Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19751 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 23/07/2019), n.19751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSSETTI Marco – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8947/2016 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS) in persona del Responsabile del

Contenzioso Regionale Lazio Avv. S.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA, 19, presso lo studio

dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROMPT DELIVERY SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, V. G. CAMOZZI 1,

presso lo studio dell’avvocato DELFO MARIA SAMBATARO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 20277/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 08/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

La Prompt Delivery s.r.l. si opponeva a una cartella esattoriale cui erano sottese violazioni al codice stradale deducendo in particolare, per quanto qui rileva, la mancata notifica del sotteso verbale di accertamento;

il giudice di pace respingeva la domanda ritenendo che la prova della notifica in discussione potesse evincersi dal fatto che la cartella era stata emessa per il residuo a seguito di pagamento parziale;

il tribunale, in sede di appello, riformava la decisione ritenendo dirimente la mancata prova della notifica del verbale e, al riguardo, escludendo potesse esaminarsi la documentazione prodotta tardivamente dal comune costituitosi solo in secondo grado; poneva altresì le spese del doppio grado a carico solidale dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, sul punto affermando un obbligo, in capo a quest’ultimo, di verificare il titolo trasmesso, anche alla luce della responsabilità prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 59;

avverso questa decisione ricorre per cassazione Equitalia Sud s.p.a., articolando tre motivi;

resiste con controricorso Prompt Delivery s.r.l. che ha depositato altresì memoria.

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 10,12,24,25,26, perchè il tribunale avrebbe errato condannando alle spese processuali anche la deducente che, invece, non aveva alcun obbligo di verificare la legittimità della formazione del ruolo consegnato per la riscossione che costituiva atto dovuto;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., poichè la deducente non avrebbe potuto considerarsi effettiva soccombente non essendo responsabile del vizio fondante l’accoglimento della domanda dell’opponente;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 59, poichè il tribunale avrebbe errato omettendo di considerare che la norma in parola, evocata in sentenza, prevedeva una possibile responsabilità aquiliana in caso di esecuzione esattoriale illegittima, tenuto conto dei limiti all’opponibilità della stessa, ma non un obbligo di preventiva verifica della legittimità del titolo esecutivo in capo all’esattore, fermo restando che nel caso non era stata avviata alcuna esecuzione;

Rilevato che:

i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono conclusivamente inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, dovendosi solo correggere la motivazione, ex art. 384 c.p.c., comma 4, secondo quanto di seguito si sta per specificare;

la giurisprudenza di questa Corte, in modo assolutamente stabile (Cass., 13/06/2018, n. 15390, nella cui motivazione si richiamano 44 precedenti conformi, cui se ne possono aggiungere altri fino, ad esempio, a Cass., 09/10/2018, n. 24774 e Cass., 23/04/2019, n. 11157), ribadisce da tempo che:

“il soggetto nei cui confronti è necessario dispiegare la contestazione è proprio quello che, in virtù della configurazione dell’attuale sistema, fondato sulla istituzionalizzata scissione tra titolarità del credito e titolarità del potere di azione esecutiva, a quest’ultima ha dato in concreto luogo o ha in concreto minacciato di farlo: cioè l’agente della riscossione”;

“poichè, poi, l’agente di riscossione ha un vero e proprio onere di chiamare in causa l’ente “creditore interessato” (D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39) onde evitare di subire le conseguenze negative della lite, egli ha sì la facoltà di chiedere di essere manlevato dal chiamato, quando evidentemente la contestazione ritenuta fondata riguardi non già atti commessi dal medesimo agente, ma appunto vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’altro, ma poi bene risponde delle spese di lite imposte dalla sua – benchè doverosa per l’impulso dell’ente creditore – stessa condotta, in forza non tanto (come avverrebbe se la contestazione ritenuta fondata riguardasse atti ad esso ascrivibili) del principio di soccombenza, quanto piuttosto di quello di causalità”;

“onde non aggravare ulteriormente senza motivo la posizione del debitore di pretesa esattoriale, già assoggettato a regime di particolare sfavore – rispetto all’esecuzione ordinaria – in nome delle esigenze di maggiore effettività del recupero connesse alle qualità oggettive o funzionali del credito, non può allora farglisi carico della ripartizione, tutta interna al rapporto tra ente creditore interessato ed agente della riscossione, dell’imputabilità dell’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva al primo o al secondo, nemmeno ai fini del riparto delle spese della lite che egli è stato costretto ad intentare per fare valere l’illegittimità dell’azione esecutiva stessa”;

“resta salva, beninteso, l’azione di manleva che l’agente della riscossione può proporre nei confronti dell’ente creditore interessato e che viene a configurarsi come onere processuale in senso tecnico”;

ciò posto, ne deriva che nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite nei confronti dell’agente della riscossione procedente, nè – di per sè sola considerata – di loro compensazione, la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da viceversa ascrivere al creditore interessato, restando peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere all’ente impositore la manleva dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di condannare al loro pagamento il solo ente creditore interessato o impositore, quando questo è presente in giudizio, compensandole nei rapporti tra il debitore vittorioso e l’agente della riscossione, purchè sussistano i presupposti di cui all’art. 92, c.p.c., diversi e ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore;

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del comune di Roma liquidate in Euro 900,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie oltre accessori legali, con distrazione in favore dell’avvocato Sambataro Delfo Maria.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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