Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19747 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 22/09/2020), n.19747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29518-2019 proposto da:

R.R., R.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato FALANGA DOMENICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA,

depositato il 26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Reggio Calabria, con decreto n. 248/2019, respingeva il l’opposizione proposta da R.A. e R.R. ex L. n. 89 del 2001 avverso il decreto che dichiarava inammissibile per tardività la domanda di equo indennizzo. In particolare, la Corte nel confermare il giudizio di tardivo deposito del ricorso presentato dagli opposti ex L. n. 89 del 2001, ha considerato che la sentenza del giudizio presupposto era passata in giudicato in data 22.01.2017, in applicazione del disposto della L. n. 162 del 2014, che aveva ridotto il periodo di sospensione feriale dei termini da 45 a 31 giorni, con la conseguenza che il ricorso per equa riparazione depositato in data 31 luglio 2017 doveva ritenersi intempestivo.

Avverso il decreto della Corte di appello di Napoli i Ripepi propongono ricorso per cassazione, fondato su cinque motivi.

Il Ministero della giustizia resiste con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sebbene recante la rubrica “motivi aggiunti”.

Atteso che:

– con le prime tre censure e con il quinto mezzo i ricorrenti propongono -sotto profili apparentemente diversi la medesima questione dell’applicabilità al caso in esame della riduzione dei termini della sospensione feriale di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv. in L. n. 162 del 2014, prospettando all’evenienza anche questione di legittimità costituzione della norma in siffatta interpretazione.

Le censure nel loro complesso non possono trovare ingresso.

Deve premettersi che la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ai sensi della L. n. 742 del 1969, art. 1, è stato modificato dalla legge che ha ridotto a 31 giorni la sospensione dei termini in periodo feriale, la quale contiene una precisa norma sull’entrata in vigore, precisamente proprio all’interno dell’art. 16 ove al comma 3 si dispone che “Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 acquistano efficacia a decorrere dall’anno 2015”. Non c’è nessun richiamo alla data di pubblicazione delle sentenze impugnate, o di proposizione delle impugnazioni, ma solo un chiaro riferimento all’anno solare 2015 e dunque, evidentemente, al periodo feriale 2015; del resto, se il legislatore avesse inteso ancorare l’applicabilità della legge sulla riduzione dei termini alla data dell’impugnazione o a quella di pubblicazione della sentenza lo avrebbe fatto, come è accaduto in tanti altri casi di riforme processuali (solo per fare qualche esempio, vedasi, nel primo caso, la norma transitoria della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18 in tema di contributo unificato e, nel secondo caso a quella che ha introdotto il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 sui motivi di ricorso per cassazione; oppure quella in tema di impugnabilità delle sentenze emesse nei giudizi di opposizione a ordinanza ingiunzione di cui alla L. n. 689 del 2001, art. 23).

Il termine di 31 giorni appare assolutamente ragionevole ai fini di un adeguato esercizio del diritto di difesa e l’operatività della norma a partire dall’estate 2015 non comporta, nel caso in esame, nessun vulnus alla tutela dell’affidamento, posto che al momento in cui è sorto il diritto di impugnazione (cioè alla data del deposito della sentenza conclusiva del giudizio presupposto) il difensore era già a conoscenza, o comunque doveva esserlo, dell’avvenuta entrata in vigore del decreto L. 12 settembre 2014, n. 132, in Gazzetta Ufficiale n. 212 del 12.9.2014 ed in vigore dal giorno successivo a quello della pubblicazione (art. 23, comma 1) – oltre che ampiamente pubblicizzato attraverso i canali ordinari di informazione decreto contenente, a ben vedere, disposizioni ancora più rigorose rispetto a quella oggi applicata perchè prevedeva una sospensione “dal 6 al 31 agosto” (poi allungata in sede di conversione: v. allegato alla L. 10 novembre 2014, n. 16), il che rende irrilevanti anche eventuali profili di illegittimità costituzionale.

Ne consegue che al momento del deposito del ricorso per equa riparazione, avvenuto il 31.07.2017 il termine semestrale di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 era già scaduto, in quanto relativo a giudizio presupposto concluso con sentenza pubblicata il 21.12.2015;

– con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater per essere stati condannati al pagamento di Euro 1.000,00 nonostante la correttezza della domanda.

E’ altresì da respingere il quarto motivo di ricorso. La L. n. 89 del 2001, art. 5-quater, prevede che il giudice, che dichiari inammissibile o manifestamente infondata la domanda per equa riparazione, possa condannare il ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma di denaro non inferiore ad Euro 1.000,00 e non superiore ad Euro 10.000,00. Come già affermato da questa Corte, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito valutare se sussistono i presupposti per disporre una sanzione pecuniaria a carico della parte nelle ipotesi di declaratoria di inammissibilità o rigetto della domanda per manifesta infondatezza, rimanendo detta sanzione compatibile con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che, per realizzarsi concretamente, presuppone misure volte a ridurre i rischi di abuso del processo (Cass. 18 marzo 2016 n. 5433).

I ricorrente intendono invece inammissibilmente censurare come violazione di legge l’apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito circa la manifesta infondatezza della domanda di equa riparazione e la determinazione in concreto della sanzione pecuniaria applicata entro i limiti minimo e massimo fissati dalla legge.

In definitiva, per tutte le spiegate ragioni, il ricorso deve essere integralmente respinto, con condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore dell’Amministrazione della giustizia delle spese di questo giudizio di legittimità. Non sussistono i presupposti di legge per l’applicabilità del raddoppio del contributo unificato (come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater), sulla scorta del disposto dell’art. 10 dello stesso T.U. n. 115/2002 (cfr. Cass. n. 2273/2019 e Cass. SU n. 19883/2019) e, quindi, in virtù dell’esenzione dal pagamento di tale contributo per le domande proposte ai sensi della L. n. 89 del 2001.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA