Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1975 del 26/01/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 26/01/2018, (ud. 19/12/2017, dep.26/01/2018),  n. 1975

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La società Ittica Valdagri s.p.a. impugnava l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Scanzano Jonico per l’anno 2007 in materia di TARSU con cui era stata determinata la debenza della tassa in relazione ad alcuni immobili siti nel territorio comunale consistenti in uno stabilimento industriale, in una abitazione ed in locali destinati a vendita ed esposizione. La commissione tributaria provinciale di Matera rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Basilicata sul rilievo che il Comune non aveva previsto alcuna esenzione per le attività agricole, di talchè la contribuente era tenuta al pagamento della tassa ancorchè fosse imprenditore agricolo.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi. Il Comune di Scanzano Jonico non si è costituito in giudizio. Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c. e violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 58, 59 e 62, artt. 2, 3 e 8 del regolamento del Comune di Scanzano Jonico numero 30/2003. Sostiene che la CTR non si è pronunciata in ordine al motivo di appello con cui era stato evidenziato che gli immobili della società erano siti in Scansano Jonico ma erano ubicati in una zona confinante a nord con il fiume (OMISSIS) e a sud con il territorio di Policoro; l’unica strada di accesso era ubicata in (OMISSIS). L’art. 2 del regolamento comunale numero 30/2003, applicativo della TARSU, disponeva l’applicazione della misura ridotta della tariffa nelle vie (OMISSIS) e statale (OMISSIS), ove il servizio non veniva effettuato. Ne derivava che essa contribuente aveva diritto alla riduzione della tariffa in quanto il Comune non aveva mai attivato ed espletato il servizio di raccolta rifiuti.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 ed all’art. 8, comma 3, lett. a, del regolamento comunale istitutivo della TARSU. Sostiene che la CTR non ha considerato quanto dedotto dalla contribuente, ovvero che i locali oggetto dell’avviso di accertamento non potevano essere assoggettati a tassazione in quanto non erano idonei a produrre rifiuti per la loro natura e per il particolare uso cui erano stabilmente destinati in quanto lo stabilimento industriale era, in realtà, un impianto idrovoro per la captazione e il versamento delle acque marine nelle vasche e bacini lagunari per l’allevamento delle specie ittiche, l’immobile qualificato come abitazione era un locale spogliatoio dei dipendenti della società ed i locali destinati ad uso vendita ed esposizione erano, invece, destinati ad avannotteria. Detti locali erano esclusi da tassazione poichè l’articolo 8 del regolamento comunale istitutivo della tassa prevedeva l’esclusione dal calcolo delle superfici utili dei locali adibiti a stalle, fienili, serre a destinazione agricola e capannoni per attrezzi agricoli.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 503 del 1993, art. 59, comma 4 e all’art. 3, comma 3, dei regolamenti comunali numero 27/2002 e 30/2003. Sostiene che, in ogni caso, sarebbe spettata la riduzione del 30% della tariffa prevista dall’art. 3, comma 3, del regolamento istitutivo della tassa, che prevedeva tale riduzione nel caso in cui i detentori degli insediamenti si trovassero a distanza superiore a metri 1000 dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata. Nel caso di specie, poichè i fabbricati si trovavano al di là della zona perimetrata, la CTR avrebbe dovuto quantomeno riconoscere la riduzione del 30% del tributo.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7, comma 3, lett. a e art. 21, comma 2, lettera g e art. 8, comma 1, del regolamento del Comune numero 30/2002. Sostiene che il Comune non si era avvalso della potestà regolamentare conferita dall’art. 21, comma 2, lett. g, del decreto Ronchi di assimilazione dei rifiuti speciali provenienti dall’attività agricola a quelli urbani sicchè la tassa non era dovuta per i locali ove si producevano esclusivamente rifiuti speciali e l’art. 8 del regolamento prevedeva che per i locali ove si svolgevano attività produttive di rifiuti speciali, tossici e nocivi, non assimilati agli urbani, si riduceva la superficie tassabile dei locali adibiti ad attività produttive o di lavorazione di percentuali previste nel regolamento stesso, che per le attività espressamente non contemplate, quali le attività agricole, era del 20%.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. Invero del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4, stabilisce che: “se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si è svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al primo comma, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo è dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2” (cioè in misura non superiore al 40% della tariffa). La CTR ha omesso di pronunciarsi sulla spettanza della riduzione di cui alla norma citata in considerazione della particolare ubicazione degli immobili oggetto dell’atto impositivo.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti e l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perchè ivi si producono rifiuti speciali è subordinata all’adeguata delimitazione di tali spazi nonchè alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente (Cass. n. 11351 del 06/07/2012; Cass. n. 17703 del 02/09/2004). Una siffatta prova non risulta nella specie essere stata fornita non avendo la contribuente dedotto di avere presentato idonea denuncia.

3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto la contribuente non ha dedotto di aver formulato il rilievo sulla spettanza della riduzione del 30% – in forza dei regolamenti comunali numero 27/2002 e 30/2003 – nei precedenti gradi di giudizio.

4. Il quarto motivo è infondato. Assume la ricorrente che il Comune non ha adottato un regolamento che prevedesse l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani non essendosi avvalso del potere di assimilazione previsto dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2 lett. g – norma che consentiva l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dallo Stato con Delib. 27 luglio 1984 (punto 1.1.1. lett. a). Purtuttavia il fatto che i rifiuti speciali non fossero stati assimilati dal Comune ai rifiuti urbani non comportava che tali categorie di rifiuti fossero, di per sè, esenti dalla TARSU poichè ad esse si applicava la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali non assimilati (Cass. n. 5377 del 30.11.2011). La ricorrente ha dedotto che l’art. 8 del regolamento comunale prevedeva che per i locali ove si svolgevano attività produttive di rifiuti speciali, tossici e nocivi, non assimilati agli urbani, si riduceva la superficie tassabile dei locali adibiti ad attività produttive o di lavorazione di percentuali previste nel regolamento stesso, che per le attività espressamente non contemplate, quali le attività agricole, era del 20%. Sennonchè la contribuente avrebbe dovuto presentare documentazione idonea a dimostrare le condizioni per beneficiare dell’esenzione ed un tanto non risulta essere stato effettuato.

5. In relazione al motivo accolto l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo ed il quarto e dichiara inammissibile il terzo, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2018

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