reddituale della moglie del contribuente, “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 (cd. redditometri), la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento suddetto, nel vincolo che li lega.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 30355 del 21/11/2019);

riguardo allo smobilizzo di titoli, “Nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante cd. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta costituisce principio a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale quello secondo cui all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può pertanto limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa. (In applicazione del principio, la S.C., nella specie, ha cassato la sentenza della C.T.R. che aveva omesso di valutare la documentazione presentata dal contribuente relativa ad operazioni di smobilizzo eseguite dal coniuge ed a versamenti bancari tracciabili concessi dai genitori, aventi elevati redditi annuali, alla base delle spese poste a fondamento dell’accertamento).” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 21700 del 08/10/2020).

Il ricorso va quindi accolto nei termini che precedono, con conseguente rinvio alla CTR per ogni necessario accertamento in fatto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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