Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19752 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19752 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

Data pubblicazione: 28/08/2013

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 24108 del ruolo generale
dell’anno 2008, proposto
da
Smavit s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato a
margine del ricorso, dagli avvocati Giuseppe Tinelli e
Giovanni Contestabile, presso lo studio dei quali in
Roma, alla via delle Quattro Fontane, n. 15,
elettivamente domicilia
ricorrentecontro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore,

rappresentato e difeso

ope legis

dall’avvocatura dello Stato, presso gli uffici della

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Angelina-

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quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
-controricorrente

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del
Lazio, sezione 10 0 , depositata in data 14 novembre 2007, numero 203/10/07;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 14 maggio

uditi per la società l’avv. Giovanni Contestabile e per l’Agenzia delle entrate
l’avvocato dello Stato Bruno Dettori;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Federico
Sorrentino, che ha concluso per il rigetto del ricorso
Fatto

La s.p.a. Merloni Termosanitari dapprima cedette a s.p.a. Smavit l’azienda
sita in Vitorchiano, concernente la produzione industriale di vasche in acciaio,
piatti doccia, lavabi e vasi alla turca e successivamente concluse con la
medesima società contratti di cessione aventi ad oggetto parte delle merci
giacenti presso il deposito dello stabilimento di Vitorchiano.
A seguito della contabilizzazione delle fatture delle vendite delle merci, la
s.p.a. Smavit esercitò il diritto di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto che
era stata liquidata sui relativi corrispettivi e addebitata in via di rivalsa dalla
cedente Merloni Termosanitari.
L’Agenzia delle entrate, tuttavia, recuperò a tassazione l’Iva, reputandola
indebitamente detratta, in quanto riguardante la vendita delle scorte di
magazzino afferenti al complesso aziendale oggetto della precedente cessione
d’azienda; vendita che, in conseguenza, doveva seguire il regime della cessione
d’azienda e quindi scontare l’imposta di registro. Di qui la notifica di avviso di
accertamento che escludeva la detraibilità dell’iva in relazione alle fatture in
questione.
A seguito d’impugnazione dell’avviso, la Commissione tributaria
provinciale respinse il ricorso, con sentenza che la Commissione tributaria
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2013 dal consigliere Angelina-Maria Penino;

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regionale ha confermato, reputando, per un verso, del tutto irrilevante la
discrasia fra le risultanze del verbale di udienza ed il testo della sentenza di
primo grado e valorizzando, per altro verso, nel merito, l’assenza di un’espressa
volontà di esclusione delle scorte dal compendio aziendale trasferito col primo
contratto.
Ricorre la società per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il

ricorso a sette motivi, che illustra con memoria depositata ex articolo 378 del
codice di procedura civile.
Replica l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Diritto
/.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° comma,

numero 5, c.p.c., la società si duole dell’omessa motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, esponendo che, sebbene essa abbia
evidenziato che il contrasto tra il dispositivo scritto e sottoscritto dal presidente
del collegio in esito alla deliberazione ed il testo della sentenza poi pubblicata
non consentisse di conoscere l’effettiva volontà del collegio, la commissione
tributaria regionale si è limitata a constatare la circostanza del contrasto, senza
dare risposta alla censura mossa.
1. L-11 motivo, che presenta profili d’inammissibilità, in quanto non è
corredato di un quesito di fatto compiutamente espresso, pur essendo la sentenza
impugnata soggetta al regime dell’articolo 366bis del codice di procedura civile
(l’esposizione del motivo si conclude, in maniera alquanto ellittica, con
l’osservazione che <>, senza specificare contenuto della statuizione e

consistenza della difformità), è comunque infondato.
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1.2.-La Commissione tributaria regionale ha esaminato i fatti evidenziati ed

ha ritenuto che <>.
La norma con ogni evidenza riflette la più antica e tradizionale concezione
dell’azienda come oggetto unitario della vicenda traslativa, ovvero come unitaria
realtà economica; e la commisurazione del tributo al «valore complessivo dei
beni che la compongono>>, e non già al valore dei singoli beni e rapporti
trasferiti, implica la necessità di assumere ad elementi della base imponibile
anche i beni ed i rapporti diversi da quelli formalmente oggetto del contratto di
cessione d’azienda, se comunque afferenti all’azienda ceduta ed oggetto della
complessiva regolamentazione attuata.
5. /.-Poiché, si è visto, l’imposta di registro ha per oggetto il negozio
giuridico e non l’atto documentale, essa richiede l’interpretazione unitaria del
negozio, anche se frazionata in atti distinti. La prevalenza della natura intrinseca
dell’atto e dei suoi effetti giuridici sul suo titolo e sulla sua forma apparente,
vincolando l’interprete a privilegiare, nell’individuazione della struttura del
rapporto giuridico tributario, la sostanza sulla forma, comporta la necessità di
verificare se sia configurabile

<> (Cass. 25 febbraio 2002, n. 2713); di
qui la conseguenza che «l’incorporazione in un solo documento di una sola
dichiarazione negoziale ad effetto giuridico unico, l’incorporazione in un solo
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documento di più dichiarazioni negoziali, produttive di effetti giuridici distinti e
l’incorporazione in documenti diversi di dichiarazioni negoziali miranti a
realizzare, attraverso effetti giuridici parziali, un unico effetto giuridico finale
traslativo, costitutivo o dichiarativo costituiscono tecniche operative alternative
per i contribuenti, che si trovano, però, dinanzi ad una sola e costante
qualificazione giuridica formulata dal legislatore tributario: la sottoposizione
ad imposta di registro del loro atto o dei loro atti in base alla natura dell’effetto

Né si può argomentare, in senso contrario, dalla natura d’imposta d’atto del
tributo di registro, dovendo essere tale espressione intesa, come dinanzi
rimarcato, nel senso della necessità della commisurazione del tributo agli effetti
giuridici degli atti sottoposti a registrazione.
6.- Una così ampia nozione di azienda è d’altronde pienamente coerente,

contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente col terzo motivo, con la
disciplina comunitaria dell’azienda nel sistema dell’iva: l’articolo 5, numero 8,
della sesta direttiva iva (riprodotto dall’articolo 19 della direttiva 2006/112/CE)
prevede che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o sotto forma di
conferimento ad una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati
membri «possono considerare l’operazione come non avvenuta e che il
beneficiario continua la persona del cedente» e la giurisprudenza comunitaria
specifica che, a tal fine, il trasferimento di un’azienda o di un suo ramo
corrisponde al trasferimento dell’insieme di beni, materiali e immateriali, che
«complessivamente costituiscono un’impresa o una parte d’impresa idonea a
continuare un’attività economica autonoma…» (Corte giust. 10 novembre
2011, C-444/10, Cristel Schriever, che ha ricompreso nel trasferimento
d’azienda, in quanto tale non assoggettabile ad iva, la cessione dello stock di
merci e dell’attrezzatura di un negozio). E questa nozione d’azienda si specchia
nelle definizioni di azienda utili ai fini della direttiva 69/335/CE in tema di
raccolta di capitali (articolo 7, numero 1, lettera b) nonché della direttiva
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giuridico finale dei loro comportamenti, semplici o complessi che essi siano».

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434/90/CE, relativa al regime da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai
conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati
membri diversi (articolo 2, lettera i).
7.-La corretta soluzione della questione è dunque affidata all’applicazione
dei canoni ermeneutici volti all’individuazione della reale operazione economica
perseguita, risultando irrilevanti gli argomenti affidati alla ratio di contrasto
dell’elusione, specificamente contestati col quarto e col settimo motivo.

A sostegno del frazionamento in più atti di un’unitaria operazione possono
infatti esservi ragioni fisiologiche e non solo patologiche, senza che ciò escluda
la configurabilità di un’operazione unitaria ai fini dell’assoggettabilità
all’imposta di registro.
7. /.-Sul piano generale, va chiarito, la ravvisabilità dell’elusione comporta

l’inopponibilità della costruzione giuridica operata dalle parti, in ragione
dell’indebito risparmio d’imposta, di modo che il legislatore consente
all’amministrazione di non riconoscere gli effetti giuridici voluti dalle parti: di
contro, nel caso in esame, occorre ricostruire ed apprezzare pienamente
l’oggettiva intenzione delle parti, determinandone, di conseguenza, gli effetti
giuridici, rilevanti sul piano tributario.
8.- Accertare quale sia, secondo la volontà dei contraenti, l’oggetto specifico
del contratto, allo scopo di stabilire se quei determinati beni siano stati
considerati nella loro autonoma individualità o non piuttosto nella loro unitaria e
strumentale funzione, sì da comportare al tempo stesso l’alienazione
dell’azienda cui essi si ricollegano, è tipico giudizio di fatto; giudizio riservato
al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di
violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o di motivazione
inadeguata ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico
seguito per giungere alla decisione (principio pacifico. Vedi, fra molte, Cass. 12
gennaio 2010, n. 259).

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8. /.-Si è dinanzi specificato che la nozione di cessione d’azienda assunta ai
fini dell’imposta di registro induce ad affermare la centralità dell’elemento
funzionale, ossia del legame fra singolo elemento aziendale ed impresa, che
conferisce l’attributo aziendale ai singoli elementi. Ne deriva che soltanto il
bene che non può considerarsi funzionale all’esercizio dell’impresa condotto
con quell’azienda o che la volontà delle parti esclude dalla fattispecie negoziale,
potrà allora essere considerato autonomamente; in caso contrario, l’imposizione

non potrà essere frazionata e la fattispecie negoziale sarà considerata fiscalmente
come cessione d’azienda, indipendentemente dal fatto che il bene sia stato
esplicitamente o implicitamente previsto nel negozio giuridico di cessione. Sul
punto, ha precisato la Corte, <<...qualora siano stati stipulati, anche in tempi diversi, più atti di cessione di beni facenti parte di un'azienda, il giudice tributario di merito, per verificare se l'intenzione effettiva dei contraenti sia quella di trasferire non già il singolo bene, ma l'intero complesso aziendale o parte di esso - situazione che rende applicabile l'imposta di registro in misura proporzionale- deve riunire tutte le cause aventi ad oggetto i contratti riguardanti i singoli beni e valutare congiuntamente le pattuizioni stipulate, anche non contestualmente, a prescindere dalla sussistenza o meno di un intento elusivo...>> (Cass. 16 aprile 2010, n. 9162). E per quest’aspetto, va rilevato,
l’interpretazione ai fini tributari si specchia in quella utile ai fini civilistici: ha
precisato al riguardo la Corte che <>(Cass. 15
maggio 2006, n. 11130); con la conseguenza che l’elencazione dei beni, se può
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essere influente per la prova della consistenza del complesso produttivo in un
certo momento, non è indispensabile per l’individuazione del bene-azienda
(Cass. 21 gennaio 2004, n. 877).
8.2.-Nel caso in esame, per un verso, è pacifico tra le parti che i beni ceduti
successivamente al contratto di cessione d’azienda fossero le scorte di
magazzino afferenti al compendio aziendale in questione; e le giacenze o scorte
di magazzino (iscritte nello stato patrimoniale alla voce dell’attivo circolante

materie prime, semilavorati, prodotti finiti e merci, giusta l’articolo 2424 del
codice civile) costituiscono di norma “beni a servizio della impresa” e dunque, a
tutti gli effetti, beni appartenenti al complesso aziendale (espressamente in
termini, Cass. 6 ottobre 2011, n. 20443).
È dunque indubbio il legame funzionale dinanzi indicato.
8.3.-Per altro verso, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che la
cessione d’azienda comprendesse anche le scorte di magazzino cedute dopo
pochi giorni, facendo leva sulla mancanza di una chiara ed espressa volontà di
escludere queste merci dal contratto di cessione.
Sul punto la critica della società, espressa soprattutto col secondo e col
quinto motivo di ricorso, che fa leva sull’operata esclusione, è insufficiente.
8.4.-E ciò in quanto, nel nostro caso, indubitabilmente manca nel contratto di

cessione d’azienda un’espressa esclusione delle scorte di magazzino dal
compendio aziendale trasferito: l’unica espressa esclusione concerne gli
immobili.
In particolare, l’esclusione delle scorte non si legge nella clausola 1.2.
invocata dalla società, che, invece, secondo il testo indicato in ricorso, si
riferisce a<>, là dove il contenuto

dell’inventario non è trascritto né comunque riportato.
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8.5.-L’inerenza delle scorte di magazzino al compendio aziendale e la
circostanza che la critica della società non riesce ad infirmare l’affermazione
della sentenza impugnata secondo cui esse non sono state escluse dalla cessione
escludono per conseguenza ogni rilevanza alla condotta successiva delle parti,
alla fine espressa con le separate vendite assoggettate ad iva, in relazione alla
quale la ricorrente ha esercitato il diritto di detrazione; condotta sulla quale
puntano, in particolare, i due motivi in esame.

8.6.-Difatti, costituisce questione di merito, rimessa al giudice competente,
valutare il grado di chiarezza della clausola contrattuale, ai fini dell’impiego
articolato dei vari criteri ermeneutici (Cass. 15 marzo 2005, n. 5624); e, in
particolare, è corretto il procedimento ermeneutico seguito dal giudice di merito
che, ritenuto che le espressioni adoperate dalle parti facciano emergere in modo
immediato la loro comune intenzione, si arresti e non faccia ricorso agli ulteriori
criteri ermeneutici, compreso quello che attribuisce rilevanza al comportamento
delle parti successivo alla stipulazione (Cass. 20 agosto 2002, n. 12268; in
termini, tra altre, Cass. 19 ottobre 2009, n. 22124).
8. 7.-Ed è significativo, infine, che, in una fattispecie similare a quella oggi in
esame, la Corte (Cass. 24 gennaio 1997, n. 753) abbia ritenuto, ai fini tributari,
che <

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