Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19755 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2019, (ud. 05/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.N.G., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per procura in calce al

ricorso, dall’avv. Claudio Santarossa, che dichiara di voler

ricevere le comunicazioni relative al processo alla p.e.c. (OMISSIS)

e al fax n. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

R.L.A., elettivamente domiciliata in Roma, via

Francesco Orestano 21, presso l’avv. Fabio Pontesilli ((OMISSIS),

fax (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avv. Silvia Querini (fax

(OMISSIS); p.e.c. (OMISSIS)), per mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 191/17 della Corte di appello di Trieste

emessa il 21.12.2016 e depositata il 23.3.2017 R.G. n. 310/2016;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Giacinto Bisogni.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Nel giudizio promosso dal sig. D.N.G. per lo scioglimento del matrimonio contratto il 5 aprile 1997 con la sig.ra R.L.A. il Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 217/2016, ha posto a carico del marito un assegno divorzile di 327.08 Euro rivalutabili annualmente secondo indici ISTAT.

2. Ha proposto appello il sig. D.N. chiedendo la revoca dell’assegno per essere entrambi i coniugi economicamente autosufficienti.

3. La Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 191/2017 ha ridotto da 327,08 a 250 Euro l’assegno di divorzio compensando per un quarto le spese del giudizio di primo e secondo grado e ponendo la quota residua a carico del D.N..

4. D.N.G. ricorre per cassazione rilevando con il primo motivo che la Corte di appello ha deciso in relazione all’assegno di divorzio applicando il criterio della sua finalità al mantenimento tendenziale del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, criterio superato dalla pronuncia di questa Corte n. 11504 del 10 maggio 2017 secondo la quale il criterio da seguire per il riconoscimento e la quantificazione del diritto all’assegno divorzile è quello del raggiungimento della indipendenza economica del coniuge richiedente. Con il secondo motivo il ricorrente censura quindi la decisione impugnata per omesso esame della reale situazione economica della richiedente che avrebbe dovuto provare in base alla citata sentenza n. 11504/2017 di non avere mezzi adeguati a garantirle l’autosufficienza economica e di non poterseli procurare per ragioni oggettive.

5. Si difende con controricorso R.L.A..

Diritto

RITENUTO

CHE:

6. I due motivi di ricorso possono essere esaminati unitariamente per la loro evidente connessione. La Corte è infatti chiamata ad accertare se l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno di divorzio, nel caso in esame, sia conforme alla giurisprudenza di legittimità che, come è noto, dopo la sentenza n. 11504 del 2017 si è arricchita della pronuncia delle Sezioni Unite Civili n. 18287 dell’11 luglio 2018).

7. Con quest’ultima pronuncia si è affermato che il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

8. Nel caso in esame la decisione della Corte di Appello triestina deve essere confermata perchè ha seguito le prescrizioni della recente sentenza delle Sezioni Unite riconoscendo alla sig.ra R. con valutazione di merito sottratta al sindacato di legittimità un assegno di divorzio pari a quello fissato dalle parti, in sede di separazione consensuale, a titolo di contributo al mantenimento della sig.ra P.. Il riscontro della motivazione della Corte di appello consente di smentire le deduzioni del ricorrente secondo cui i giudici dell’appello non hanno tenuto conto delle effettive capacità reddituali e delle risorse patrimoniali della richiedente. La Corte di appello, oltre a rilevare una disparità di risorse economiche, da parte del D.N. e della R. ha infatti rilevato che quest’ultima è priva di capacità lavorative specifiche che comunque impiega svolgendo attività saltuaria di badante e di baby sitter, l’unica compatibile con la sua età, la sua formazione lavorativa e il mercato del lavoro nella regione in cui vive. Da tale attività la R. ritrae un reddito non costante e comunque insufficiente a garantirle un livello di vita che la elevi al di sopra del livello di dignità e autosufficienza se si tiene conto della stima, operata dal Tribunale e considerata corretta dai giudici del gravame, del reddito medio ritraibile dalla predetta attività lavorativa saltuaria. Sebbene la Corte di appello faccia riferimento al criterio del tenore di vita che non risulta più attuale, anche dopo la pronuncia delle Sezioni Unite del 2018, tuttavia l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, è stata comunque accertata secondo valutazioni e risultati che la rendono compatibile con i criteri indicati dalla sentenza delle Sezioni Unite. Così come pienamente compatibile con le indicazioni della giurisprudenza di legittimità appare la determinazione dell’entità dell’assegno in misura inferiore rispetto a quella del primo grado ma che la Corte di appello ha ritenuto comunque sufficiente a elevare il reddito della R. a un livello adeguato secondo una valutazione che questo Collegio ritiene rispondente all’indicazione dei criteri equiordinati di cui alla prima parte della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6, in quanto la Corte di appello ha preso in considerazione anche volontà espressa dalle parti in sede di separazione consensuale quanto alla determinazione dell’assegno di mantenimento.

9. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.

Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 5 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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