Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19746 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19746 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MELONI MARINA

SENTENZA
sul ricorso 11725-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
1550

contro

SANTI GROUP SRL (già LINO SANTI SPA) in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo
studio dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Data pubblicazione: 28/08/2013

MOSCHETTI FRANCESCO, CARRARO ORNELLA procura in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 6/2008 della COMM.TRIB.REG. di
VENEZIA, depositata il 18/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MELONI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MOSCHETTI
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 06/05/2013 dal Consigliere Dott. MARINA

Svolgimento del processo

A seguito di indagini effettuate dal Nucleo di

Veneto e di Rimini e Modena, l’Agenzia delle
Entrate Ufficio di Bassano del Grappa procedeva
alla notifica di avviso di accertamento della
dichiarazione annuale IVA relativa all’anno
d’imposta 1999 alla società Lino Santi spa, in
relazione ad un debito d’imposta iva di euro
173.000,00 circa oltre sanzioni ed interessi.
L’Ufficio

riteneva

esistente,

in

base

alle

risultanze del pvc della Guardia di Finanza in data
13/12/2000, una associazione criminale dedita alla
frode fiscale mediante acquisto di bevande e
liquori da società di San Marino che vendevano a
società filtro le quali, dopo aver incassato l’iva
senza versarla, rivendevano ad altre società
(nella fattispecie ADRIAGROS srl già Riviera srl,)
che fungevano da secondo filtro che, a loro volta,
dopo aver versato l’iva vendevano a società della
grande distribuzione, a prezzi inferiori a quelli
di mercato, tra le quali Lino Santi spa.

1

Polizia Tributaria della Guardia di Finanza del

La società Lino Santi

spa, che aveva già

presentato domanda di definizione automatica della
lite ex art. 15 legge 289/2002 e pagato l’importo
dovuto, presentava ricorso avverso l’avviso di
rettifica alla Commissione Tributaria provinciale

sentenza 103/06/2005 in data 6/10/2005 per
inesistenza delle violazioni citate nell’avviso di
accertamento e comunque già definite ai sensi
dell’art. 15 della legge 289/2002.
Su ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle
Entrate, la Commissione tributaria regionale del

VJTO
I Friuli Venezia Giulia

con sentenza nr.6/9/2008

depositata in data 18/3/20081, confermava la
sentenza di primo grado. Avverso la sentenza della
— ge1U-E, -n)
Commissione Tributaria regionale dei Friuli Venezia í

(Giula ha proposto ricorso per cassazione la
Agenzia delle Entrate con cinque motivi ed ha
replicato Santi Group srl già Lino Santi spa con
controricorso e memoria. L’Agenzia ricorrente ha
depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso

la ricorrente

Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art.21 comma 7 DPR 633 del
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di Vicenza la quale accoglieva il ricorso con

26/10/1972 ed art.

115

cpc

in

riferimento all’art. 360 n.3 cpc in quanto la
CTR ha ritenuto regolare la fattura emessa e
detraibile l’IVA in relazione ad un’operazione
commerciale effettiva anche se la società

commerciale ma è solo una “società filtro”.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione degli
artt 19, 21 e 54 DPR 633/1972 e art. 2697,2727 e
2729 cc ed art. 37 DPR 600/1973 in riferimento
all’art. 360 n.3 cpc in quanto la CTR ha
ritenuto, che l’onere della prova della fattura
soggettivamente inesistente spetta solo
all’Amministrazione finanziaria anche in
presenza di elementi indiziari plurimi, gravi e
concordanti e non invece sul contribuente che
intenda contestare la capacità dimostrativa di
quegli elementi.
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta
insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto decisivo della controversia in
riferimento all’art. 360 nr.5 cpc perché il
giudice di appello non ha indicato quali mezzi
di prova ha preso in considerazione né quale sia
stato il processo logico giuridico e cognitivo
3

venditrice non esercita effettivamente attività

che ha sorretto la

sua

valutazione

probatoria e le ragioni dell’inidoneità dei
mezzi di prova forniti dall’Ufficio.
Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia
lamenta disapplicazione dell’art. 36 comma 2

nr.4 cpc in quanto la CTR, senza alcuna
motivazione, ha affermato di condividere la
sentenza di primo grado in ordine alla
condonabilità delle liti pendenti in tema di
indetraibilità dell’IVA su operazioni
soggettivamente inesistenti.
Con il quinto motivo di ricorso l’Agenzia
lamenta disapplicazione dell’art. 9 e 15 della
legge 289/2002 ed art. 21 comma 7 DPR 633/1972
in riferimento all’art. 360 nr.3 cpc in quanto
la CTR ha ritenuto precluso all’Ufficio in
presenza di condono ex artt. 9 e 15 della legge
289/2002, ogni accertamento in ordine al
disconoscimento della sussistenza del diritto di
detrarre crediti d’imposta IVA per operazioni
soggettivamente inesistenti esposti nella
dichiarazione oggetto di definizione.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto in
ordine al terzo ed al quinto motivo, assorbiti
4

nr.4 D.Lgs 546/1992 in riferimento all’art. 360

gli altri.
Appare opportuno premettere che questa corte si
è già occupata di fattispecie analoghe a quella
in esame e precisamente a situazioni in cui la
CTR ha ravvisato la mancanza di prova da parte

conoscesse la frode posta in essere dalle
società intermedie e le omissioni dei versamenti
IVA ad opera delle stesse.
In particolare la medesima fattispecie è già
stata esaminata da questa Corte con riferimento
all’anno 1995 ed al medesimo pvc del 13/12/2000
redatto a carico della stessa società da Cass. V
sez. 6124 del 13/3/2009, la quale ha ritenuto
inesistente la prova in ordine alla necessaria e
consapevole partecipazione da parte
dell’acquirente all’evasione dell’iva posta in
essere dalla venditrice ed alla conoscenza da
parte della società contribuente della frode
posta in essere dalle società intermedie e delle
omissioni dei versamenti IVA ad opera delle
stesse.
La contestazione avanzata riguarda l’operazione
che si iscrive – per quanto riguarda quel
trasferimento o per quanto riguarda i passaggi_
5

dell’Ufficio che la società contribuente

precedenti – in una combinazione negoziale
fraudolenta di cui l’acquirente era o partecipe
o consapevole e che contempla la consapevolezza
in vario modo da parte dei cessionari successivi

cedente. In questa ipotesi l’iva che figura
pagata al cedente in via di rivalsa non è
detraibile dato che ad essa — con la
consapevolezza o la partecipazione del
cessionario — non solo non corrisponde un
versamento all’erario ma non corrisponde
un’attività economica effettiva ed il
trasferimento all’intermediario formale ha il
solo scopo abusivo di avvantaggiarsi della
detrazione. In tale ipotesi è peraltro il fisco
ad avere l’onere di provare gli elementi di
fatto che concretizzano la frode e la
partecipazione ad essa o la consapevolezza di
essa da parte del contribuente e tale prova può
essere data anche mediante presunzioni, dotate
di gravità, precisione e concordanza,
consistenti in elementi tali da porre
sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e
mediamente esperto. (Cass. V sezione nr. 15741
21/2/2012). Sul tema va richiamata la sentenza
6

del non versamento dell’IVA da parte di un

di questa Corte n. 867 del 20 ottobre 1010
secondo cui “nelle c.d. “frodi carosello”
fondate sul mancato versamento dell’imposta
incassata da società “cartiere” a seguito di

successive rivendite anche attraverso
l’interposizione di una o più società filtro
(“butTers”) – il meccanismo dell’operazione e
gli scopi che la stessa si propone (acquisizione
di materiali a prezzi più contenuti al fine di
praticare prezzi di vendita più bassi, con
alterazione a proprio favore del libero
mercato), fanno presumere la piena conoscenza
della frode e consapevole partecipazione
all’accordo simulatorio del beneficiario finale,
con la conseguenza che, in applicazione del
relativo principio sancito dall’art. 17 della
direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, l’IVA
assolta dal medesimo beneficiario nelle
operazioni commerciali con la società filtro non
è detraibile ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, anche se le predette
operazioni siano state effettivamente compiute e
le relative fatture, al pari dell’intera
documentazione contabile, sembrino perfettamente
7

acquisti intracomunitari, o altrimenti esenti, e

regolari”.
In tema di meccanismi fraudolenti preordinati
all’evasione fiscale deve essere anche citata la
giurisprudenza comunitaria, in particolare
Corte di Giustizia sent. C-439/04 par. 59 Axel

detraibilità se l’operatore ” sapeva o avrebbe
dovuto sapere di partecipare con il proprio
acquisto ad un’operazione che si iscriveva in
una frode all’IVA”.
Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale
sopra riportato in ordine alla prova che deve
essere fornita dall’ufficio, confermato dalle
numerose altre sentenze anche recenti in materia
e di fattispecie analoghe a quella in esame,
(Cass.V sez. nr .8722 del 27/2/2013) deve essere
accolto il ricorso proposto con rinvio al
giudice del merito affinchè esamini nuovamente
la questione e le circostanze addotte
dall’Ufficio

al

fine

di

dimostrare

consapevole partecipazione della società

la
al

meccanismo fraudolento posto in essere con
operazioni
preordinate,

esclusivamente

commerciali
se

anche

l’imposizione fiscale.

8

vere,

ad

eludere

Kittel, secondo la quale deve essere negata la

Tali

circostanze

evidenziate

in

particolare nel motivo 3 possono riassumersi nel
carattere fittizio delle operazioni commerciali
effettuate (indipendentemente dalla loro
effettiva realizzazione) destinate a concludere

IVA; nella mancanza di una propria struttura
commerciale e di una effettiva organizzazione
aziendale delle società fornitrici formalmente
gestite da soggetti prestanome con capitale
sociale minimo; nelle specifiche risultanze
dell’indagine penale, in particolare nelle
dichiarazioni dei testi escussi nell’ambito
dell’indagine, tutti coinvolti ed a conoscenza
dei fatti i quali hanno più o meno concordemente
dichiarato che Lino Santi era perfettamente
consapevole del meccanismo fraudolento
accertato; nelle anomale modalità dei rapporti
di acquisto e di pagamento intrattenuti con le
società fornitrici dalla contribuente; nella
mancanza di idonea documentazione sui
trasferimenti della merce; nell’acquisto della
merce da ditte italiane che vendevano alla Santi
Group spa a prezzi nettamente più bassi dei
produttori.

9

un piano illecito di sfruttamento di evasione

Risulta altresì fondato il quinto motivo di
ricorso. A tale proposito occorre precisare che
(Sez. 5, Sentenza n. 375 del 12/01/2009): “In
tema di condono fiscale, la previsione dell’art.

289, per il quale la definizione automatica non
modifica l’importo degli eventuali rimborsi e
crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, se
comporta che nessuna modifica di tali importi
può essere determinata dalla definizione
automatica, non sottrae all’ufficio il potere di
contestare il credito. Pertanto, quando sia
stato chiesto il rimborso dell’IVA e l’ufficio
abbia motivo di ritenerla mai versata,
trattandosi di operazioni inesistenti, l’Erario
non è tenuto, per automatico effetto del
condono, a procedere al rimborso, né gli è
inibito l’accertamento diretto a dimostrare
l’inesistenza del diritto a conseguirlo, atteso
che il condono fiscale elide in tutto o in
parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non
opera sui crediti che il contribuente possa
vantare nei confronti del fisco, i quali restano
soggetti all’eventuale contestazione da parte
10

9, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n.

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Per quanto sopra deve essere accolto il ricorso
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proposto in relazione al terzo ed al quinto
motivo, assorbiti gli altri, con cassazione
della sentenza e rinvio ad altra sezione della

spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al terzo ed al
quinto motivo, assorbiti gli altri, cassa la
sentenza e rinvia ad altra sezione della CTR
del Friuli Venezia Giulia l anche per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 6/5/2013

CTR del 1Friuli Venezia Giulia) anche per le

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