Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19751 del 27/09/2011

Cassazione civile sez. II, 27/09/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 27/09/2011), n.19751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMMOBILIARE ANASTASIO II SRL (OMISSIS) in persona del suo

Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore Sig. R.

A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9,

presso lo studio dell’avvocato MARTUCCELLI CARLO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente-

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS) in persona

dell’Amministratore RAG. C.R., elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNG.RE FLAMINIO 66, presso lo studio

dell’avvocato A.N., anche in proprio C.F.

(OMISSIS) che le rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

V.R., A.F., P.P., P.

S., P.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4439/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato MARTUCELLI Carlo, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi alle difese depositate;

udito l’Avvocato A.N., difensore dei resistenti che si

riporta anch’egli;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il condominio di via (OMISSIS), e i condomini A. N., V.R., A.F., P.F., P.P. e P.S., premesso che l’Immobiliare Anastasio II s.r.l., proprietaria di due porzioni immobiliari, una costituita da un vano terreno avente accesso autonomo da via (OMISSIS), l’altra rappresentata da un vano sotterraneo, e sottostante al primo, avente accesso dall’androne del condominio stesso, aveva realizzato una scala interna di comunicazione tra i due fondi aprendo una breccia nel muro maestro, abbassato il pavimento del piano scantinato per poterlo destinare a scopi commerciali e coperto un’area cortilizia mediante infissione di travi in un muro perimetrale dell’edificio condominiale; tanto premesso, convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la predetta società, chiedendo che fosse condannata alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede.

La società convenuta resisteva in giudizio e domandava in via riconvenzionale la condanna degli attori ad eliminare abusi edilizi suscettibili di pregiudicare estetica e integrità dell’edificio condominiale.

Il Tribunale accoglieva la sola domanda principale diretta a riprodurre la situazione preesistente della pavimentazione interna del locale sotterraneo, rigettando ogni altra domanda.

Sull’appello principale del Condominio e di A.N., e incidentale dell’Immobiliare Anastasio II, la Corte d’appello di Roma riformava in parte la sentenza di primo grado, condannando la predetta società alla rimessione in pristino mediante eliminazione della scala interna di accesso che poneva in comunicazione il piano interrato con i locali posti al piano terra, e alla rimozione delle travi di sostegno appoggiate al muro dell’edificio condominiale, nonchè a risarcire i danni, da liquidarsi in separato giudizio.

Rigettava, invece, l’appello incidentale.

La Corte capitolina riteneva che la creazione della scala che aveva posto in comunicazione il locale sotterraneo e quello posto al piano terra, consentendo di accedere a quest’ultimo non solo dal numero civico (OMISSIS), ma anche dal n. (OMISSIS), non integrasse un più intenso godimento di una parte comune dell’edificio, ma determinasse a carico di questo una servitù di passaggio. Quanto all’infissione delle travi per la copertura del cortile, esclusi danni statici all’edificio, la Corte rilevava che la società appellata aveva utilizzato un muro del fabbricato per l’infissione di travi, senza pagare la metà del valore di esso. In ordine all’appello incidentale, il giudice di secondo grado rilevava che l’abbassamento della quota della pavimentazione interna al locale sotterraneo dell’Immobiliare Anastasio riguardava una porzione di sottosuolo di proprietà condominiale.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre l’Immobiliare Anastasio II s.r.l., formulando due motivo d’annullamento, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso il condominio di via (OMISSIS), e A.N..

Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

In ordine alle conclusioni del Procuratore generale il difensore della parte ricorrente ha presentato brevi osservazioni scritte nella stessa udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 102 e 331 c.p.c.), la nullità del procedimento e della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4) e l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

In particolare, deduce di aver proposto in via riconvenzionale una domanda che contestava la legittimità di interventi edilizi, posti in essere da singoli condomini, in quanto ritenuti pregiudizevoli per l’estetica e l’integrità dell’edificio comune, e che rispetto a tale domanda ricorreva una situazione di litisconsorzio necessario con i proprietari delle singole unità immobiliari interessate, proprietari che non sono stati convenuti nel giudizio d’appello.

1.1. – Il motivo è manifestamente inammissibile.

La non integrità del contraddittorio è rilevabile, anche d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del procedimento e, quindi, anche in sede di giudizio di legittimità, nel quale la relativa eccezione può essere proposta, anche per la prima volta, nel solo caso in cui il presupposto e gli elementi di fatto posti a fondamento della stessa emergano ex se dagli atti del processo di merito, senza la necessità di nuove prove e dello svolgimento di ulteriori attività; in tal caso, tuttavia, la parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l’onere non soltanto di indicare le persone che debbono partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari e di provarne l’esistenza, ma anche quello di indicare gli atti del processo di merito dai quali dovrebbe trarsi la prova dei presupposti di fatto che giustificano la sua eccezione (Cass. nn. 25305/08, 3688/06 e 593/01).

Fra tali presupposti di fatto vi è non solo, ovviamente, la proposizione di una determinata domanda giudiziale connotata da litisconsorzio necessario nel lato attivo o passivo, ma anche, allorchè la doglianza di non integrità del contraddittorio sia stata sollevata per la prima volta nel giudizio di cassazione, la formulazione di specifici motivi d’impugnazione che in grado d’appello abbiano impedito il formarsi del giudicato interno sulla domanda stessa. Ne deriva che sul ricorrente il quale censuri la mancata integrazione del contraddittorio, incombe, altresì, l’onere di allegare e di dimostrare di aver impugnato in appello il capo della sentenza di primo grado relativo alla domanda, riproducendo nel ricorso, ove non sovvenga altrimenti la stessa sentenza d’appello impugnata, gli specifici motivi di gravame formulati al riguardo.

1.2. – Nel caso in esame, parte ricorrente non ha indicato nè quali domande l’Immobiliare Anastasio aveva proposto in primo grado (essendo del tutto aspecifico il riferimento a domande dirette “ad ottenere il ripristino dello status quo ante relativamente ad interventi edilizi attribuiti ai condomini attori ritenuti pregiudizievoli dell’estetica e dell’integrità dell’edificio condominiale”: così, a pag. 5 del ricorso), nè nei confronti di quali dei condomini attori sarebbero state proposte, nè quali sarebbero stati i litisconsorti pretermessi, nè per quale ragione le domande avrebbero dovuto essere decise anche nei loro confronti, nè se e con quali motivi l’Immobiliare Anastasio avrebbe proposto appello avverso il rigetto delle o l’omessa pronuncia sulle domande stesse. Nè tanto meno vi sovvengono le osservazioni scritte presentate avverso le conclusioni assunte in udienza dal Procuratore generale, osservazioni che – peraltro vanamente, essendosi ad ogni modo consunta con la notificazione del ricorso per cassazione la facoltà di formulare i motivi di annullamento della sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 1666/80) si sono limitate ad affermare, in maniera totalmente apodittica e sempre del tutto generica, che “come è agevole rilevare dall’esame del fascicolo delle fasi di merito (…) l’appello incidentale vi fu e fu notificato, esso sì, a tutte le parti costituite in primo grado”.

2. – Con il secondo motivo la società ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. Contesta, in particolare, che non è dato di comprendere la ragione per cui il mancato pagamento della metà del valore del muro su cui sono state infisse le travi debba comportare la demolizione dell’opera eseguita, anzichè il pagamento di una somma. Lamenta il fatto che la domanda del condominio era stata basata sul presupposto, rivelatosi poi erroneo, che le opere eseguite dall’Immobiliare fossero pregiudizievoli per il fabbricato, e che solo per tale fatto ne era stata chiesta l’eliminazione. Si duole, infine, del difetto assoluto di motivazione sul carattere condominiale della porzione di sottosuolo incorporata e delle ragioni della condanna all’eliminazione della scala.

2.1. – Il motivo è fondato nei limiti che seguono.

Punto controverso è la natura del muro nel quale la società Immobiliare Anastasio ha infisso le proprie travi, natura da cui possono derivare conseguenze giuridiche non tutte implicanti l’alternativa, ritenuta dalla Corte territoriale, fra rimozione delle travi stesse e pagamento della metà del valore del muro. Infatti, l’art. 874 c.c. e segg. contemplano svariate ipotesi (comunione forzosa del muro sul confine, del muro non al confine, innesto sul muro al confine, costruzione in aderenza, ecc.) aventi diverso trattamento normativo, cui la sentenza d’appello non ha fatto riferimento nè in maniera espressa, nè in modo implicito. La Corte di merito si è limitata ad affermare che le travi utilizzate dall’Immobiliare Anastasio per la copertura dell’area destinata a vano cucina e servizi erano state infisse in appoggio al muro portante dell’edificio condominiale di via (OMISSIS), e che, di conseguenza, la società appellata, avendo utilizzato detto muro senza pagarne il valore dimezzato, doveva essere condannata a eliminare l’appoggio.

Siffatta motivazione è insufficiente, in quanto la funzione portante del muro perimetrale dell’edificio condominiale non esclude che esso possa essere comune a terzi, nè implica che lo stesso sia necessariamente ubicato sul confine con la proprietà altrui. Di riflesso, non è dato di comprendere il presupposto fattuale sulla cui base la Corte di merito ha operato il sillogismo normativo anzi detto.

2.2. – Quanto alla critica mossa alla sentenza impugnata in punto di motivazione sul carattere condominiale della porzione di sottosuolo incorporata e sulle ragioni della condanna all’eliminazione della scala, va osservato, in ordine alla prima questione, che i giudici d’appello hanno accertato, sulla base della c.t.u., che la proprietà della porzione di sottosuolo è senz’altro condominiale in quanto sulla medesima area è ubicato l’edifico di via (OMISSIS).

Riguardo alla seconda questione deve rilevarsi, poi, che la condanna all’eliminazione della scala è stata giustificata dalla Corte capitolina in base al fatto che mediante detta scala, che mette in comunicazione il vano sottosuolo con l’androne condominiale, è stata illegittimamente creata una servitù di passaggio a carico di quest’ultima porzione dell’edificio comune.

Tale motivazione risulta congrua ed esente da vizi logici, in quanto basata su accertamenti di fatto non adeguatamente censurati nella derivazione dagli atti di causa, cosi come indicata e ritenuta dal giudice d’appello, e su deduzioni giuridiche del tutto corrette, essendo consequenziale alla negazione di una servitù la condanna all’eliminazione delle opere realizzate per esercitarla (art. 949 c.c. cpv.).

3. – In conclusione, respinto il primo mezzo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al secondo motivo d’impugnazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2011

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