Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19744 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19744 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 15358-2008 proposto da:
CESMAC DI MONTANARI URBANO & C. SNC

in persona dei

Soci

rappresentanti,

Amministratori

e

legali

elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE 7,
presso lo studio dell’avvocato BERLIRI CLAUDIO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
DANZA ANNA RITA con procura speciale notarile del
Not. Dr. PORFIRI ANTONIO in CESENA rep. n. 205577 del
20/05/2008;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

Data pubblicazione: 28/08/2013

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 27/2007 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/04/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BERLIRI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che
nel richiamare il contenuto del controricorso chiede
il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di BOLOGNA, depositata il 17/04/2007;

RITENUTO IN FATTO.
1. Con sentenza n. 27/9/07, depositata il 17.4.07, la
Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di Cesena avverso la decisione di primo grado con
la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla
Cesmac s.n.c. di Montanari Urbano & C. nei confronti delper l’anno di imposta 2000.
2. La CTR – in riforma della decisione di primo grado riteneva, invero, che la richiesta di rimborso dell’IVA,
versata in eccedenza nell’anno 1991, non fosse stata legittimamente proposta dalla Cesmac s.n.c. nella dichiarazione IVA 2000, e che la compensazione tra l’imposta a
debito per l’anno 2000 ed il

credito relativo

all’annualità 1991 non fosse stata correttamente operata
dalla contribuente.
3. Per la cassazione della sentenza n. 27/9/07 ha proposto ricorso la Cesmac s.n.c. affidato a quattro motivi,
ai quali l’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO.
l. In data 23.12.04, l’Ufficio competente provvedeva a
notificare alla Cesmac s.n.c. di Montanari Urbano & C.
(in prosieguo Cesmac s.n.c.) una cartella di pagamento,
con la quale l’Amministrazione, a seguito di liquidazione, ex art. 54 bis d.P.R. 633/72, della dichiarazione IVA
della contribuente per l’anno 2000, recuperava a tassazione l’imposta che risultava indicata a debito in detta
dichiarazione, ma il cui versamento non risultava effettuato.
1.1. L’atto impositivo veniva, quindi, impugnato dalla
Cesmac s.n.c., la quale assumeva di avere riportato nella
dichiarazione per l’anno 1991 un credito IVA per acquisti
fatti in assenza di operazioni attive, per l’importo complessivo di £. 65.270.000, del quale aveva chiesto il
rimborso per il minor importo di £. 50.000.000.

la cartella di pagamento, emessa dall’Ufficio ai fini IVA

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Deduceva, inoltre, la ricorrente che, a fronte del mancato adempimento da parte dell’Ufficio, la medesima,
nell’anno 1999, approssimandosi il compimento della prescrizione decennale del diritto al rimborso, si decideva
a scomputare l’importo dall’IVA risultante dalle liquidazioni per ciascun trimestre dell’anno suindicato dal predetto credito di imposta, inserendo, altresì, nella didell’imposta a debito per l’anno 2000 con il credito maturato nell’anno 1991.
In tal modo, ad avviso della ricorrente, pur non avendo
la Cesmac s.n.c. versato l’imposta dovuta per l’anno
2000, sarebbe stato operato dalla stessa una sorta di
rinnovo della richiesta di rimborso IVA, già esposta nella dichiarazione del 1991.
1.2. Il ricorso della contribuente, fondato sulle ragioni
suindicate, veniva accolto nel primo grado e disatteso
nel secondo grado del giudizio di merito. Avverso la decisione di appello n. 27/9/07, ha, pertanto, proposto ricorso per cassazione la Cesmac s.n.c. sulla base di quattro censure.
2. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia
la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 l. 212/00,
in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel ritenere non applicabile, nel caso di specie, il disposto dell’art. 8,
co. l, 1. 212/00, a norma del quale “l’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”, vertendosi fra l’altro, nel caso concreto, di un credito liquido ed esigibile, poiché indicato nella dichiarazione
IVA per l’anno 1991, mai contestata, né rettificata
dall’Amministrazione finanziaria.
2.2. La censura è infondata.
2.2.1. Va – per vero – osservato, al riguardo, che, in
tema di I.V.A. e con riferimento al recupero delle eccedenze d’imposta, l’avvenuto consolidamento del diritto al
rimborso, conseguente all’omessa rettifica della dichiarazione entro il termine previsto dall’art. 38-bis del

chiarazione annuale 2000 la richiesta di compensazione

d.P.R. n. 633/72, non attribuisce al contribuente la facoltà di portare in detrazione la medesima somma nelle
successive dichiarazioni annuali, con conseguente violazione dell’obbligo di versare quanto effettivamente dovuto in base alle stesse dichiarazioni. Deve, invero, ritenersi che tale operazione – attraverso la quale viene
esercitata una sorta di non consentita compensazione chiesta di rimborso e la detrazione del credito dalla dichiarazione annuale, nonché con l’obbligo, previsto
dall’art. 30, co. 2, del d.P.R. n.633 cit., di portare
l’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, al fine
di rendere conoscibile e controllabile da parte dell’Ufficio la complessiva posizione del contribuente nell’arco
del biennio di riferimento (cfr. Cass. 14588/01, 4246/07,
16257/07).
2.2.2. Né può giovare alla contribuente, nel caso di specie, invocare il disposto dell’art. 8 della 1. 212/00. Ed
invero, l’estensione alla materia tributaria dei principi
generali del codice civile in tema di estinzione per compensazione, prevista dall’art. 8 della legge succitata,
opera soltanto a decorrere dall’anno d’imposta 2002, previa emanazione di apposita disciplina di attuazione, restando ferma, per il periodo precedente, la regola secondo cui la compensazione è ammessa soltanto nei casi specificamente contemplati. E tra questi – come dianzi rilevato – non rientra affatto la compensazione attuata attraverso il suesposto meccanismo della detrazione, applicato a periodi di imposta non contigui, in violazione del
menzionato disposto di cui all’art. 30, co. 2 del d.P.R.
633/72 (in tal senso, Cass. 14588/01, 4246/07, 12262/07).
2.2.3. Ebbene va rilevato che, nel caso di specie,
l’annualità per la quale si era maturato il credito IVA a
favore della Cesmac s.n.c. era il 1991, come da dichiarazione relativa a tale anno di imposta. Peraltro, solo
nell’anno 1999 il contribuente incominciava ad operare
una detrazione del predetto credito pregresso dalle somme
dovute a titolo di imposta per quell’anno, omettendo di

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contrasti con il principio dell’alternatività fra la ri-

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versare il relativo importo ed esponendo, nella dichiarazione IVA 2000, presentata per l’anno 2000, l’intento di
chiedere il rimborso del credito di imposta per l’anno
1991.
Per contro, alla stregua di quanto disposto dal succitato
art. 30, co. 2 del d.P.R. 633 cit., la contribuente
avrebbe potuto scegliere soltanto tra due alternative: o
successivo (1992); oppure proporre istanza di rimborso
del credito stesso. Ma una volta optato per tale seconda
alternativa, mediante richiesta di rimborso esposta nella
dichiarazione IVA 1991, ed una volta consolidatosi il diritto al rimborso per omessa rettifica della dichiarazione, entro il termine previsto dall’art. 38 bis dello
stesso decreto, da parte dell’Amministrazione finanziaria, la Cesmac s.n.c. non avrebbe potuto operare – per le
ragioni esposte – una sorta di tardiva detrazione, mediante compensazione delle somme dovute a titolo di imposta per l’annualità 1999 con il pregresso credito, risalente all’anno 1991.
2.2.4. Per tutte le considerazioni che precedono, pertanto, il motivo di ricorso in esame deve essere rigettato.
3. Con il secondo, terzo e quarto motivo – che, per la
loro intima connessione, vanno esaminati congiuntamente la Cesmac s.n.c. denuncia l’omessa pronuncia su
un’eccezione di parte, in relazione all’art. 360 n. 4
c.p.c., l’omessa motivazione su un fatto decisivo per la
controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e
54 bis d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n.

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c.p.c.
3.1. La CTR avrebbe, invero, omesso del tutto di pronunciarsi sulla questione sollevata dalla contribuente della cui proposizione lo stesso giudice di appello dà,
peraltro, atto nello svolgimento del processo – secondo
cui, a parere della Cesmac s.n.c., l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto emettere un formale avviso di
rettifica, e non procedere ad una semplice iscrizione a

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portare in detrazione il credito nell’anno di imposta

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ruolo, a seguito della procedura di controllo automatizzato della dichiarazione, operato ai sensi dell’art. 54
bis d.P.R. 633/72. Non avendo, per vero, l’Ufficio inteso
contestare un mero errore materiale o di calcolo, ma porre in discussione la stessa esistenza del credito di imposta e le concrete modalità per ottenerne la restituzione, poste in essere dalla contribuente, non si sarebbe
emissione di un atto impositivo, a monte della cartella
di pagamento, direttamente notificata, invece, alla contribuente.
3.2. In ogni caso, anche a voler ravvisare nell’ impugnata decisione la sussistenza di una pronuncia implicita
sull’eccezione summenzionata, difetterebbe comunque – ad
avviso della ricorrente – un qualsiasi riferimento alla
stessa nella parte motiva della sentenza, il che la renderebbe affetta, quanto meno, da un evidente vizio motivazionale.
3.3. Ad ogni buon conto, nel merito, la questione oggetto
della suesposta eccezione sarebbe pienamente fondata, essendo la CTR incorsa, ad avviso della Cesmac s.n.c., in
una palese violazione degli artt. 54 e 54 bis d.P.R.
633/72, avendo la medesima disconosciuto la necessità di
un formale avviso di rettifica ex art. 54 del decreto
cit., ed avendo considerato – del tutto erroneamente legittima la diretta iscrizione a ruolo del tributo non
assolto, ai sensi dell’art. 54 bis dello stesso decreto.
3.4. Le censure sono infondate.
3.4.1. E’ bensì vero, infatti, che la questione in parola
era stata sollevata con i motivi di appello dalla Cesmac
s.n.c., come si evince dalla stessa parte narrativa
dell’impugnata sentenza (p. 2), e che nella parte motiva
essa non viene in alcun modo presa in esame dalla CTR,
per il che il denunciato vizio di omessa pronuncia (non
di omessa motivazione) deve ritenersi sussistente. Tuttavia siffatta omissione non può comportare, a giudizio
della Corte, un accoglimento del ricorso con rinvio ad
altro giudice, con riferimento al motivo de quo. Ed inve-

potuto prescindere – a parere della Cesmac s.n.c. – dalla

ro, il rilievo del vizio di omessa pronuncia su un motivo
di appello può comportare la cassazione con rinvio
dell’impugnata sentenza soltanto quando la questione di
diritto, posta con il suddetto motivo, sia fondata, dovendo, in caso contrario, la Corte provvedere – alla luce
dei principi di economia processuale e della ragionevole
durata del processo di cui all’art. 111, co. 2, Cost.,
dell’art. 384 c.p.c. – ad integrare la decisione di appello, pronunciandosi nel merito della questione pretermessa, di modo che la decisione da rendere venga a confermare il dispositivo della sentenza di secondo grado,
determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito (ex plurimis, Cass. 2313/10, 5729/12).
Ebbene, non può revocarsi in dubbio, a giudizio della
Corte, che – nel caso di specie – il motivo di ricorso,
concernente la pretesa necessità di un atto impositivo a
monete dell’iscrizione a ruolo dell’IVA non versata dalla
contribuente, si palesi del tutto infondato.
3.4.2. Va osservato, infatti, che la cartella con la quale l’Amministrazione chiede – come nella specie – il pagamento delle imposte dichiarate dal contribuente e non
versate, non costituisce un atto impositivo (tanto che
non necessita di una specifica motivazione), né lo richiede a monte, scaturendo la pretesa tributaria dalla
pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte,
determinate nella dichiarazione del contribuente.
Spetta, semmai, a quest’ultimo – in relazione ai principi
generali in tema di onere della prova – allegare e provare di avere effettuato, in tutto o in parte, i versamenti
richiesti in adempimento dell’obbligo in questione (cfr.
Cass. 27140/11). Dimostrazione questa che, tuttavia, è
del tutto carente nel caso concreto, essendo, anzi, incontroverso tra le parti che la Cesmac s.n.c. non abbia
provveduto ad effettuare i versamenti di imposta dovuti.
4. Ne discende che il ricorso proposto dalla contribuente, per tutti i motivi suesposti, deve essere rigettato,
con conseguente condanna della medesima al pagamento del-

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nonché di una lettura costituzionalmente orientata

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-7

M S’E’N,5;
N. 131 TA13.1iLL.

– N.

le spese del giudizio di legittimità, nella misura di
cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida in
4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.
ne Tributaria, il 22.4.2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Se-

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