Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1975 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21587-2020 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ISOLINA SILVANA VERI’;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 931/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO SEZIONE DISTACCATA di PESCARA, depositata il

12/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. P.D. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo-sezione staccata di Pescara ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Chieti, che aveva rigettato il suo ricorso contro la cartella di pagamento emessa, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-ter, nei suoi confronti, per l’Irpef dell’anno d’imposta 2013, in conseguenza del disconoscimento della detrazione delle spese sostenute dalla contribuente per interventi finalizzati al risparmio energetico, effettuati presso un immobile detenuto a titolo di comodato.

L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-ter, comma 4.

Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo, nel rigettare il relativo motivo d’appello, avrebbe erroneamente ritenuto che la comunicazione dell’esito del controllo formale fosse sufficientemente motivata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ridetto art. 36-ter, comma 4, secondo cui “L’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarate, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”; nonché ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7.

Il motivo è inammissibile, poiché è generico e comunque non attinge specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, come invece è necessario a pena di inammissibilità del mezzo (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, ex plurimis).

Invero, risultando incontestato che vi sia stata la comunicazione preventiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-ter, comma 4, non è specificamente dedotto nel mezzo quale sia l’effettiva pretesa carenza del relativo contenuto, neppure con riferimento alle facoltà difensive della contribuente che sarebbero state concretamente lese in conseguenza del preteso deficit.

Il mero riferimento, nel mezzo, al preteso mutamento, nel giudizio di merito, delle argomentazioni difensive esposte dall’Amministrazione rispetto al contenuto della comunicazione in questione, potrebbe integrare eventualmente un ipotetico vizio processuale, non denunciato in questa sede, sulla cui inesistenza peraltro la motivazione della CTR si diffonde puntualmente, senza essere attinta specificamente dal ricorso in parte qua.

Il mezzo, inoltre, neppure attinge la ratio decidendi relativa alla contraddittorietà dei motivi d’appello della contribuente in ordine all’imputazione della carenza della motivazione, dedotta con il ricorso introduttivo, alla comunicazione preventiva piuttosto che alla cartella, o viceversa.

2. Con il secondo motivo la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16-bis, comma 1; della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi da 344 a 347, prorogata con la L. n. 244 del 2007; del D.M. n. 47 del 2007, art. 2, comma 1, lett. a); dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 1803 c.c.. Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo, nel rigettare il relativo motivo d’appello, avrebbe erroneamente ritenuto che non fosse sufficiente, ai fini di godere della detrazione in parola, la circostanza che la ‘contribuente era comodataria di una porzione dell’immobile oggetto dei lavori finalizzati al risparmio energetico, giacché, pur essendo tale titolo astrattamente idoneo ad attribuirle la conseguente legittimazione, la comodataria avrebbe dovuto fornire altresì la prova di “un concreto potere di fatto sul bene”, quindi di “una relazione di fatto con il bene stesso, ovvero della concreta disponibilità dello stesso.”.

Il motivo è fondato.

Infatti la stessa prassi dell’Amministrazione (cfr. circolare n. 36/E del 2007, pagg. 5 e 22) riconosce nella detenzione derivante dal comodato la fonte della legittimazione all’agevolazione, che permane anche dopo la cessazione dello stesso comodato, relativamente al comodatario che abbia sostenuto le spese.

La sussistenza del comodato (contratto registrato del quale la CTR non esclude efficacia, validità ed esecuzione al momento dei lavori in questione; né accerta la natura meramente fittizia) integra, quale titolo idoneo alla detenzione, anche la prova della sussistenza di quest’ultima, per quanto attiene l’onere gravante sulla contribuente comodataria ai fini dell’agevolazione. Ha quindi errato la CTR nell’affermare che, nel caso di specie, fosse necessaria altresì la prova, da parte della contribuente, di ” una relazione di fatto con il bene stesso, ovvero della concreta disponibilità dello stesso”, trattandosi normalmente di un effetto- del titolo (nel caso di specie registrato e munito quindi di data certa) e di un esercizio del diritto che ne deriva, fatta salva la possibilità della contestazione e della prova contraria da parte dell’Ufficio, ovvero dell’allegazione di una situazione oggettiva concreta difforme da quella riconducibile alla fonte negoziale accertata (allegazione ed accertamento dei quali però la sentenza impugnata non dà conto).

All’accoglimento del secondo motivo segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR perché applichi il predetto principio e provveda sulle questioni rimaste assorbite dalla decisone cassata.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

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