Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19747 del 09/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 09/08/2017, (ud. 19/04/2017, dep.09/08/2017),  n. 19747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANIELLO Roberto – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24039/2011 proposto da:

V.A. (c.f. (OMISSIS)), G.S. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in Roma Via Cicerone n.49,

presso l’avvocato Costanzo Stefania Nicoletta, rappresentati e

difesi dall’avvocato Metafora Vincenzo, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Fallimento della G. Impermeabilizzazioni S.r.l., in persona

del curatore avv. M.L., elettivamente domiciliato in Roma,

Piazza Cavour n.17, presso l’avvocato Barucco Ferdinando,

rappresentato e difeso dall’avvocato Avino Manuela, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4319/2010 della CORTE D’APPELLO dì NAPOLI,

depositata il 27/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal cons. ACIERNO MARIA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Rilevato che la Corte d’Appello di Napoli, confermando la pronuncia di primo grado sull’azione di responsabilità ex art. 146 legge fall., azionata dalla curatela del fallimento della s.r.l. G. Impermeabilizzazioni nei confronti dell’amministratore G. nonchè sull’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. volta a far dichiarare l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale tra il G. e la moglie separata V.A., ha affermato:

a) inammissibilità dell’impugnazione della V. della pronuncia di primo grado relativamente alle censure riguardanti l’accoglimento dell’azione di responsabilità sociale a carico del G., essendo la medesima rispetto a tale azione interveniente adesiva dipendente con conseguente mancanza di potere d’impugnare;

b) legittimazione della V. ad eccepire la prescrizione del diritto di credito conseguente all’azione sopra indicata in quanto parte dell’azione revocatoria relativa alla costituzione del fondo patrimoniale limitatamente all’effetto impeditivo operante nei suoi confronti e senza effetti sul debitore principale;

c) tardività dell’appello proposto dal G. fuori termine in quanto non condizionato;

d) validità ed efficacia della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado ex art. 143 cod. proc. civ. essendo stati svolti diversi tentativi ed eseguite ricerche e chieste informazioni prima di procedere alla tipologia di notificazione adottata, dovendosi peraltro sottolineare che non è stata mai indicata la residenza o dimora effettiva del G. ed avendo lo stesso dichiarato di risiedere effettivamente nel luogo di residenza anagrafica il 13/12/2000 in occasione del deposito delle scritture contabili;

e) passaggio consequenziale in giudicato della condanna risarcitoria nei confronti del G.;

f) infondatezza dell’eccezione di prescrizione sul medesimo credito svolta dalla V. dal momento che il dies a quo per il decorso della prescrizione coincide con la data del fallimento (26/10/2000) e l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato il 9/4/2002;

g) infondatezza dell’eccezione di prescrizione rispetto all’azione revocatoria dal momento che l’atto di citazione sopra indicato ha interrotto la prescrizione rispetto al dies a quo individuato nella data dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale (24/3/1997);

h) fondatezza dell’azione revocatoria. L’atto non è oneroso ed ha prodotto senz’altro un rilevante pregiudizio ai creditori sociali. L’illecita condotta che ha portato all’azione di responsabilità sociale si era già largamente consumata alla data di costituzione del fondo patrimoniale in quanto il patrimonio netto della società era già negativo nel 1996 e non era stata convocata l’assemblea per i provvedimenti ex artt. 2446 e 2447 cod civ.. Risulta pertanto provata, sulla base del criterio della probabilità preponderante, anche l’intenzione di danneggiare i creditori.

2.Considerato che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la V. affidato ai seguenti motivi:

Nel primo motivo viene dedotta la violazione art. 143 cod. proc. civ. per non essere stata rilevata la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti del G..

La censura è manifestamente infondata. La Corte, al riguardo, ha accertato, con giudizio insindacabile in quanto esaurientemente argomentato, (pag. 11-12 sentenza impugnata) la corrispondenza ai criteri di legge degli adempimenti prodromici all’esecuzione della notifica ovvero l’avvenuta esecuzione delle ricerche e la richiesta d’informazioni. E’ stato, inoltre, rilevato, nella sentenza impugnata come non sia stata mai indicata la residenza effettiva, la dimora o il domicilio del G..

All’interno della censura rubricata come primo motivo viene dedotto un vizio ex art. 112 cod. proc. civ. di omessa pronuncia su un motivo d’appello, per non essere stata notificata al V. la memoria della curatela depositata il 21/3/2003, contenente una vera e propria mutatio libelli. La censura è inammissibile per difetto di specificità dal momento che non è riprodotto il motivo contenente la prospettazione di questo rilievo. Peraltro la contumacia del V. in primo grado escludeva radicalmente l’obbligo di notifica della memoria in oggetto. L’ultima censura contenuta nel primo motivo riguarda la contestazione del rilievo di tardività dell’impugnazione incidentale del G.. Anche questa censura è inammissibile per difetto d’interesse essendo legittimato al riguardo soltanto l’appellante incidentale. La Corte d’Appello con motivazione del tutto esauriente, peraltro, ha sottolineato che le censure contenute in questa impugnazione, incontestatamente tardiva, avevano natura autonoma e non condizionata.

Nel secondo motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 2393,2394,2939,2941 e 2945 cod. civ., art. 112 cod. proc civ. e art. 146 legge fall. in ordine alla ritenuta infondatezza dell’eccezione di prescrizione riguardante l’azione di responsabilità esercitata dal curatore nei confronti del G. ex art. 146 legge fall. per erronea individuazione del dies a quo della decorrenza. Al riguardo viene rilevato che la conoscenza dello stato d’insufficienza patrimoniale della società fallita era evidente molto prima della dichiarazione di fallimento come la stessa Corte d’Appello aveva riconosciuto nel confermare la pronuncia di accoglimento dell’azione revocatoria relativa al costituito fondo patrimoniale. Al riguardo, precisa la parte ricorrente, la sospensione prevista dall’art. 2941 c.c., n. 7 può valere in favore della Curatela soltanto per l’azione sociale di responsabilità (art. 2393 cod. civ.) e non anche per quella ex art. 2394 cod. civ. relativo al riconoscimento della responsabilità dell’organo amministrativo verso i creditori sociali.

La censura, sotto quest’ultimo profilo è inammissibile per novità e difetto di specificità in quanto la diversa individuazione del dies a quo in ordine all’azione verso i creditori sociali per mancata operatività della sospensione legale ex art. 2941 c.c., n. 7 non risulta prospettata in grado d’appello in quanto nel corpus del ricorso non è riprodotta tale censura nè risultano indicazioni puntuali per una ricognizione per relationem della proposizione del motivo.

Peraltro, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, ribadito nella sentenza n. 24715 del 2015, con riferimento all’azione di responsabilità ex art. 2934 cod. civ. (verso i creditori sociali) proposta dal curatore “In ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, (dell’oggettiva percepibilità dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti) sussiste una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizi motivazionali che la rendano del tutto illogica o lacunosa.

Nella specie la parte ricorrente non ha neanche dedotto di aver tempestivamente assolto in punto di allegazione e prova contraria a tale specifico onere probatorio.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 143, 150,167, 168 e 171 legge fallimentare, art. 2901 cod. civ. e art. 112 cod. proc. civ. per aver ritenuto sussistenti i requisiti dell’azione revocatoria proposta in ordine al costituito fondo patrimoniale, sia in ordine all’eventus damni (destinazione di tutti i beni immobili al fondo) che in ordine allo scopo di danneggiare i creditori, attesa la situazione economico patrimoniale in atto al momento della costituzione del fondo.

Secondo la parte ricorrente la Corte d’Appello non ha tenuto conto delle esigenze effettive (i bisogni della famiglia, rimasti immutati anche dopo la separazione consensuale tra i coniugi) posti a base della costituzione del fondo patrimoniale, svolgendo una petizione di principio in ordine alla gratuità dell’atto senza considerare che ciò che era conferito erano i frutti e non i beni del fondo. Tale limitazione poneva in evidenza la mancanza di liberalità in quanto i frutti servivano per il mantenimento della famiglia, mantenimento cui doveva concorrere anche la V..

La parte ricorrente rileva infine la contraddittorietà nell’indicare il dies a quo della prescrizione dell’azione revocatoria nella pubblicazione del bilancio del 1996, in contrasto con quanto affermato in ordine all’azione di responsabilità ex art. 2934 cod. civ..

La censura è inammissibile perchè si compone di numerose considerazioni tra di loro tendenzialmente alternative (in particolare quelle sulla gratuità od onerosità dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale) senza tuttavia indicare quale profilo delle rationes decidendi della sentenza d’appello sia stato effettivamente attaccato. Al riguardo, si deve rilevare che, con accertamento di fatto del tutto insindacabile in quanto adeguatamente argomentato, la Corte d’Appello ha ritenuto provato sia l’eventus damni attesa l’onnicomprensività dei beni del G. assoggettati al predetto vincolo di destinazione sia l’intento di arrecare pregiudizio ai creditori in virtù della già compromessa situazione economico patrimoniale. Ai fini della decorrenza della prescrizione deve osservarsi che a pag. 11 della sentenza impugnata il dies a quo viene fissato nel 24 marzo 1997 data di costituzione del fondo patrimoniale e non in data anteriore. Deve rilevarsi al riguardo che il rilievo della pregressa conoscenza della situazione economico patrimoniale della società da parte del G. è dettato dall’esigenza di accertamento dei requisiti dell’azione revocatoria sotto il profilo dell’intento di recare pregiudizio ai creditori, essendo il G. amministratore nel 1996 della società fallita. Aver sottolineato tale circostanza costituisce elemento indispensabile di valutazione ai fini dell’accertamento dei fatti costitutivi dell’azione revocatoria ma è privo di alcun effetto rispetto alla prescrizione ed al suo decorso per le azioni di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 cod. civ., art. 146 legge fall. esercitate dal curatore, essendo diverso il soggetto la cui conoscenza rileva ai fini della determinazione del dies a quo.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 10000 per compensi; Euro 200 per compensi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2017

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