Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19758 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 09/08/2017, (ud. 29/03/2017, dep.09/08/2017),  n. 19758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10553/2013 proposto da:

S.I.F.A. S.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via L. Rizzo n.41, presso

l’avvocato Cimellaro Antonino, rappresentata e difesa dall’avvocato

Barioli Mario, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione del Veneto, in persona del Vice Presidente della Giunta

Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via F.

Confalonieri n.5, presso l’avvocato Manzi Andrea, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Cusin Antonella, Zanon Ezio,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

M.S., Ma.Sa., elettivamente domiciliati in Roma,

Via F. Confalonieri n.5, presso l’avvocato Coglitore Emanuele, che

li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Alba Riccardo,

Pavan Massimo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

Regione del Veneto, in persona del Vice Presidente della Giunta

Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via F.

Confalonieri n.5, presso l’avvocato Manzi Andrea, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Cusin Antonella, Zanon Ezio,

giusta procura a margine del ricorso successivo;

– ricorrente successivo –

contro

M.S., Ma.Sa., elettivamente domiciliati in Roma,

Via F. Confalonieri n.5, presso l’avvocato Coglitore Emanuele, che

li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Alba Riccardo,

Pavan Massimo, giusta procura a margine del controricorso

successivo;

– controricorrenti successivi –

e contro

S.I.F.A. S.c.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2269/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO

LUCIO che ha concluso per l’accoglimento del motivo primo del

ricorso della Regione, rigetto nel resto e del ricorso principale

S.i.f.a.;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Antonino Cimellaro, con delega,

che si riporta agli scritti;

udito, per i controricorrenti Ma.Sa.+1, l’Avvocato Coglitore

che ha chiesto il rigetto, tranne ultimo motivo del ricorso Regione

Veneto;

udito, per la ricorrente Regione Veneto, l’Avvocato Carlo Albini, con

delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 14.10.2009, i germani M.S. e Sa. convennero in giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Venezia la Regione Veneto e la SIFA s.c.p.a., chiedendo la determinazione dell’indennità di occupazione ed espropriazione del loro fondo, sito in agro di (OMISSIS).

Nel contraddittorio dei convenuti, la Corte adita, con la sentenza depositata il 19.10.2012, determinò l’indennità in ragione di Euro 18 al mq. ed in totale Euro 1.260.000, in conformità delle conclusioni rassegnate dal CTU, confermate dai contratti prodotti dai convenuti relativi a terreni aventi caratteristiche similari. La Corte ritenne in particolare che: a): il suolo ricadeva in zona naturalistica con vincolo paesaggistico ex lege n. 1497 del 1939, e non era legalmente edificabile, potendo esser utilizzato, solo, per la realizzazione di chioschi, depositi, area di pic nic, servizi igienici, tettoie ecc.; b l’indennità per il periodo di occupazione legittima andava calcolata in ragione di 1/12 di detto valore.

Per la cassazione della sentenza, hanno proposto separati ricorsi la Società SIFA e la Regione Veneto, rispettivamente, con due e quattro motivi. I M. hanno resistito con controricorso. Tutte le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la Società ricorrente deduce l’insufficienza della motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 evidenziando l’erroneità di tutti i criteri indicati dal CTU per la determinazione del valore unitario del bene (sintetico-comparativo, mutuato dall’esperienza personale del Tecnico incaricato, ed ispirato ad una sorta di mediazione tra i valori indicati dalle parti).

2. Col secondo motivo, deducendo la violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40 la SIFA lamenta che la Corte territoriale non aveva tenuto conto delle caratteristiche essenziali del bene ablato e della sua potenziale utilizzazione nel determinarne il valore, nè aveva fatto riferimento a contratti di compravendita relativi ad aree finitime incluse, come quella espropriata, in quella denominata “Cassa di Colmata A”.

3. Col primo motivo del proposto ricorso, anche la Regione deduce il vizio di motivazione lamentando che la sentenza non aveva tenuto conto della destinazione urbanistica del bene espropriato ed aveva supinamente aderito alle risultanze della CTU, fondata sull’aspettativa di mero fatto in ordine alla realizzazione di un parco acquatico con strutture per l’accoglienza dei visitatori, che, tuttavia, non era stato approvato.

4. Col secondo motivo, la Regione lamenta, nuovamente, il vizio di motivazione in riferimento alle risultanze istruttorie e la violazione dell’art. 112 c.p.c.. La sentenza non aveva esplicitato i criteri per cui era pervenuta all’individuazione del valore del bene, aveva tenuto in considerazione come termini di paragone prezzi riferiti a contratti relativi ad aree con diverse destinazioni urbanistiche ed aveva omesso di esaminare i rilievi critici sollevati alla CTU, senza dare al riguardo, come invece avrebbe dovuto, una puntuale e dettagliata motivazione.

5. Con il terzo motivo, la Regione deduce, in conseguenza, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 40 per non essere l’indennizzo parametrato al valore del bene, in base alle sue effettive caratteristiche.

6. I motivi possono esaminarsi congiuntamente, perchè connessi. Essi sono in parte infondati ed in parte inammissibili.

7. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il generale criterio indennitario riferito al valore venale del bene (introdotto a seguito delle sentenze n. 348 e 349 del 2007 e n. 181 del 2011, della Corte cost.) non ha fatto venir meno la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili, che va operata in ragione del criterio dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5, bis, comma 3, tuttora vigente, e D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, in base al quale un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti così classificata dagli strumenti urbanistici, al momento della vicenda ablativa (Cass. 7987/2011; 9891/2007; 3838/2004; 10570/2003; sez.un. 172 e 173/2001).

8. Per i suoli non aventi natura edificatoria, e proprio allo scopo di assicurare il ragionevole legame dell’indennità con il valore di mercato del bene ablato, garantito dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU, questa Corte (Cass. 14840/2013; 2605/2010; 21095 e 16537/2009) ha affermato il principio secondo cui rivestono valore a fini indennitari le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.

9. A tali principi, si è dichiaratamente ispirata l’impugnata sentenza, che ha determinato l’indennità, in riferimento al valore di mercato del suolo a destinazione non edificatoria (oasi naturalistica con vincolo paesaggistico) indicato dal Consulente, e confermato da prezzo di alcuni atti prodotti dalla convenuta relativi a fondi non edificatori e soggetti “pure a vincolo archeologico, ambientale e paesaggistico… “.

10. Nonostante la formale deduzione, anche, della violazione di legge e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, le censure, in concreto, deducono, anche sotto il profilo motivazionale, l’erronea valutazione di elementi estimativi (in relazione ai dati intrinseci dell’area espropriata e a quelli comparativi), censure che attengono al merito, ed esulano sia dall’ambito del vizio di cui all’art. 112 c.p.c., che si configura esclusivamente con riferimento a domande o eccezioni attinenti al merito, sia dalla violazione di legge che, nella specie, si assume integrata in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, procedimento che è esterno all’esatta interpretazione della legge ed integra, appunto, la tipica valutazione del giudice del merito.

11. Le doglianze sono inammissibili, anche, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: tale disposizione, nel testo applicabile ratione temporis (la sentenza è stata pubblicata il 19.10.2012), ha, infatti, ridotto il controllo di legittimità sulla motivazione al minimo costituzionale (mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico;

inconciliabili, motivazione perplessa ed obiettivamente motivazione apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni incomprensibile), a prescindere, beninteso, dal confronto con le risultanze processuali, in quanto l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (come nella specie), ancorchè la sentenza non abbia, in tesi, dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).

12. Il quarto motivo del ricorso della Regione, con cui si censura per violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 22 bis e 50 la statuizione relativa all’indennità di occupazione d’urgenza, calcolata fino al saldo, invece che fino alla data del decreto di espropriazione, è fondato: come del resto riconosciuto espressamente dai controricorrenti, il credito per l’indennità di occupazione cessa alla data di emanazione del decreto ablativo (pronunciato il 30.7.2009). La sentenza va in parte qua cassata e, non essendo necessari accertamenti di fatto, può essere decisa in tal senso, nel merito.

13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso principale ed i motivi primo, secondo e terzo di quello incidentale, accoglie il quarto, cassa e, decidendo nel merito, dichiara che l’indennità di occupazione determinata in seno alla sentenza impugnata, è dovuta dal 20.11.2006 al 30.7.2009, ferme restando le altre statuizioni. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, che si liquidano in Euro 17.200,00, di cui Euro 200,00, per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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