Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19749 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 22/09/2020), n.19749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11258-2019 proposto da:

R.M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato BORNO MARCO;

– ricorrente –

contro

S.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAIDANO FABRIZIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1713/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.C. citò in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, R.M.S. per chiedere accertarsi che l’immobile acquistato era privo di certificato di inabitabilità e che, ai sensi dell’art. 1492 c.c., fosse riconosciuta la riduzione del prezzo nella misura di Euro 56.666,00, oltre interessi dalla domanda al saldo; chiese, inoltre, il risarcimento dei danni relativi alle spese di ristrutturazione e di arredo sostenute ed alle spese notarili.

1.1.Nel contraddittorio con R.M.S., il Tribunale di Torino respinse la domanda.

1.2.La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 28.9.2018, in riforma della sentenza di primo grado, accolse, per quanto di ragione, l’appello della S., limitatamente all’azione risarcitoria; sulla base dell’interpretazione della domanda, affermò che l’attrice aveva agito per ottenere il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale – per aver ricevuto un bene diverso da quello pattuito – senza chiedere la risoluzione del rapporto contrattuale.

Riguardo al quantum debeatur, determinò il danno in via equitativa, sulla base del minor valore dell’immobile risultante della consulenza di parte svolta ante causam poichè non era possibile determinare il danno nel suo preciso ammontare mentre ritenne generica la domanda risarcitoria, avente ad oggetto i lavori di ristrutturazione dell’immobile ed inconferente la domanda volta ad ottenere i danni per i lavori di sistemazione ed arredo dell’appartamento.

2.Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.M.S. sulla base di tre motivi.

2.1. Ha resistito con controricorso S.C..

3.1.Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 1452 e 1453 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto l’azione di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. non sarebbe stata oggetto della domanda introduttiva, con la quale l’attrice avrebbe chiesto la riduzione del prezzo, ai sensi dell’art. 1492 c.c. e l’azione risarcitoria sarebbe proposta limitatamente alle spese di ristrutturazione, agli arredi ed alle spese notarili. L’azione di inadempimento del contratto, proposta per la prima volta in appello, costituirebbe, pertanto, una domanda nuova, diversa dal tema decidendum del giudizio di primo grado; conseguentemente, la Corte d’appello, atteso il divieto dei nova, avrebbe dovuto dichiararne l’inammissibilità.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la corte di merito determinato il danno in via equitativa, in assenza di prova sull’an debeatur mentre il giudizio equitativo sarebbe possibile solo ove vi fosse la prova del danno.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per illogicità manifesta della motivazione in quanto la corte di merito avrebbe, da un lato, riconosciuto il diritto risarcitorio e dall’altra rigettato la domanda ex art. 1492 c.c..

4.1 motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.

4.2. Va osservato che l’art. 1492 c.c. prevede l’irrevocabilità della scelta operata con la domanda giudiziale tra la risoluzione del contratto e la riduzione del prezzo, ma lascia impregiudicato il diritto del compratore, a norma dell’art. 1494 c.c., al risarcimento del danno, ove sia dovuta la garanzia per i vizi della cosa a norma dell’art. 1490 c.c.. D’altra parte, come già affermato da questa Corte, l’azione di risarcimento dei danni, proposta ai sensi dell’art. 1494 c.c. dall’acquirente, non si identifica nè con le azioni di garanzia di cui all’art. 1492 c.c., nè con l’azione di esatto adempimento (Cass. 2, sent. 5202 del 7-3-2007). Infatti, mentre la garanzia per evizione opera anche in mancanza della colpa del venditore, onde eliminare, nel contratto, lo squilibrio tra le attribuzioni patrimoniali determinato dall’inadempimento del venditore, l’azione di risarcimento danni – che presuppone di per sè la colpa di quest’ultimo, consistente nell’omissione della diligenza necessaria a scongiurare l’eventuale presenza di vizi nella cosa – può estendersi a tutti i danni subiti dall’acquirente. Essi comprendono non solo i danni relativi alle spese necessarie per l’eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene. Da ciò consegue, fra l’altro, che tale azione si rende ammissibile, in alternativa, ovvero, cumulativamente, con le azioni di adempimento in via specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 26852 del 29/11/2013).

4.3. Nel caso di specie, l’azione di risarcimento era stata proposta con l’atto introduttivo del giudizio, sicchè il giudice di merito si è correttamente pronunciato sulla domanda senza eccedere i limiti di essa.

4.4. Dall’esame dell’atto di citazione, infatti – consentito in ragione del vizio dedotto, avente natura processuale, indipendentemente dall’indicazione delle norme che si assumono violate – si evince che l’attrice aveva lamentato l’assenza del certificato di abitabilità e l’operatività della garanzia ex art. 1492 c.c., oltre al risarcimento dei danni.

4.4. La corte di merito ha correttamente affermato che, nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poichè vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico – sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità. Il mancato rilascio della licenza di abitabilità, pertanto, integra un inadempimento del venditore per consegna di “aliud pro alio”, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità’ o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza (Cassazione civile sez. II, 18/09/2019, n. 23265; Cassazione civile sez. II, 30/01/2017, n. 2294; Cassazione civile sez. II, 06/07/2011, n. 14899).

4.5. Il giudice di merito, in applicazione del principio iura novit curia, ha qualificato la domanda introduttiva come azione di inadempimento del contratto di vendita per assenza del certificato di abitabilità e di risarcimento dei danni, indipendentemente dal richiamo dell’azione di garanzia di cui all’art. 1492 c.c. (Cassazione civile sez. II, 07/03/2007, n. 5202)

4.6. Non vi è stata, pertanto, alcuna violazione dell’art. 1453 c.c., nè dell’art. 1492 c.c. in quanto la qualificazione della domanda spetta al giudice di merito e l’accertamento della colpa del venditore era funzionale alla decisione sulla domanda risarcitoria.

4.7.In relazione al quantum del risarcimento, la corte di merito, attesa l’impossibilità di determinare il danno nel suo preciso ammontare, ha fatto ricorso al criterio equitativo, ai sensi dell’art. 1226 c.c., assumendo quale parametro di riferimento la consulenza tecnica di parte, non specificamente contestata dalla convenuta, che aveva accertato un minor valore dell’immobile privo di certificato di abitabilità nella misura di un terzo del prezzo pagato dalla compratrice.

4.8. La corte di merito ha correttamente applicato il principio di diritto, secondo cui, nella vendita di immobili destinati ad abitazione, l’inadempimento dell’obbligo, gravante sul venditore-costruttore, di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità è “ex se” foriero di danno emergente, per il minor valore di scambio del bene che da ciò consegue; tale danno, ove accertato nell'”an”, è suscettibile di essere liquidato dal giudice in via equitativa, essendo obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provarne il preciso ammontare (Cassazione civile sez. III, 10/10/2019, n. 25418)

4.9. La motivazione impugnata non è, pertanto, nulla per violazione dell’art. 132 c.pc. n. 4, essendo il vizio di nullità configurabile quando la sentenza è inidonea a raggiungere lo scopo, ovvero di spiegare le ragioni del decidere; la “mancanza della motivazione”, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, va ravvisato quando le argomentazioni sono svolte in modo talmente contraddittorio e con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. (Cass. Sez. Unite 07/04/2014 n. 8053).

5.I1 ricorso va pertanto rigettato.

5.1.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

6.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile -2 della Corte di cassazione, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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