Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19755 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19755 Anno 2013
Presidente: VALITUTTI ANTONIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 17640-2008 proposto da:
FALLIMENTO COBRAF DI BOCCIA FRANCESCO DONATO & C. SAS
in persona del Curatore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA UGO DE CAROLIS 31, presso lo
studio dell’avvocato SOLA VITO, rappresentato e
difeso dall’avvocato ERRICHIELLO GIUSEPPE giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 28/08/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente nonchè contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;
– intimato –

di NAPOLI, depositata il 21/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/05/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ERRICHIELLO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE BONIS che
si riporta agli scritti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
•-•- ,, …. •

avverso la sentenza n. 111/2007 della COMM.TRIB.REG.

Svolgimento del processo
In riforma della decisione di prime cure che aveva riconosciuto il diritto
al rimborso IVA per l’anno 1992 al Fallimento di COBRAF di Boccia
Francesco Donato s.a.s. (avendo la società presentato per l’anno 1992
dichiarazione IVA nella quale figurava un credito d’imposta di lire 196.946.000,
nella dichiarazione dell’anno 1994, avvedendosi il curatore fallimentare dell’errore
soltanto diversi anni dopo e presentando in data 11.2.2002 istanza per il rimborso del
credito indicato nell’anno 1992) la Commissione tributaria della regione

Campania con sentenza 21.6.2007 n 111 accoglieva l’appello proposto
dall’Ufficio di Noia della Agenzia delle Entrate, e rilevato che oggetto del
giudizio era la opposizione proposta dal Fallimento avverso “un atto di
sospensione del rimborso IVA anno 1992”, ha pronunciato plurime
statuizioni con le quali:
pur dovendosi escludere che fosse maturato il termine ordinario di
prescrizione, la società era incorsa nella decadenza biennale di cui
all’art. 21co2 Dlgs n. 546/1992 non risultando agli atti che la
contribuente negli anni 1992-1994 avesse presentato regolare istanza
di rimborso ai sensi dei artt. 30 e 38 bis Dpr n. 633/1972
la eccezione di prescrizione e decadenza formulata dall’Ufficio
soltanto con i motivi di gravame non era inammissibile per divieto
dei “nova” in appello, in quanto l’Ufficio aveva esposto nelle proprie
difese in primo grado che le numerose irregolarità riscontrate nelle
dichiarazioni della società relative agli anni successivi richiedevano
l’espletamento dei necessari “controlli” dell’Ufficio che implicavano
quindi anche la verifica della prescrizione e decadenza del diritto al
rimborso

1
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Co è t.
eri
Stefano

omesso di presentare la dichiarazione nell’ano 1993 e non riportato alcun credito

il ricorso introduttivo era da ritenersi improponibile in quanto era
rivolto contro un atto non autonomamente impugnabile ai sensi
dell’art. 19 Dlgs n. 546/1992 in quanto nella specie trattavasi non di
un rifiuto espresso o tacito del rimborso, ma solo di una
comunicazione interlocutoria.

mezzi, ai quali resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.
Il Fallimento ha depositato anche memoria illustrativa.

Motivi della decisione
§ I.

Con i primi due motivi -che possono essere esaminati

congiuntamente in quanto rivolti alla contestazione della medesima
statuizione della sentenza di appello- la società ricorrente censura
1. il vizio di violazione e falsa applicazione degli arti. 19col lett. i)
Dlgs n. 546/92, 23 Dlgs n. 472/1997, 113 Cost. sostenendo che nella
categoria residuale di “ogni altro atto impugnabile” avanti le
Commissioni tributarie secondo espressa previsione di legge deve
ricomprendersi anche il provvedimento di sospensione della
esecuzione del rimborso dei crediti d’imposta, dovendo rinvenirsi il
referente normativo nell’art. 23co3 del Dlgs n. 472/97
2. il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 19co 1 lett. g)
Dlgs n. 546/92, sostenendo che il provvedimento di sospensione in
attesa della definizione di carichi pendenti e della prestazione di
idonea garanzia equivarrebbe, “non essendo soggetto a limiti
temporali”, a provvedimento di rifiuto tacito del rimborso.
1.1 H primo motivo è fondato.
2
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Co est.
livieri
Stefan

Impugna la sentenza per cassazione il Fallimento COBRAF con cinque

1.2 La individuazione ex lege degli atti tributari alla cui impugnazione è
condizionato l’accesso alla tutela avanti le Commissioni tributarie (art. 19
Dlgs n. 546/1992) evidenzia la necessità, voluta dal Legislatore, che la
controversia sul rapporto tributario abbia ad oggetto sempre una “formale”
pretesa tributaria, nel senso che a fondamento del rapporto obbligatorio
volontà impositiva (“pretensiva” -del maggiore tributo- od “oppositiva” -al diritto
alla restituzione del tributo riscosso od al riconoscimento del diritto alla esenzione o
alla applicazione del minore tributo ) dell’Ufficio, rivestita dei caratteri formali

tipici prescritti dalla legge e dunque un atto provvedimentale impugnabile
ai sensi dell’art. 19 Dlgs n. 546/2992 in quanto idoneo ad incidere
negativamente nella sfera patrimoniale del contribuente.
1.3 L’elenco degli atti “autonomamente” impugnabili, contenuto nell’art.
19 Dlgs n 546/1992, è suscettibile di essere integrato con la indicazione di
ulteriori atti emessi dalla Amministrazione finanziaria, espressamente
considerati tali da specifiche norme di legge (art. 19 comma 1 lett. i), Dlgs n.
546/92).

Questa Corte ha, peraltro, precisato che la tassatività dell’elenco, deve
intendersi riferita non a singoli provvedimenti nominativamente individuati,
ma alla individuazione di “categorie” di atti considerate in relazione agli
effetti giuridici da quelli prodotti (tra cui predomina la categoria degli atti
di natura impositiva), con la conseguenza che non è impedito all’interprete
—mediante la qualificazione giuridica dell’atto in concreto impugnato, da compiere in
relazione agli elementi funzionali ed agli effetti prodotti- di ricondurre ad una

delle predette categorie anche atti “atipici” od individuati con “nomen
juris” diversi da quelli indicati nell’elenco.

3
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Stef

s. est.
Olivieri

dedotto in giudizio deve sussistere comunque una manifestazione di

E’ stato, pertanto, precisato in proposito che debbono qualificarsi come
avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui
l’Amministrazione comunica al contribuente una “pretesa tributaria”,
ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione
di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività
assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di
liquidazione” o “avviso di pagamento” (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
12194 del 15/05/2008), ed ancora che debbono qualificarsi come avviso di

accertamento anche gli atti di “invito al pagamento” emessi in materia
doganale, tanto in quanto sussiste un interesse attuale del contribuente a
proporre azione di accertamento negativo sulla debenza del tributo, posto
che, ove tale situazione non venisse rimossa, resterebbe legittimata l’azione
esecutiva erariale, con lesione dei diritti soggettivi del contribuente (cfr.
Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 22015 de/ 13/10/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 3918
del 15/02/2008).

Anche la impugnazione di atti emessi dalla Amministrazione finanziaria
se pure non direttamente ricompresi nell’elenco tassativo degli atti tributari
autonomamente impugnabili previsto dall’art. 19 Dlgs n. 546/1992, può
pertanto costituire veicolo di accesso al giudizio tributario, laddove tale atti
risultino comunque idonei a portare a conoscenza “i presupposti di fatto e
le ragioni in diritto” della pretesa impositiva e siano quindi astrattamente
suscettibili a fondare l’interesse alla impugnazione ex art. 100 c.p.c. del
contribuente, trovando giustificazione la applicazione dei criteri di
interpretazione “estensiva” ed analogica delle categorie di atti contenute
nell’elenco tanto nella esigenza di certezza dei rapporti tributari (che
richiede un immediata definizione delle potenziali controversie) quanto nei
principi costituzionali di buon andamento della PA ex art. 97 Cost. e di
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RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

CÒ est.
livieri
Stefan

esecutiva, bensì con un “invito bonario” a versare quanto dovuto, non

effettività del diritto di difesa del cittadino ex art. 24 Cost. (cfr. Corte cass.
Sez. 5, Sentenza n. 21045 del 08/10/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 4513 del
25/02/2009; id. Sez. 5, Sentenza n. 16100 del 22/07/2011; id. Sez. 5, Sentenza n.
7344 de/ 11/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 17010 del 05/10/2012).

1.4 Tanto premesso il “provvedimento di sospensione” emesso dalla
della esecuzione del rimborso alla definizione dell’accertamento di
pregressi debiti tributari della società in funzione della eventuale
compensazione tra i rispettivi crediti, sia se riguardato in relazione alla
condizione di subordinazione del rimborso del credito alla prestazione della
garanzia, è suscettibile di impugnazione per vizi propri trattandosi di
provvedimento riconducibile a categorie di atti autonomamente
impugnabili.

1.5 La “sospensione” del procedimento di esecuzione del rimborso del
credito d’imposta, giustificata dalla esigenza di definire previamente altre
esposizioni debitore fiscali del medesimo contribuente (evidentemente ai fini
della eventuale compensazione dei reciproci crediti), quale misura cautelare

esercitata in via di autotutela dalla PA, rimane assoggettata al principio di
legalità e trova nella specie fondamento nella norma di legge attributiva del
relativo potere che, se originariamente rimaneva circoscritta alla ipotesi
disciplinata dall’art. 38 bis comma 3 Dpr n. 633/72 (la sospensione era
giustificata dalla esigenza della definizione dell’accertamento del fatto-reato relativo
a fatture o documenti contabili illecitamente emessi od utilizzati), attualmente deve

intendersi estesa a qualsiasi violazione tributaria integrante illecito
amministrativo in considerazione della più ampia previsione concernente

anche imposte diverse dall’IVA contenuta nell’art. 23 col Dlgs n. 472/1997

(cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 16535 del 14/07/2010 -che sembra ipotizzare
5
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Stefa

ivieri

Amministrazione finanziaria, sia se riguardato in relazione al differimento

un ambito di applicazione della sospensione generalizzato a qualsiasi pagamento, in
considerazione della qualificazione di illecito tributario ex art. 5 commi 4 e 5 Dlgs n.
471/1997 della indicazioni nella dichiarazione IVA di eccedenze a credito ovvero
della presentazione di richieste di rimborsi per crediti d’imposta non dovuti-).

Tale disciplina normativa, che deve essere considerata speciale rispetto a
quella generale del “fermo amministrativo” di cui all’art. 69 r.d. n.
stessa, un eventuale pagamento dovuto, a salvaguardia dell’eventuale compensazione
legale dello stesso con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che
l’amministrazione abbia, ovvero pretenda di avere, nei confronti del suo creditore:
cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 10199 del 26/06/2003; id. Sez. 5, Sentenza n.
27265 del 20/12/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 23601 del 11/11/2011), prevede

espressamente la autonoma impugnabilità -anche in sede cautelare- del
“provvedimento di sospensione” del rimborso dei crediti d’imposta (cfr.
art. 23co3 Dlgs n. 472/1997 -come modificato dal Dlgs n. 32/2001-: “i
provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, che devono essere notificati…sono impugnabili
avanti la commissione tributaria che può disporre la sospensione…”), atto

tributario che viene, pertanto, ad essere ricompreso nell’elenco tassativo, in
virtù della disposizione di rinvio contenuta nell’art. 19 comma 1 lett. i),
Dlgs n. 546/92. Ad analoga conclusione si perviene anche seguendo
l’orientamento giurisprudenziale minoritario di questa Corte secondo cui la
disciplina speciale della sospensione IVA (art. 38 bis comma 3 Dpr n. 633/72, e
quindi art. 23co 1 Dlgs n. 472/1997) non precluderebbe alla Amministrazione

finanziaria anche l’esercizio del potere di “fermo amministrativo” ex art. 69
r.d. n. 2440/1923, in tal modo legittimata all’esercizio di un generale potere
di sospensione della procedura di rimborso fondato su una mera “ragione di
credito” da opporre al contribuente, e svincolato pertanto dai presupposti

(notifica di atto di contestazione od irrogativo di sanzione) indicati nell’art.
23 Dlgs n. 472/1997 (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 4567 del 05/03/2004 implicitamente, in motivazione-; id. Sez. 5, Sentenza n. 9853 del 05/05/2011
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RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Con st.
Stefan Jivieri

2440/1923 (rivolto a sospendere, in presenza di una “ragione di credito” della P.A.

secondo cui la misura “apprestata dal citato articolo 38 bis garantisce per l’ipotesi
che il credito al rimborso sia insussistente, mentre quella prevista dal citato art. 69,
garantisce la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti
dell’amministrazione”), atteso che anche in tal caso la interpretazione

costituzionalmente orientata all’art. 24 Cost. della norma dell’art. 19 Dlgs
n. 546/92 impone di utilizzare in via ermeneutica la nuova “categoria” del
“provvedimento di sospensione” del rimborso dei crediti d’imposta che è
venuta ad integrare l’elenco tassativo proprio in virtù del combinato disposto dalla
disposizione di rinvio dell’art. 19col lett. i) Dlgs n. 546/92 e dall’art. 23 Dlgs n.
472/1997 come parametro di riferimento per ricomprendervi tutti quegli atti

che per analogia di contenuto dispositivo ed effetti giuridici appaiono
comunque ad essa riconducibili, essendo comunque opportuno ribadire che
nel caso indicato, l’oggetto del giudizio tributario non può essere limitato
esclusivamente ai vizi di legittimità del “provvedimento di sospensione”
ma deve necessariamente essere esteso anche all’accertamento dei fatti
costitutivi del diritto patrimoniale vantato dal contribuente. L’accertamento
di eventuali vizi di legittimità dedotti con la impugnazione di tale atto,
infatti, diversamente dall’annullamento dell’atto impositivo per vizi formali
propri cui consegue in ogni caso il venir meno del titolo della pretesa fiscale non

realizza alcun assetto degli interessi patrimoniali coinvolti nel rapporto
controverso, atteso che il contribuente attraverso la mera rimozione
dell’atto sospensivo non consegue il bene della vita a tutela del quale ha
agito in giudizio, ma rimuove soltanto un ostacolo anteposto
all’accertamento del diritto, non essendo esigibile il credito fintanto che
perdura la efficacia del provvedimento di “sospensione”. Ne segue che la
impugnazione dell’atto di sospensione per vizi di legittimità attinenti la
carenza dei presupposti o delle condizioni cui la legge ne subordina
l’esercizio costituisce la condizione necessaria ma non sufficiente per
integrare l’interesse ad agire del contribuente avanti il Giudice tributario, in
7
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Coì est.
Stefan ‘Olivieri

quanto l’autonoma impugnabilità del!’ “atto sospensivo” si risolve in una
forma di tutela anticipata del diritto al rimborso che, altrimenti potrebbe
essere azionata soltanto dopo la emissione di un atto espresso o tacito
dell’Ufficio avente contenuto “dispositivo” della situazione patrimoniale
riferibile al contribuente (e tale natura di sostanziale diniego di riconoscimento
del credito d’imposta deve riconoscersi anche al “provvedimento di sospensione” contribuente ad un avvenimento futuro ed incerto nell’ “an” e nel “quando”,
determinando un arresto a tempo indeterminato del procedimento di rimborso -cfr.
sul versante della giurisdizione dell’AGA, in ordine alla medesima problematica
degli “atti soprassessorr ,

interruttivi del procedimento amministrativo, ma

immediatamente lesivi dell’interesse del privato: Cons. Stato IV sez. 11.3.1997 n
226; id. VI sez. 9.10.1998 n. 1377; id. VI sez. 11.3.2004 n. 1246-).

Pertanto nel giudizio conseguente alla impugnazione di atto sospensivo
adottato dall’Ufficio finanziario in ordine alla procedura di rimborso del
credito d’imposta in materia IVA:
il contribuente nel ricorso dovrà, da un lato, dedurre i vizi di
legittimità della sospensione (per assenza dei presupposti previsti dagli
artt. 23 Dlgs n. 472/1997, 38 bis Dpr n. 633/1972, art. 69 r.d. n. 2440/1923), e

dall’altro allegare -e dimostrare in caso di contestazione- i fatti
costitutivi del proprio diritto di credito (regolare adempimento degli oneri
formali -possesso delle fatture ed iscrizioni nei registri contabili-; ed ove
espressamente contestato dalla Amministrazione finanziaria, effettiva
realizzazione delle operazioni imponibili che hanno dato luogo al credito
d’imposta)

l’Amministrazione convenuta in giudizio che resista opponendo la
esistenza delle ragioni ostative alla procedibilità del rimborso
(irrogazione di sanzioni pecuniarie ovvero instaurazione di procedimento
penale per fatti di evasione d’imposta; omessa presentazione dei documenti
8
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Co est.
Stefano ivieri

solo apparentemente tale- che subordini il soddisfacimento della pretesa del

integrativi richiesti al contribuente; omesso rilascio delle garanzie cui è
subordinato il rimborso; definizione dei controlli e degli accertamenti relativi
ad eventuali debenze d’imposta del contribuente; sussistenza di “ragioni di
credito” vantante anche da altre Amministrazioni), dovrà, ove non sia in

grado, neppure nel corso del giudizio, di eccepire fatti estintivi o
modificativi della pretesa patrimoniale, allegare e dimostrare che non
divenuto definitivo il controcredito di importo equivalente o superiore
a quello del credito chiesto a rimborso (perchè l’atto irrogativo della
sanzione è stato opposto e penda il relativo giudizio, o sono in corso le
verifiche fiscali che hanno già evidenziato la esistenza di un controcredito e
non sono ancora scaduti i termini di decadenza per l’esercizio della potestà
impositiva, ovvero è stato già notificato un avviso di accertamento o rettifica
ma lo stesso è stato opposto dal contribuente ed il giudizio non è ancora stato
definito) ovvero in quanto i documenti richiesti al contribuente non

corrispondano a quelli eventualmente prodotti e siano effettivamente
indispensabili alla verifica del credito (eccezione che verrà, peraltro, a
costituire oggetto della valutazione in giudizio della prova del credito), o

ancora in quanto la garanzia prestata è insufficiente o non
corrispondente ai requisiti di legge
il Giudice tributario adito, dovrà quindi preliminarmente esaminare i
vizi di legittimità del provvedimento di sospensione in relazione ai
motivi dedotti dal ricorrente, e soltanto nel caso in cui abbia ritenuto
l’atto amministrativo affetto da vizi che ne determinano
l’annullamento, dovrà procedere all’accertamento del diritto di
credito vantato dal contribuente (che dovrà intendersi implicitamente
contestato dalla Amministrazione finanziaria anche nel caso in cui questa si
sia difesa soltanto in ordine alla sussistenza dei presupposti di legittimità della
sospensione e tuttavia continui a rifiutare il pagamento della somma),

diversamente ove ritenga sussistenti le ragioni poste a fondamento
9
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Ste

est.
livieri

può attualmente procedere al rimborso in quanto non è ancora

della sospensione (e dunque accolga la eccezione del fatto impeditivo al
pagamento formulata dalla PA), dovrà rigettare la domanda di rimborso

per attuale inesigibilità del credito.
1.6 Dovendo, pertanto, ritenersi “autonomamente impugnabile” avanti
la Commissione tributaria il provvedimento di sospensione della procedura
accolto il primo motivo, dichiarato assorbito il secondo motivo, con
conseguente cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha
statuito la improponibilità del ricorso introduttivo in quanto non rivolto
contro un atto di accertamento o di liquidazione.

§ II. Con il terzo il quarto ed il quinto motivo che per ragioni di
connessione debbono esaminarsi congiuntamente, il Fallimento della
società ricorrente censura la sentenza di appello
per violazione e falsa applicazione degli art. 21co2 secondo periodo
Dlgs n. 546/1992 , degli artt. 30 e 38 bis Dpr n. 633/72, sostenendo la
ricorrente che il termine biennale di decadenza ha carattere
meramente residuale e sussidiario, sicchè non potrebbe trovare
applicazione nella disciplina dei rimborsi IVA che è compiutamente
definita dagli artt. 30 e 38 bis Dpr n. 633/72 i quali non prevedono
termini di decadenza e dispongono che in caso di cessazione
dell’attività di impresa il contribuente “ha comunque” diritto di
chiedere il rimborso della eccedenza di imposta versata
– per violazione e falsa applicazione degli artt. 2969, 2934 e 2938 c.c.
nonchè dell’art. 21co2 Dlgs n. 546/92, in quanto la CTR avrebbe
erroneamente ritenuto che la Agenzia delle Entrate, nelle
controdeduzioni svolte nella memoria di difesa e costituzione in
10
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

s. est.
Str Olivieri

di rimborso del credito IVA oggetto del presente giudizio, va dunque

primo grado, riferendosi al esigenza di effettuare un “controllo
sostanziale” sulla richiesta di rimborso, avrebbe inteso riferirsi anche
alla verifica delle decadenza dal diritto con ciò introducendo tale
eccezione nell’oggetto del giudizio
per violazione e falsa applicazione degli artt. 354c.p.c. e 57 Dlgs n.
546/92 , e dell’art. 21co2 Dlgs n. 546/92, avendo la CTR ritenuto
volta in grado di appello dalla Agenzia fiscale con i motivi di
gravame, sebbene si trattasse di eccezione nuova e come tale da
dichiarare inammissibile.

II.1 H quinto motivo è infondato, rimanendo assorbito in tale pronuncia
l’esame del quarto motivo.

11.3 Come ripetutamente affermato da questa Corte

“il giudizio

tributario, anche in base alla disciplina dettata dagli artt. 18, comma
secondo, 19 e 24, comma secondo, D.Lgs. n. 546 del 1992, è caratterizzato
da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla
verifica della legittimita’ della pretesa effettivamente avanzata con l’atto
impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso atto
indicati ed ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse
dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso
introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto
processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti” (cfr.
Corte cass. V sez. 18.6.2003 n. 9754; id. 2.4.2007 n. 8182; id. 3.8.2007 n. 17119;
Corte cass. SU 23.12.2009 n. 27209).

Nel contenzioso tributario, pertanto, costituisce eccezione in senso stretto
lo strumento processuale attraverso il quale si fa valere un fatto giuridico
11
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Con
t
Stefano O vieri

ammissibile la eccezione di decadenza biennale proposta per la prima

avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa fiscale, (cfr. Corte
cass. V sez. 11.7.2002 n. 10112), non potendo al contrario essere considerata
tale -e non comportando pertanto il divieto di sollevare eccezioni nuove in appello,
posto dall’art. 57 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.546- la deduzione, in grado di
appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a
sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice della inesistenza dei fatti

15546, con riferimento alla posizione del contribuente), ovvero, specularmente, in

quanto volte alla mera contestazione -da parte dell’Amministrazione
finanziaria- delle censure mosse dal contribuente all’atto impugnato -con il
ricorso introduttivo- ed alle quali rimane quindi circoscritta la indagine
rimessa al giudice.
Se dunque la norma dell’art. 57 co2 Dlgs n. 546/1992 invocata dal
ricorrente comporta esclusivamente la preclusione delle eccezioni “nuove”
e cioè di quelle eccezioni che si risolvono in “mutamento, in secondo

grado, degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa” con
conseguente ampliamento del “thema decidendum” (cfr. Corte cass. V sez.
3.5.2002 n. 6347 -che esclude dal divieto di “ius novorum” le domande ed eccezioni

con le quali si prospetti una “diversa qualificazione giuridica del rapporto dedotto
in giudizio in relazione -agli elementi materiali della fattispecie- gia’ acquisiti al
processo”-), ne segue che, avuto riguardo all’oggetto del contendere come

definito dal ricorso in primo grado (avente ad oggetto la illegittimità del
provvedimento di sospensione ed il riconoscimento del diritto al rimborso), non
rimangono soggette al divieto di “jus novorum” le eccezioni rilevabili
anche “ex officio” in ogni stato e grado in quanto inerenti agli elementi
costitutivi della fattispecie controversa individuati nei fatti acquisiti al
giudizio, tale essendo nella specie la eccezione di decadenza del diritto di

credito vantato dal contribuente nei confronti della Amministrazione
finanziaria.
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ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

C
Ste

est.
ivieri

costitutivi del diritto dedotto in giudizio (cfr. Corte cass. V sez. 12.8.2004 n.

Ed infatti , per costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte,
in tema di contenzioso tributario, la decadenza nella quale il contribuente
sia incorso per mancato rispetto dei termini per richiedere il rimborso di un
tributo pagato per “errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o
parziale dell’obbligazione”, è rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame
e di legittimità, salvo che si sia già formato sul punto il giudicato interno,
potendo neppure l’amministrazione disporre, con la conseguenza che la
decadenza può essere rilevata di ufficio, ai sensi dell’art. 2969 cod. civ.,
trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, per tale
ritenendosi non soltanto quella che riguarda i diritti indisponibili, ma anche
quella disciplinata da un regime legale che escluda qualsiasi potere di
disposizione delle parti, nel senso che esse non possono derogarvi,
rinunciarvi o comunque modificarlo (cfr. Corte cass. V sez. 14.1.2011 n. 791,
in materia di imposte sui redditi con riferimento al termine di cui all’art. 38, primo
comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; Corte cass. V sez. 21.6.2004 n.
11521; id. V sez. 20.3.2006 n. 6207; id. V sez. 25.1.2008 n. 1605; id. V sez.
27.5.2009 n. 12386; id. V sez. 19.6.2009 n. 14378 che ribadiscono il consolidato

principio secondo cui « in materia tributaria, la decadenza dell’Amministrazione
finanziaria dall’esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto
stabilita in favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, in materia di diritti da
questo disponibili, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere
dedotta dal contribuente in sede giudiziale, mentre la decadenza del contribuente
dall’esercizio di un potere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria,

in

quanto stabilita in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni da questa non
disponibili -perché disciplinata da un regime legale non derogabile, rinunciabile o
modificabile dalle parti- è rilevabile anche d’ufficio”, salvo il limite del giudicato
interno formatosi in conseguenza di una pronuncia esplicita o implicita assunta nel
precedente grado di giudizio).

13
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

est.
S fano livieri

essendo quei termini dettati per finalità di interesse pubblico e di essi non

11.4 Diviene pertanto del tutto irrilevante procedere all’esame del quarto
motivo, atteso che, indipendentemente dalla correttezza o meno della esatta
od errata individuazione dell’effettivo tenore delle difese svolte in primo
grado dalla Amministrazione finanziaria in punto di eccezione di
decadenza, i Giudici di appello -a ciò sollecitati dalla Agenzia appellanteerano comunque tenuti a rilevare di ufficio l’eventuale decadenza dal diritto

11.5 H terzo motivo è fondato.
11.6 Occorre premettere che l’atto tributario impugnato è il
provvedimento in data 15.7.2004 della Agenzia delle Entrate, notificato alla
società contribuente in data 26.7.2004 e da questa opposto con ricorso in
data 29.11.2004, con il quale è stata comunicata la sospensione del
rimborso IVA in attesa della definizione di posizioni debitorie tributarie
della società, salvo che quest’ultima avesse prestato idonea garanzia.
Come è dato desumere dalla descrizione dei fatti riportata nella sentenza
di appello e negli atti delle parti, la società COBRAF:
– nella dichiarazione IVA relativa all’anno 1992 “denunciava” un
credito di imposta di lire 196.946.000
nel successivo anno 1993 ometteva di presentare dichiarazione
annuale IVA
con sentenza del Tribunale di Nola in data 24.2.1995 veniva
dichiarata fallita
nella dichiarazione presentata dal curatore fallimentare per l’anno
1994 veniva esposto erroneamente un credito di imposta pari a zero
con istanza consegnata alla Agenzia delle Entrate in data 11.2.2002 il
nuovo curatore fallimentare chiedeva il rimborso del credito indicato

14
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

al rimborso.

nella dichiarazione relativa all’anno 1992, che erroneamente non era
stato riportato nelle dichiarazioni successive
– atteso il “silenzio” della Amministrazione, il curatore sollecitava il
rimborso, con nota in data 16.6.2004, che veniva riscontrata dalla
Agenzia delle Entrate con il provvedimento di sospensione

Il nucleo della decisione di appello, in punto di decadenza dal diritto al
rimborso, è dato dalla costatazione in fatto secondo cui “non risulta agli
atti che la società all’epoca in bonis, abbia presentato domanda ai sensi
degli artt. 30 e 38 bis del Dpr n 633/72 … …per cui si è verificata la
decadenza.. .per far valere la propria pretesa, il cui primo atto è la
richiesta de/febbraio 2002″ (cfr. sentenza CTR , motiv. pag. 6).
11.7 Tale statuizione incorre nel vizio denunciato.
11.8 Deve infatti condividersi l’orientamento giurisprudenziale di questa
Corte, espresso M. numerosi precedenti, che riconduce alla mera
presentazione della dichiarazione annuale IVA l’effetto impeditivo della
decadenza biennale in quanto con la compilazione dell’apposito quadro
contenente la esposizione del credito d’imposta il contribuente viene ad
esercitare il proprio diritto al rimborso, con la conseguenza che a seguito di
tale adempimento non è richiesta la successiva presentazione di una
ulteriore istanza di rimborso -soggetta a termine di decadenza- atteso che la
redazione del modello approvato con decreto ministeriale, ai sensi dell’art.
38 bis Dpr n. 633/72, e l’osservanza delle formalità disposte nel medesimo
decreto, attengono esclusivamente alla fase esecutiva della procedura di
rimborso e non incidono in alcun modo sulla spettanza del credito (correlata
alla dimostrazione dei relativi fatti costitutivi, ove contestati dall’Ufficio) e sul 15
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

C
Stefan

est.
wieri

impugnato avanti la Commissione tributaria dalla contribuente.

tempestivo- esercizio del diritto al rimborso del credito che, una volta
richiesto a rimborso nella dichiarazione annuale IVA, rimane assoggettato
soltanto all’ordinario termine di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.
(cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 15229 del 12/09/2012 secondo cui”
La domanda di rimborso dell’IVA o di restituzione del credito d’imposta maturato
dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella
analogamente a quanto

avviene in materia di imposte dirette, ed in linea con la Sesta Direttiva CEE, per la
quale il diritto al ristoro dell’IVA versata “a monte” è principio basilare del sistema
comunitario, per effetto del principio di neutralità, mentre la presentazione del
modello di rimborso costituisce esclusivamente presupposto per l’esigibilità del
credito e, quindi, adempimento necessario solo per dare inizio al procedimento di
esecuzione del rimborso. Ne consegue che, una volta manifestata in dichiarazione la
volontà di recuperare il credito d’imposta, il diritto al rimborso, pure in difetto
dell’apposita, ulteriore domanda, non può considerarsi assoggettato al termine
biennale di decadenza previsto dall’art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e,
oggi, dall’art. 21, comma secondo, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ma solo a quello
di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 cod. civ.”; id. Sez. 5, Sentenza n.

7684 del 16/05/2012 secondo cui “deve tenersi distinta la domanda di rimborso
o restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già

presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro “RX4”,

che

configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione altresì del modello
“VR” che costituisce, ai sensi dell’art. 38-bis, comma primo, del d.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, presupposto per l’esigibilità del credito

e dunque adempimento

necessario solo a dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso; ne
consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al
rimborso con la compilazione del quadro “RX4”, la presentazione del modello “VR”
non può considerarsi assoggettata al termine biennale di decadenza previsto dall’art.
21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ma solo a quello di prescrizione
ordinario decennale ex art. 2946 cod. civ.”).

Tale indirizzo, dal quale il

Collegio non ha motivo di discostarsi, trova fondamento nel rilievo per cui
il fatto generatore del diritto al rimborso, avuto riguardo al regime
16
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Corp st.
ivieri
Stefan

dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito,

dell’IVA, deve essere ravvisato nella esecuzione di operazioni imponibili
(venendo in essere il credito nel momento stesso in cui la imposta diviene esigibile, e
dunque normalmente nel momento in cui viene realizzata la operazione ed emessa la
fattura), dovendo ravvisarsi, pertanto, nella indicazione del credito di

imposta nella dichiarazione, l’esercizio da parte del contribuente di un
diritto patrimoniale già insorto (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 10808 del

11.9 Deve, quindi, ritenersi non conforme a diritto la statuizione della
CTR secondo cui la società sarebbe incorsa nella decadenza biennale di cui
all’art. 21co2 Dlgs n. 546/92 in quanto non avrebbe fatto seguire alla
esposizione del credito d’imposta nella dichiarazione relativa all’anno
1992, la domanda dai sensi degli arti. 30 e 38 bis Dpr n. 633/72
“rispettando le formalità dallo stesso decreto previste” , in quanto la
decadenza risultava in ogni caso impedita proprio dalla richiesta di
rimborso formulata con la stessa dichiarazione annuale IVA, e la
prescrizione ordinaria non era ancora maturata alla data 11.2.2002 di
presentazione della richiesta di pagamento della somma indicata nelle
predetta dichiarazione fiscale (atto cui deve riconoscersi effetto interruttivo
della stessa prescrizione), né alla data di introduzione del giudizio avanti il
Giudice tributario.
11.10 Tale conclusione rende irrilevante assumere posizione in ordine
alla applicabilità o meno del termine biennale di decadenza ex art. 21co2
Dlgs n. 546/1992 anche alle istanze di rimborso della imposta versata in
eccedenza presentate dai soggetti passivi che abbiano cessato l’attività ed ai
quali, pertanto, è preclusa la opzione dell’alternativa tra detrazione della
eccedenza e rimborso del credito alle condizioni previste dall’art. 30 Dpr n.
633/72, questione sulla quale peraltro si rilevano contrastanti pronunce di
17
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

Coì. est.
Stefa Olivieri

28/06/2012).

questa Corte, entrambe fondate sul presupposto che il carattere residuale e
sussidiario del termine di decadenza previsto dall’art. 21co2, secondo
periodo, Dlgs n. 546/1992 (“la domanda di restituzione, in mancanza di
disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento,
ovvero se posteriore dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la
restituzione”) ne consente l’applicazione tutte le volte in cui, in materia di

rimborsi restituzioni di indebito tributario indipendentemente dalla natura e dal
tipo di imposta , non sia espressamente previsto un diverso termine di

decadenza, ma, secondo un primo indirizzo -che appare minoritario-, il
sistema dei rimborsi IVA delineato dagli artt. 30 e 38 bis Dpr n. 633/72
prevede il principio di alternatività tra la detrazione -ex art. 19 Dpr n.
633/72- della eccedenza IVA nell’anno successivo ed il rimborso del
credito, esposto nella dichiarazione annuale, che se richiesto all’atto di
presentazione della dichiarazione annuale può essere erogato soltanto nei
casi ed alle condizioni previste dai commi 3 e 4 dell’art. 30 Dpr n. 633/72,
venendo ulteriormente specificato (al comma 2 dell’art. 30) che, in caso di
cessazione dell’attività, il contribuente

che non ponendo in essere nuove

operazioni imponibili non può evidentemente portare più in detrazione la eccedenza
nel successivo anno ha “comunque” il diritto di richiedere il rimborso di tale

eccedenza, venendo intesa la forma avverbiale “comunque” in relazione
sintattica complementare con la proposizione immediatamente precedente,
secondo cui “il contribuente ha diritto… di chiedere il rimborso nelle
ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di
attività”, e cioè indipendentemente dal ricorso delle condizioni indicate nel
comma 3 e 4 dell’art. 30 (in tal senso, con specifico riferimento alla ipotesi di
cessazione dell’attività, si è espressa questa Corte con le sentenze V sez. 16.9.2011
n 18915 e Sez. 5, Sentenza n. 12433 del 08/06/2011, nonché con la sentenza V sez.
16.9.2011 n. 18920, queste ultime due con riferimento ad un caso di presentazione

della domanda di rimborso “non conforme al modello ministeriale” o comunque non
conforme alla “procedura prevista dagli artt. 30 e 38 bis Dpr n. 633/72”), mentre,
18
RG n. 17640/208
ric. Fall.COBRAF s.a.s. c/Ag.Entrate

C
t.
Stefa’hm Olivieri

SESINTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D ?R. 2/196
N. 5
N. 131 TAB. ALL
Tkl.:31;1′.kklA
MATEXIA

secondo un diverso indirizzo, la cessazione dell’attività, facendo venire
meno la alternatività tra detrazione e rimborso, sottrarrebbe l’unico
richiesto di rimborso possibile alla applicazione del termine di decadenza,
residuando l’applicazione soltanto del termine ordinario di prescrizione ex
art. 2946 c.c. (cfr. Corte cass. V sez. 8.4.2003 n. 5486 cui adde V sez. 23.4.2010
n. 9794; id. V sez. 15.12.2010 n. 25318; id. V sez. 24.6.2011 n. 13920; id. V sez.
23580).

§ III. In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto al primo e
terzo motivo, la sentenza impugnata va in conseguenza cassata e, non
occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere
decisa nel merito ai sensi dell’art. 384co2 c.p.c. con l’accoglimento del
ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente e la condanna della
Agenzia fiscale alla rifusione delle spese di lite come liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte :
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugna e, decidendo nel merito,
accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente e condanna
l’Agenzia fiscale alla rifusione delle spese del presente giudizio che si
liquidano in € 10.000,00 per compensi professionali oltre gli accessori di
legge.
Così deciso nella camera di consiglio 20.5.2013

DEPOSITATO IN CANCELLER1A

2. a A60. 2013

16.5.20102 n. 7684 e n. 7685; id. V sez. 5.7.2012 n. 14070; id. V sez. 20.12.2012 n.

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