Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19750 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19750 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso 12496-2008 proposto da:
SOCIETA’ FISE SPA in persona del Presidente del
C.d.A. e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43,
presso lo studio dell’avvocato D’AYALA VALVA
FRANCESCO, che lo rappresenta e difende con procura
2013
1554

notarile del Not. Dr. LOMBARDO SALVATORE in BERGAMO,
rep. n. 105.800 del 28/04/2008;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 28/08/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 69/2007 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/05/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato D’AYALA VALVA che
ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

20/03/2007;

Svolgimento del processo

Lombardia accogliendo l’appello proposto dall’Ufficio di Ponte San Pietro
della Agenzia delle Entrate ed in totale riforma della decisione di prime
cure, dichiarava legittimo l’avviso di accertamento notificato a FISE s.p.a.
con il quale veniva disconosciuta la natura di cessioni all’esportazione ad
operazioni effettuate dalla società, relative a dieci fatture emesse nell’anno
1999, e quindi recuperata la corrispondente IVA evasa.
I Giudici di appello rilevavano che la società non aveva fornito adeguata
prova della avvenuta esportazione (recte: della spedizione o trasporto della
merce fuori dal territorio della Comunità) in quanto in mancanza della
prevista documentazione doganale (esemplare n. 3 del modello DAU
timbrato dalla dogana di “uscita” delle merci) i documenti esibiti non
comprovavano la effettiva uscita dei beni dal territorio doganale della
Comunità.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione FISE s.p.a.
deducendo otto motivi articolati in plurime censure.
Ha resistito la Agenzia delle Entrate con controricorso

Motivi della decisione

§ 1. Con il primo ed il secondo motivo la società ricorrente censura la
sentenza di appello, in relazione all’art. 360co l n. 4) c.p.c., sotto il profilo

RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Co
st.
Stefano ivieri

Con sentenza 20.3.2007 n. 69 la Commissione tributaria della regione

della nullità per carenza assoluta del requisito motivazionale -cd.
motivazione apparente- (art. 36co2 nn. 2, 3 e 4 Dlgs n. 546/92; art. 132co2 n. 4)
c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c. “anche in relazione agli artt. 12 ss. preleggi ed agli
arti. 1362 ss. c.c.”). L’indicazione in rubrica 2.1 anche dei parametri relativi

agli artt. 360co1 nn. 3 e 5 c.p.c. appaiono ultronei ed inconferenti, in quanto
nella esposizione dei due motivi vengono svolti argomenti esclusivamente a

1.1 1 motivi sono infondati.

1.2 11 vizio di carenza assoluta di motivazione attiene ai requisiti
formali di validità del provvedimento giurisdizionale, in ordine ai quali il
sindacato di legittimità non involge valutazioni di adeguatezza intrinseca
degli argomenti logici adottati dal Giudice di merito, ma si esaurisce in un
enunciato apofantico -limitato alla affermazione della esistenza od
inesistenza- in ordine alla materiale individuazione nel documento-sentenza
di una “relatio” tra la questione controversa -definita in premessa- e la
soluzione adottata mediante applicazione di una regola di diritto individuata nel dispositivo-, indipendentemente quindi da ogni valutazione
attinente alla logicità della argomentazione giustificativa della decisione
(che, pertanto, può sussistere nella sua materialità -così rimanendo integrato
l’elemento costitutivo di validità del provvedimento giurisdizionale- pur potendo
risultare, invece, logicamente inadeguata a sorreggere la soluzione scelta dal Giudice
di merito).

A parte il caso di scuola della “materiale” assenza di rappresentazione
di tale “relatio” nella sentenza (che si verifica quando il giudice in sentenza
si limita a dare atto della questione controversa e della regola di diritto
applicata, senza alcuna spiegazione dell’iter logico seguito per collegare il
fatto al diritto), il provvedimento giurisdizionale incorre nel radicale vizio
2
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

t.
Con
Stefano O .vieri

sostegno della tesi del vizio di nullità processuale della sentenza.

di nullità tutte le volte in cui detta “giustificazione” risulti “meramente

apparente”, e cioè pur essendo materialmente individuabile nel testo
scritto, tuttavia non consente di rilevare quale sia stata la “ratio decidendi”
(cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009), come nel caso in cui la
“relatio” sia effettuata mediante rinvio a precedenti o a massime
giurisprudenziali richiamati in modo acritico e

(cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza

n. 15949 del 17/12/2001; id. Sez. L, Sentenza n. 662 del 17/01/2004; id. Sez. 5,
Sentenza n. 11710 del 27/05/2011), o ancora quando il giudice di merito

“apoditticamente” neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero che,
al contrario, a(fermi che tale prova sia stata fornita, omettendo un qualsiasi
riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la
circostanza in questione, sia al relativo risultato (cfr. Corte cass. Sez. 5,
Sentenza n. 871 del 15/01/2009), od ancora quando la sentenza sia del tutto
priva di riferimenti ai “criteri di diritto”

che hanno determinato

l’applicazione della “regula juris” (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 16581
del 16/07/2009; id. Sez. 1, Sentenza n. 18108 del 04/08/2010).

1.3 Tanto premesso e considerato che il vizio in questione deve essere
accertato alla stregua del “corpus” unitario costituito dalle diverse parti in
cui si articola la sentenza

(descrizione del fatto e delle vicende processuali;

argomenti logici e criteri giuridici; affermazione della regola applicata nel caso
concreto, come evidenziato nel dispositivo) , ritiene il Collegio che la pronuncia

impugnata vada esente dal vizio di nullità, in quanto il pur stringato
giudizio conclusivo (“alla luce di guanto sopra evidenziato, si ritiene che la
società contribuente non abbia fornito prova idonea a comprovare l’uscita
delle merci dal territorio comunitario”) trova comunque la sua ragione
giustificativa nel “criterio giuridico” precedentemente enunciato in parte
motiva (con richiamo anche a massime ed a principi giurisprudenziali), e
3
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Co
t.
Stefano wieri

esplicitamente alla fattispecie controversa”

“non ricollegati

nella “relatio” alla specifica fattispecie concreta, come definita nella parte
relativa allo “svolgimento dei fatti” laddove si individua la questione
controversa (concernente la idoneità probatoria dei documenti diversi
dall’esemplare 3 del DAU a fornire la dimostrazione del presupposto -spedizione o
trasporto fuori del territorio doganale della Comunità- della operazione
all’esportazione, esente da IVA) e, nel riferire gli accertamenti svolti dal primo

appello, si indicano i documenti prodotti in giudizio dalla società
contribuente e contestati dall’Ufficio

(“documenti bancari di avvenuto

pagamento delle fatture, attestazioni dei corrieri……fattura di vendita con timbro
della dogana di partenza, coincidendo con quella di uscita dal territorio
comunitario; …copia della bolletta di importazione… carnet TIR…”), e che sono

stati ritenuti dal Giudice di secondo grado inadeguati a fornire la richiesta
prova.
1.4 Sussistono dunque gli elementi strutturali minimi di validità della
sentenza, essendo evincibile dalla lettura del documento quale sia l’iter
logico seguito dalla CTR lombarda per pervenire al decisum, dovendo n
conseguenza ritenersi infondate le censure formulate in relazione ai
prospettati vizi di legittimità.

§ 2. Inammissibile è invece il terzo motivo con il quale la società
ricorrente denuncia il vizio di “error in procedendo” , in relazione all’art.
360co1 n. 4) c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra
chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. (rimane invece inesplicato il riferimento
in rubrica agli artt. 12 preleggi, art. 362 ss c..c ed al parametro di legittimità di cui
all’art. 360co 1 n. 3 c.p.c.).

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ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Co
st.
Stefano tvieri

giudice e gli argomenti svolti dalla contribuente nell’atto di costituzione in

2.2 La società ricorrente lamenta che la CTR ha omesso di esaminare
una serie di contestazioni in fatto e di argomenti svolti in grado di appello
dalla contribuente, concernenti la valutazione delle caratteristiche nonché
la qualificazione giuridica da attribuire ai singoli documenti prodotti, in
relazione alla peculiare natura delle singole operazioni di cessione

2.3 Orbene per giurisprudenza consolidata di questa Corte il vizio di
“omessa pronuncia” ex art. 112 c.p.c. si concreta esclusivamente nel difetto
del momento decisorio su una o più delle domande od eccezioni
ritualmente formulate dalle parti : ne segue che per integrare detto vizio
occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento
indispensabile per la soluzione del caso concreto, il che si verifica “quando
il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano
autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte ovvero quando egli
pronuncia solo nei confronti di alcune parti”, non anche, invece, quando il
Giudice di merito ometta di confutare specificamente gli argomenti in fatto
o in diritto svolti dalle parti nei rispettivi scritti difensivi (cfr. Corte cass.
Sez. 1, Sentenza n. 3388 del 18/02/2005), potendo risolversi tale mancato
esame -e sempre che l’argomento della parte, non espressamente confutato, non
debba ritenersi, comunque, implicitamente disatteso per oggettiva incompatibilità
logica con argomentazione posta a fondamento del decisum- eventualmente nella

censura di un diverso vizio di legittimità (violazione di norma di diritto ex
art. 360co l n. 3 c.p.c., ovvero vizio logico della motivazione ex art.
360co 1 n. 5 c.p.c.) che, al contrario, necessariamente presuppone che il
Giudice di merito abbia ritualmente pronunciato su tutta la
domanda/eccezione.

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Co
Stefano Oli eri

all’esportazione.

2.4 Ne segue che la denunciata inadeguata rilevazione del contenuto
dichiarativo dei documenti prodotti in giudizio e la inesatta valutazione
della efficacia dimostrativa -di tali documenti- della uscita della merce da
territorio doganale comunitario, non comportando “omessa pronuncia”
sulla domanda (avente ad oggetto il riconoscimento del diritto alla esenzione IVA)
sulla quale il Giudice di merito si è puntualmente espresso -negando il diritto
specie il presupposto della territorialità-, avrebbe dovuto, eventualmente, essere
fatta valere dalla parte ricorrente censurando la sentenza sotto altri profili di
illegittimità diversi dalla nullità processuale.

2.5 L’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di
ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità,
comporta l’inammissibilità del ricorso (cfr.

Corte

cass. Sez.

3, Sentenza n.

7268 de/ 11/05/2012).

§ 3. I motivi dal quarto al nono concernono vizio di violazione di
norme di diritto e vizi logici della motivazione attinenti:
la errata interpretazione delle norme statali e comunitarie inerenti
alla documentazione attestante la esportazione delle merci fuori del
territorio doganale della Comunità, in relazione alle diverse modalità
di trasporto

il mancato esercizio di poteri officiosi da parte della CTR

– la errata valutazione della efficacia probatoria dei docunti prodotti
dalla società.

Per ragioni sistematiche di ordine logico l’esame del sesto motivo
precede quello degli altri motivi con i quali (settimo, ottavo e nono motivo)
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Stef

est.
4jvieri

e ritenendo le operazioni di cessione erano assoggettabili ad imposta ricorrendo nella

vengono individuate le norme di riferimento concernenti i documenti
comprovanti il trasporto ed evidenziate (quarto e quinto motivo) le
incongruenze della sentenza in ordine alla valutazione della efficacia
probatori degli stessi.

3.1 Con il sesto motivo la società censura la sentenza per violazione

1 e dell’art. 4 Dlgs n. 546/92, in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.,
sostenendo che erroneamente il Giudice di merito avrebbe interpretato la
norma del TU doganale (art. 346) ritenendo che soltanto i documenti da
questa indicati potrebbero essere validamente utilizzati come prova, non
tenendo in considerazione che -attese le differenze di struttura, scopo ed
oggetto- non potrebbe operarsi alcuna trasposizione delle norme doganali
nel sistema dell’IVA e che sarebbero incompatibili con l’ordinamento
comunitario limiti legali alla prova dell’uscita della merce che potrebbe
anche non essere documentale.

Il motivo è inammissibile prima che destituito di fondamento in
quanto:
a) la ricorrente non indica quali siano le prove diverse da quelle
documentali indicate nell’art. 346 TULD che sarebbero state fornite dalla
società, incorrendo in palese difetto di autosufficienza
b) è palesemente inconcludente la argomentazione giuridica fondata sul
limite imposto agli Stati membri di non dettare discipline probatorie che
rendano praticamente impossibile l’esercizio dei diritti, non essendo
indicate in alcun modo dalla ricorrente le ragioni per le quali le prove
documentali indicate dall’art. 346 TULD renderebbero estremamente
difficile o priverebbero l’operatore della possibilità di far valere il proprio
diritto alla esenzione d’imposta
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est.
Stefano Òlivieri

dell’art. 346 TULD, dell’art. 2727 c.c., degli artt. 276 e 277 c.p.c., dell’art.

c) salvo che le norme comunitarie individuino direttamente specifiche
fonti di prova o particolari modalità di precostituzione della prova dei diritti
riconosciuti dall’ordinamento comunitario, la disciplina del regime della
prova dei fatti costitutivi dei diritti riconosciuti dall’ordinamento
comunitario rimane riservata agli Stati membri e non trova limitazioni se
non quelle imposte dal rispetto dei generali principi di “certezza del

d) del tutto nuova -e quindi inammissibile nel giudizio di legittimità- è
la questione relativa alla asserita violazione parte della CTR dell’esercizio
di poteri istruttori officiosi ex art. 7col Dlgs n 546/92, in quanto non risulta
che la società abbia mai formulato istanza istruttoria in tal senso nel corso
dei precedenti gradi di merito, ed inoltre neppure vengono indicati quali
elementi probatori, e presso quali autorità, avrebbero dovuti essere acquisiti
“ex officio”, né viene allegato alcun presupposto (impossibilità per la parte
di procurarsi tali prove) indispensabile a giustificare la attivazione dei
poteri istruttori officiosi.

3.2 Con il quarto motivo la società denuncia il vizio di omessa
motivazione su punti decisivi della controversia ex art. 360co l n. 5 c.p.c.,
avendo i Giudici territoriali omesso di considerare che: 1-per alcune
operazioni il trasporto era avvenuto mediante rilascio di carnet TIR (non
essendo quindi richiesto il visto dell’ufficio doganale di uscita), 2 – per altre

operazioni l’uscita delle merci risultava comprovata dalla bolletta doganale
di importazione emessa dal Paese estero, 3-per altre ancora erano stati
depositati i documenti di trasporto o di scarico merci nel Paese di
destinazione, 4-altre operazioni risultavano confermate da fatture vistate
dall’ufficio doganale di partenza che coincideva con quello di uscita.

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Stefan

est.
livieri

diritto”, di “proporzionalità” e “pari trattamento”

Con il quinto motivo la società censura la contraddittorietà logica in cui
sarebbe incorsa la CTR della Lombardia affermando, da un lato, che la
prova della esportazione poteva essere data con qualsiasi mezzo di prova, e
dall’altro, invece, negando efficacia probatoria ai documenti prodotti dalla
contribuente (e precipuamente alle “bollette di importazione” ed ai

Con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 793 paragr. 2 reg.
CEE 2.7.1993 n. 2454, in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c., avendo la
CTR erroneamente escluso la prova dell’uscita della merce anche nel caso
di operazioni effettuate con trasporto aereo o via mare, per le quali la
dogana di “partenza” -che aveva rilasciato il “visto”- è considerata dalla
norma comunitaria anche dogana di “uscita”.

Con l’ottavo motivo si censura la sentenza per violazione degli articoli
da 451 a 457 ter del reg. CEE n. 2454/1993 , in relazione all’art. 360co1 n.
3 c.p.c., avendo la CTR erroneamente escluso la prova dell’uscita della
merce anche nel caso di operazioni effettuate con trasporto mediante Carnet
TIR, per le quali è prevista soltanto la dogana di “partenza”.

Con il nono motivo si censura la sentenza di appello per violazione
del’art. 346 TULD in quanto la CTR avrebbe ritenuto quale esclusiva prova
l’esemplare 3 del DAU e non anche gli altri documenti (tra cui le bollette
doganali) previsti dalla medesima norma.

3.3 I motivi, che per la stretta connessione possono essere esaminati
congiuntamente, sono fondati nei limiti di seguito precisati.

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Con st.
Stefano ]vieri

“documenti di trasporto internazionale”).

3.4 Le coordinate normative nell’ambito delle quali occorre inquadrare
la fattispecie dedotta in giudizio (esportazione di merci fuori dal territorio
della Comunità) sono le seguenti:

– artt. 161 e 162 del reg. CEE n. 2913/1992 (CDC), nel testo vigente
“ratione temporis”: qualsiasi merce comunitaria destinata ad essere

comporta l’applicazione delle formalità previste all’atto dell’uscita; la
dichiarazione di esportazione deve essere presentata all’ufficio doganale
preposto alla vigilanza, nel luogo di stabilimento dell’esportatore o dove le
merci devono essere imballate e caricate per essere esportate; lo svincolo
delle merci per l’esportazione è rilasciato solo se le merci che lasciano il
territorio della Comunità si trovino nel medesimo stato in cui erano al
momento dell’accettazione della dichiarazione di esportazione

– artt. 792 e 793 reg. CE n. 2454/1993 (regolamento di esecuzione del
CDC), con le modifiche introdotte dal reg. 1677/98, che recano disposizioni
di attuazione della disciplina della esportazione :
1- l’ufficio presso il quale è fatta la dichiarazione di esportazione appone
il proprio timbro e restituisce all’operatore l’esemplare n. 3 del DAU
(documento amministrativo unico)
2- il DAU deve essere presentato all’ufficio doganale di “uscita”,
dovendo considerarsi tale: “per le merci esportate per ferrovia, a mezzo
posta, per via aerea, per mare, l’ufficio doganale competente per il luogo

in cui le merci sono prese in carico, a fronte di un contratto di trasporto
unico a destinazione di un paese terzo, dall’azienda ferroviaria, o
dall’amministrazione delle poste oppure da una compagnia area o
marittima” (art. 793, paragr. 2, lett. a) , “per le merci esportate per altre
vie o in circostanze non contemplate dalle lettere a) e b), l’ultimo ufficio
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ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Se

est.
livieri

esportata deve essere vincolata al regime di esportazione; l’esportazione

doganale prima dell’uscita delle merci dal territorio doganale della
Comunità” (art. 793, paragr. 2, lett. c)
3- l’ufficio doganale di “uscita” accerta la corrispondenza tra le merci
dichiarate e quelle presentate “e sorveglia l’uscita materiale delle merci”
(art. 793, paragr. 3)
4- nei casi di cui alla lett. a) del paragr. 2 dell’art. 793, l’ufficio doganale

documento di trasporto, in rosso, la dicitura EXPORT e il proprio timbro”
(art. 793, paragr. 5)
5- nel caso in cui l’operatore si sia avvalso di una “procedura di transito

a destinazione di un Paese terzo o di un ufficio doganale di uscita “,
l’ufficio doganale di “partenza” appone il visto sull’esemplare n. 3 DAU,
nonché il timbro e la dicitura EXPORT sul documento di transito, mentre
l’ufficio doganale di “uscita” sorveglia la uscita fisica delle merci (art. 793
paragr. 6)

– art. 8 col lett. a) del Dpr n. 633/1972, nel testo vigente alla data delle
operazioni (anno 1999), che esclude il presupposto della territorialità della
imposta (art. 7 del medesimo decreto) per le “cessioni …eseguite mediante
trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio della Comunità
economica europea” e stabilisce anche i mezzi di prova (prova legale)
idonei a dimostrare che la esportazione è effettivamente avvenuta :

1-“documento doganale”
2-“fattura” o “bolla di accompagnamento” delle merci, o “documento di
trasporto” (o altro documento idoneo avente le caratteristiche determinate con DM
delle Finanze), ai sensi dell’art. 21co4 Dpr n. 633/72, che debbono recare “la

vidimazione apposta dall’ufficio doganale”.

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ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

C 5 k est.
Stefan
livieri

di “uscita” “vista l’esemplare n. 3” del DAU “dopo aver apposto sul

3.5 Premesso che in ragione del principio generale ex art. 2697 c.c.,
l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la
deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la
agevolazione, l’esenzione o il trattamento fiscale preferenziale (cfr. Corte
Cass. 5^ sez. 13.2.2009 n. 3603, in motivazione, che richiama a supporto la costante

giurisprudenza della Corte in tema di prova, della quale è onerato il contribuente, del

disciplinate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, – cfr. Corte Cass. 5^ sez. 3.5.2002 n.
6351; id. 21.6.2002 n. 9104; id. 26.5.2006 n. 1260 -. Si veda anche Corte Cass. 5^
sez. 27.10.2010 n. 21956 che, sempre in tema di cessione all’esportazione, nel caso

di c.d. triangolazione, richiede che il cedente fornisca la prova dell’avvenuta uscita
della merce dal territorio doganale della Comunità; analogamente sull’onere della
prova -a carico del cedente- della effettiva movimentazione della merce nel Paese
membro di destinazione, con riferimento alle cessioni intracomunitarie, Corte cass.
V sez. 7.10.2011 n. 20575; id. V sez. 27.7.2012 n. 13457), deve ribadirsi il

principio espresso da questa Corte secondo cui per beneficiare
dell’esenzione dall’IVA prevista per le cessioni all’esportazione, di cui
all’art. 8, lettera a), del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 – eseguite cioè mediante
trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio della Comunità europea, a cura o a
nome dei cedenti (cd. operazioni “triangolari”) – la destinazione della merce

all’esportazione deve essere provata dalla documentazione doganale, ovvero
dalla vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura o su un
esemplare della bolla di accompagnamento o, se quest’ultima non è
prescritta, del documento di trasporto, oppure secondo modi e tempi
previsti da appositi decreti ministeriali per le spedizioni postali. Non rileva,
quindi, che il trasferimento fisico del bene fuori dall’ambito territoriale
comunitario risulti da elementi conoscitivi indiretti, dovendo l’onere della
prova della presentazione delle merci alla dogana di destinazione essere
fornita con mezzi, aventi carattere di certezza ed incontrovertibilità, quali le
attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione
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ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Cò est.
Stefano blivieri

trasporto o spedizione del bene ceduto nel caso di cessioni alla esportazione

dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana, mentre strumenti di
origine privata, quale la documentazione bancaria dell’avvenuto pagamento,
non possono costituire prova idonea allo scopo (cfr. Corte cass. V sez.
5.12.2012 n. 21809).

E’ la norma dell’art. 8co l , lett. a), del Dpr n. 633/72 che determina in
modo tassativo i mezzi di prova ritenuti idonei a comprovare il fatto

merce fuori dal territorio doganale della Comunità- e se, da un lato, con la

generica espressione “documento doganale” rinvia alla disciplina delle
leggi doganali e dunque agli atti pubblici attestanti la esportazione formati
dagli uffici doganali (e quindi anche all’art. 346co1, lett. a), TULD Dpr n.
43/1973 secondo cui “Il Ministero delle Finanze può, in via generale consentire che:

lett. a) l’uscita delle merci dal territorio doganale, possa essereprovata, agli effetti
doganali, anche per mezzo di attestazioni o certificazioni rilasciate da una dogana o
ovvero per mezzo di idonei documenti di

da altre pubbliche amministrazioni estere,
trasporto internazionale”),

dall’altro -in funzione delle esigenze di

semplificazione burocratica e speditezza dei traffici commerciali- individua
anche altri documenti commerciali (fattura; bolla di accompagnamento o altro
documento di trasporto), formati dagli stessi operatori privati, purchè tuttavia

recanti la “vidimazione dell’ufficio doganale”.

3.6 Ne segue che, in mancanza della prova tipica costituita
dall’esemplare n. 3 DAU (e cioè del “documento amministrativo unico” previsto
per le operazioni di esportazione dagli artt. 792 e 793 reg. esec. CDC), la prova

del transito delle merci al confine comunitario deve, comunque, risultare da
una certificazione di un’autorità (comunitaria ovvero anche dello Stato estero di
destinazione) competente ad attribuire pubblica fede al fatto, accaduto

pertanto alla presenza del pubblico ufficiale, del materiale trasporto dei
beni oggetto della cessione all’esportazione, rispettivamente, fuori del
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Conk est.
livieri
Stefan

costitutivo del diritto alla esenzione d’imposta -e cioè il materiale transito della

territorio doganale della Comunità ovvero all’interno del territorio del
Paese del cessionario-importatore.
Tanto in conformità al generale principio, che trova applicazione in
ambito processuale (in conseguenza della contestazione dell’effettivo transito della
merce), secondo cui -salvo il caso in cui la legge non attribuisca direttamente
valore probatorio al documento formato dal privato- a nessuno è consentito

favorevole del fatto controverso (cfr. Corte cass. III sez. 18.9.1980 n. 5296; id.
III sez. 27.9.1999 n. 10695; id. I sez. 7.2.2000 n. 1320; id. III sez. 23.8.2011 n.
17524), e le dichiarazioni a sé favorevoli provenienti dalla parte in causa, al

pari degli atti difensivi (ricorso, memoria di costituzione, ecc.) contenenti
allegazioni di fatti a sé favorevoli, possono esplicare efficacia sul piano
probatorio solo in presenza di una specifica non contestazione dell’altra
parte (ipotesi quest’ultima che, non soltanto non ricorre nella specie, ma che
neppure può trovare applicazione in quanto, come si è visto, la legge ha inteso
predeterminare in modo tassativo i mezzi di prova dei fatti costituti del diritto alla
esenzione IVA).

3.7 Va dunque confermato l’orientamento di questa Corte secondo cui in
tema di cessioni alla esportazione esenti, ove non sia prodotto l’esemplare
n. 3 del DAU, la prova della spedizione/trasporto dei beni fuori del
territorio doganale della Comunità può essere fornita, o mediante uno dei
documenti commerciali indicati nell’art. 8co 1 lett. a) Dpr n. 633/72
debitamente “vidimati” dall’ufficio doganale di “uscita” della merce (cfr.
Corte cass. V sez. 26.10.2011 n. 22233), ovvero con ogni altro mezzo purché

lo stesso abbia carattere di “certezza ed incontrovertibilità”

(quale può essere

l’attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta
detta presentazione delle merci in dogana),

mentre semplici documenti di

origine privata, come la documentazione bancaria dell’avvenuto pagamento,
14
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Còost.
Stefano wieri

precostituirsi unilateralmente i mezzi destinati a fornire la prova a sé

non possono costituire prova idonea allo scopo (cfr. Corte cass. V sez.
3.5.2002 n. 631; id Sez. 5, Sentenza n. 13221 del 26/10/2001; id. Sez. 5, Sentenza
n. 12608 del 26/05/2006): deve in conseguenza escludersi che l’esportazione

possa ritenersi provata attraverso documentazione con caratteristiche
diverse da quelle espressamente previste dalla legge, ovvero desunta
indirettamente da elementi diversi, o che, in ultima analisi, possa addirittura

comunque esportata, vi sarebbe stata “mancanza di danno per l’erario”
(cfr. Corte cass. V sez. 19.10.2007 n. 21946).

3.8

Quanto alla individuazione dell’ufficio doganale “di uscita”

competente ad apporre il “visto di uscita” sull’esemplare n. 3 DAU ovvero
la “vidimazione” sugli indicati documenti commerciali (il che, in entrambi i
casi, comporta il rilascio di una attestazione della uscita materiale della merce dal
territorio doganale comunitario), inequivoca è la disposizione dell’art. 793

paragr. 2, lett. a) del reg. esec. CDC secondo cui è competente l’ufficio
doganale del luogo in cui “le merci sono prese in carico” dalla azienda
ferroviaria, o dall’amministrazione postale, o da una compagnia aerea o di
navigazione, in esecuzione di un contratto di trasporto con destinazione
della merce in un Paese terzo.

3.9 Ulteriori disposizioni sono dettate dalla normativa comunitaria nel
caso in cui il cedente effettui la spedizione della merce mediante “una

procedura di transito a destinazione di un paese terzo o di un ufficio
doganale di uscita”.
Il regime di “transito comunitario” interno (nel caso di trasporto
intracomunitario dei beni) ed esterno (le merci transitano sul territorio della
Comunità per essere introdotte nel territorio di uno Stato extracomunitario), vincola

infatti la merce ad un percorso prestabilito che si svolge tra due terminali
15
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Co est.
tvieri
Stefan

farsi a meno della suddetta documentazione laddove, risultando la merce

I

costituiti dall’ufficio di “partenza” e l’ufficio di ” destinazione”, venendo
ad essere identificato quest’ultimo ufficio -nel caso in cui il regime di transito
preveda l’inizio del trasporto all’interno del territorio doganale della Comunità con
destinazione terminale al suo esterno- nell’ufficio prossimo al confine.

Tale specifica soluzione è espressamente prevista per le merci vincolate
al regime di transito comunitario spedite mediante trasporti ferroviari (per i
stazione di frontiera: art. 422, paragr. 2, reg. esec. CDC; per i trasporti ferroviari
mediante “grandi contenitori” -container-: art. 437 paragr. 2 reg. esec. CDC),

mentre per alcuna specifica disposizione relativa agli uffici di partenza e di
destinazione, è contenuta, invece, nel regolamento comunitario di
esecuzione del Codice doganale, per i trasporti via aerea (artt. 443-445 reg.
esec. CDC) e via mare (art. 446-449 reg. esec. CDC) delle merci (per le quali il

“manifesto di carico” equivale a dichiarazione di regime di transito comunitario)

che iniziano la movimentazione nel territorio della Comunità e terminano il
tragitto nel territorio di un Paese terzo, dovendo quindi rinviarsi alla norma
generale di cui all’art. 793, paragr. 2 lett. a) del medesimo reg. esec. CDC
che identifica l’ufficio di partenza e di uscita in quello del luogo ove la
merce viene presa in carico dal vettore.
Quanto al trasporto delle merci su strada effettuato con carnet TIR od
ATA, occorre premettere che l’art. 19 della

“Convenzione TIR”

(“Convention douaniere relative au transport International de marchandises sous le
couvert de carnets TIR”, fatta a Ginevra in data 14.11.1975) dispone che

«Le merci e il veicolo stradale, l’autotreno o il contenitore vanno

presentati all’ufficio doganale di partenza insieme con il carnet TIR.

Le

autorità doganali del paese di partenza devono prendere i necessari
provvedimenti per verificare l’esattezza del manifesto delle merci e per
l’apposizione delle chiusure doganali, oppure per controllare le chiusure
doganali apposte, sotto la responsabilità delle citate autorità doganali,
16
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

st.
Co
Stefano livieri

trasporti ferroviari l’ufficio di destinazione è l’ufficio doganale da cui dipende la

dalle persone debitamente autorizzate», e l’art. 21 della medesima
Convenzione prevede che «Il veicolo stradale, l’autotreno o il contenitore
devono essere presentati con il carico e il rispettivo carnet TIR, per il
controllo, ad ogni ufficio doganale di passaggio e agli uffici doganali di
destinazione».
La prova della regolarità dell’operazione eseguita con un carnet TIR o

nel luogo di destinazione indicato nel carnet), originariamente richiesta
dall’articolo 10, paragrafo 3, primo comma, del regolamento (CEE)
n. 719/91 del Consiglio del 21.3.1991 (“relativo all’utilizzo nella Comunità dei
carnet TIR e dei carnet ATA come documenti di transito”),

era disciplinata

dall’art. 2 paragr. 3 lett. a), b), c) del regolamento CEE n. 1593/91 della
Commissione del 12.6.1991 e poteva essere “fornita e considerata
satisfattoria dalle autorità competenti: a) esibendo un documento,
autenticato dall’autorità doganale, attestante che le merci di cui trattasi
sono state presentate all’ufficio di destinazione. Il documento deve
contenere l’identificazione di dette merci; oppure b) esibendo un
documento doganale di immissione in consumo rilasciato in un paese terzo
o la relativa copia o fotocopia; detta copia o fotocopia deve essere
certificata conforme dall’organismo che ha vistato il documento originale
o dai servizi ufficiali del paese terzo interessato o dai servizi ufficiali di uno
Stato membro. Il documento deve contenere l’identificazione delle merci in
causa; oppure c) per quanto riguarda la convenzione ATA, con i mezzi di
prova di cui all’articolo 8 della medesima». I predetti regolamenti sono
stati abrogati, rispettivamente, dal regolamento (CEE) del Consiglio 12
ottobre 1992, n. 2913, istitutivo del codice doganale comunitario, e dal
regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454 di
esecuzione, applicabili a partire dal l° gennaio 1994. Il regolamento
comunitario di esecuzione agli artt. 454 paragr. 3 e 455 paragr. 2 e 3, fa
17
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

C
Stef

est.
livieri

con un carnet ATA (e dunque la prova dell’effettivo trasporto della merce

4

salve le disposizioni delle rispettive convenzioni internazionali,
riproducendo sostanzialmente la previgente disciplina, disponendo che, nel
caso di trasporto iniziato all’interno della Comunità e terminato fuori di tale
territorio, qualora venga accertata la commissione di una infrazione o di
una irregolarità (e dunque nel caso in cui sia contestato che la merce non è
pervenuta all’ufficio di destinazione o che la merce pervenuta è diversa,

l’operatore può fornire prova della regolarità del trasporto “esibendo un
documento doganale di vincolo ad un regime doganale in un paese terzo o
la relativa copia o fotocopia” che deve essere “certificata conforme o
dall’organismo che ha vidimato il documento originale, o dai servizi
ufficiali del Paese terzo interessato, ovvero dai servizi ufficiali di uno Stato
membro” (art. 455 paragr. 3, lett. b) reg. esec. CDC).

3.10 Dalla disamina del complesso normativo richiamato, come
interpretato da questa Corte, emerge che:
– ai fini della esenzione delle cessioni alla esportazione, l’onere di
fornire la prova dell’avvenuta esportazione incombe, comunque (anche
nella ipotesi di “triangolazione”), anche sul primo cedente, il quale deve
dimostrare, senza che siano ammessi equipollenti, l’avvenuta uscita della
merce dal territorio doganale della Comunità (cfr. Corte cass. V sez

27.10.2010 n. 21956; id. Sez. 5, Sentenza n. 20575 del 07/10/2011 in
materia di “cessioni intracomunitarie”)
– la disciplina della prova, salva l’ipotesi di una regolamentazione
diretta da parte della normativa comunitaria è rimessa agli ordinamenti
interni degli Stati membri e nel caso di specie, le fonti normative interne
debbono essere rinvenute nell’art. 8 comma 1 lett. a) Dpr n. 633/1972 e e
nell’art. 346 TULD, nonché, relativamente alla dimostrazione della
18
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

St

Co s. est.
Olivieri

quantitativamente o qualitativamente, da quella controllata dall’ufficio di partenza),

regolarità della operazione di esportazione effettuata utilizzando carnet
TIR, nell’art. 455 paragr. 3 reg. CEE n. 2454/1993 che detta direttamente la

disciplina della prova (cfr. Corte di Giustizia 23.3.2000, cause riunite,
Hauptzollamt Neubrandenburg contro Leszek Labis, C-310198, e Sagpol SC
Transport Miedzynarodowy i Spedycja, C-406/98, punti 28-29)

– che, pertanto, il documento doganale (DAU) non costituisce l’unico ed

potendo essere idonee anche le fatture emesse nei confronti del cessionario,
le bolle di accompagnamento, i documenti internazionali di trasporto, gli
altri documenti previsti dalla Amministrazione finanziari purchè risulti la
vidimazione dell’Ufficio Doganale comprovante l’uscita della merce dal
territorio doganale ovvero comunque la prova certa ed incontrovertibile,
che può provenire anche dalle autorità pubbliche dello Stato estero
importatore, della uscita della merce dal territorio doganale della Comunità
(dovendo in tal caso ritenersi soddisfatte le condizioni richieste dalla legge per
ritenere sussistente una operazione triangolare e, quindi, una cessione
all’esportazione esente da imposta: Corte cass. V sez. 26.10.2011 n. 22233; id Sez.
5, Sentenza n. 21809 del 05/12/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 13457 del 27/07/2012,

con riferimento a documenti di trasporto relativi a cessione intracomunitaria), in tal

senso dovendo essere precisata l’affermazione di alcun precedenti secondo
cui la prova del trasporto può essere data con ogni mezzo di prova (cfr.
Corte cass. V sez. 3.5.2002 n. 6351; id. V sez. 26.5.2006 n. 12608).

3.11 Tale il quadro normativo di riferimento, la statuizione della CTR
della Lombardia secondo cui “non risultano essere idonei documenti di
trasporto internazionale le fatture e le lettere di vettura, né la
documentazione bancaria ……in assenza della relativa modulistica
doganale ……Nè a tale mancanza sul piano probatorio può sopperire ed
assumere rilevanza l’apposizione di un timbro della dogana nazionale di
19
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

esclusivo mezzo di prova dell’effettivo trasferimento materiale della merce,

uscita…” appare in evidente contrasto con le norme di diritto che regolano
la materia delle cessioni alla esportazione, tenuto conto che proprio
l’attestazione (visto di uscita; vidimazione) apposta dall’ufficio doganale
“di uscita” sul documento doganale (DAU) o sugli altri documenti di
transito indicati nell’art. 8col lett. a) Dpr n. 633/72 (l’altura”; “bolla di
accompagnamento”; “documento di trasporto”; “altro documento idoneo avente le

e nell’art. 346co 1 lett. a)

TULD (“attestazioni o certificazioni rilasciate da una dogana o da altre pubbliche
amministrazioni estere”; “documenti di trasporto internazionale ritenuti idonei dal
Ministero della Economia e delle Finanze”),

è richiesta ai fini di dimostrare

l’effettiva esportazione della merce fuori dal territorio doganale della
Comunità, e che tale “ufficio doganale di uscita” ove il soggetto cedente si
avvalga del trasporto a mezzo di vettore ferroviario, aereo o marittimo
coincide con l’ “ufficio doganale nazionale di partenza” ai sensi dell’art.
793, paragr. 2 lett. a) del reg. 2454/93 di esecuzione del CDC (ricorrendo i
presupposti ivi indicati) al quale pertanto spetta il controllo delle
indicazioni contenute nel manifesto di carico e l’effettiva presa in carico
della merce da parte del vettore rilasciando la relativa attestazione di uscita
della merce dal territorio doganale della Comunità.

3.12 Del pari va incontro a censura la statuizione della CTR che
accomuna alla documentazione bancaria dell’avvenuto pagamento

correttamente ritenuta prova inidonea a dimostrare l’effettivo trasporto della merce
fuori del territorio doganale della Comunità- le fatture e le lettere di vettura “in

assenza della modulistica doganale normativamente prevista”: premesso
che non è affatto chiaro quale sia “la modulistica” cui fa riferimento il
Giudice territoriale in modo del tutto approssimativo, è appena il caso di
osservare che tanto le fatture quanto le bolle di accompagnamento delle
merci sono espressamente considerate dall’art. 8co l lett. a) Dpr n.
20
RG n. 12496/2008
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Co
Stefano

st.
vieri

caratteristiche determinate con DM delle Finanze”)

633/1972 quali mezzi di prova idonei a dimostrare il trasferimento
materiale della merce, se corredati della “vidimazione” o della “attestazione
di uscita”.

3.13 In conseguenza della errata rilevazione ed interpretazione delle
norme di diritto applicabili alla fattispecie, risulta altresì viziato, sotto il

della uscita delle merci dal territorio della Comunità, avendo peraltro
omesso del tutto la CTR lombarda di esaminare puntualmente la copiosa
documentazione prodotta in giudizio (indicata dal parte ricorrente alle pag. 21 e
23 da cui emergono tra l’altro anche bills of landing per trasporti via aereo o via
mare, e bollette doganali con apposti timbri dalle dogane dei Paesi comunitari
asseritamente di uscita o dei Paesi esteri importatori),

verificandone la

congruenza ed efficacia dimostrativa in relazione alle diverse modalità di
trasporto di cui si avvalsa in concreta la società ricorrente e che vengono
dettagliatamente indicate dalla società per ciascuna delle operazioni di
cessione alla esportazione eseguite (cfr. ricorso pag. 21-23).

§ 4. Pertanto, la sentenza deve essere cassata, con rinvio della causa al
Giudice di merito affinchè, previa individuazione, in base alle emergenze
istruttorie, delle concrete modalità di esecuzione di ciascuna operazione di
cessione alla esportazione eseguita dalla società (operazione di esportazione
fuori dal territorio doganale della Comunità mediante spedizione di merci
per vettore aereo marittimo o ferroviario o su strada con carnet TIR; regime
di transito comunitario cui sono vincolate le merci), verifichi la efficacia
dimostrativa della uscita delle merci dal territorio della Comunità dei
documenti commerciali, doganali e di trasporto prodotti in giudizio dalla
società ricorrente, tenuto conto, della equipollenza istituita dalle norme tra
la documentazione doganale (DAU) ed i documenti commerciali e di
21
RG n. 12496/2008
ric. FISE s.p.a. c/Ag.Entrate

Co est.
Stefano lwieri

profilo logico, anche il giudizio conclusivo sulla mancanza di prove idonee

7nr.,;j2
SRNTE
Al :-;ENSI
.
N. 131 TAB. ALL. 3. – N. 5

MATERIA TRLB UTAX1A

trasporto dai quali risulti in modo preciso ed inconfutabile che è stato
accertato da autorità pubbliche dello Stato di partenza o dello Stato di
destinazione che i beni hanno materialmente varcato il confine comunitario.

In conclusione il ricorso deve essere accolto (quanto al quarto, quinti;
settimo, ottavo e nono motivo; inammissibile il terzo ed il sesto motivo;

causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria della regione
Lombardia affinché provveda ad un nuovo esame delle risultanze
documentali nonché alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte :
– accoglie il ricors&cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra
sezione della Commissione tributaria della regione Lombardia affinché
provveda ad un nuovo esame delle risultanze documentali nonché alla
liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio 6.5.2013

infondati il primo ed il secondo motivo), la sentenza impugnata cassata e la

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