Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19743 del 25/07/2018


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19743 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: CAIAZZO ROSARIO

SENTENZA
sul ricorso n. 5246/15, proposto da:
Faraone Antonio, elett.te domic. in Roma, in via V. Veneto n. 7, presso gli
avv.ti Donato Bruno e Rossella Sproviero, che lo rappres. e difendono, con
procura speciale in calce al ricorso;
RICORRENTE
CONTRO
SATA s.r.I., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, alla via
Cassiodoro n. 1, presso l’avv. Giorgio Costantino dal quale è rappres. e difesa
unitamente all’avv. Eugenio Mangone, con procura speciale in calce al
controricorso;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 5267/2014 emessa dalla Corte d’appello di Roma,
depositata il 2.9.2014;
udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo, alla udienza pubblica
del 24 aprile del 2018;

Data pubblicazione: 25/07/2018

sentita la relazione del Sostituto Procuratore Generale, dott. Umberto De
Augustinis il quale ha concluso per l’inammissibilità dei motivi primo, terzo,
quarto e quinto del ricorso e per il rigetto del secondo;
udito il difensore della parte controricorrente, avv. G. Costantino.

FATTI DI CAUSA
La Pisorno Agricola s.r.l. citò innanzi al Tribunale di Roma Angelo Ugolotti,

d’amministrazione della stessa società, nonché i sindaci, tra cui Antonio
Faraone, chiedendo che, accertata la rispettiva responsabilità per vari illeciti
comnnissivi ed omissivi, i convenuti fossero condannati in solido al risarcimento
dei danni cagionati alla società. A seguito del fallimento della SATA s.r.I.,
società controllante il 99% del capitale sociale della Pisorno s.r.I., l’iniziativa
giudiziaria fu assunta dalla curatela fallimentare su delibera assembleare.
Secondo gli attori, gli amministratori convenuti avevano violato i propri doveri,
in quanto: 1) era stato stipulato un contratto preliminare con la MDC s.r.I.,
partecipata dalle mogli degli amministratori Maestoso e Pisani, avente ad
oggetto la cessione del diritto di superficie per edilizia non residenziale, ad un
prezzo molto inferiore al valore di mercato con rilevante rateizzazione, senza
l’incasso effettivo della somma pattuita a titolo di prezzo, risultante
apparentemente versata dalla MDC a titolo d’acconto; 2) era stato stipulato
altro contratto preliminare di vendita con la Agricola S. Teresa s.r.I.,
partecipata dalle mogli degli stessi amministratori Maestoso e Pisani, avente ad
oggetto porzioni di terreno e fabbricati rurali, ad un prezzo molto inferiore al
valore di mercato dei beni promessi in vendita, senza l’incasso della somma,
dichiarata come versata nel contratto; 3) era stato stipulato altro preliminare
di una tenuta agricola per prezzo non congruo ed era stata concessa ipoteca a
garanzia di un finanziamento concesso a Callisto Tanzi dalla banca Popolare di
Lodi senza corrispettivo o garanzia; 4) erano stati omessi gli adempimenti di
cui all’art. 2447 c.c. sul capitale sociale.
Si costituirono i convenuti, eccependo nullità pregiudiziali e l’infondatezza della
domanda.

Filippo Pisarri e Antonio Maestoso, quali componenti del consiglio

Il Tribunale accolse la domanda, condannando in solido i convenuti al
risarcimento dei danni liquidati nella somma di euro 5.882.719,00 oltre
rivalutazione e interessi al tasso del 3%.
Fabio Branchi propose appello; si costituirono Mario Miele, Antonio Faraone e la
SATA s.r.I.- che aveva nelle more incorporato la Pisorno Agricola s.r.I., proponendo appello incidentale.

e dell’incidentale relativi alle eccezioni preliminari e rigettò l’appello del Branchi
e gli appelli incidentali di Miele e Faraone.
In particolare, la Corte: ha dichiarato inammissibili i motivi concernenti le
eccezioni preliminari di nullità dell’azione della Pisorno s.r.I.- per mancanza
della delibera autorizzativa dell’assemblea dei soci- perché non specifici; ha
respinto il motivo afferente alla carenza di legittimazione attiva della curatela
fallimentare in applicazione degli artt. 2376 e 1218, c.c., rilevando altresì che
gli appellanti non avevano impugnato la pronuncia del Tribunale nella parte in
cui essa affermò l’applicabilità della normativa previgente al d.lgs. n.5/03, di
riforma del codice civile; i sindaci non avevano dimostrato la sopravvenuta
inefficacia o invalidità dei tre contratti preliminari su cui era stata fondata la
loro responsabilità. La Corte ha altresì confermato la motivazione della
sentenza di primo grado in ordine alla responsabilità omissiva dei tre sindaci
per non aver effettuato adeguati ed efficaci controlli in ordine alla condotta
degli amministratori che avevano stipulato i tre contratti preliminari contenenti
patti di favore per le pronnissarie acquirenti, senza rilevare le rateizzazioni di
favore pur a fronte di una situazione finanziaria critica.
In particolare, in ordine al preliminare stipulato con la MDC s.r.l. – atto
autorizzato dal consiglio d’amministrazione alla presenza dell’intero collegio
sindacale- la Corte ha rilevato che il sindaco Faraone, pur avendo dichiarato di
non aver avuto notizia di tale operazione, aveva agito con negligenza poiché i
sindaci avrebbero dovuto verbalizzare il loro dissenso trattandosi di atto che
aveva depauperato il patrimonio sociale.
Circa il preliminare con l’Agricola S. Teresa s.r.I., il giudice d’appello ha rilevato
che: non era stata emessa delibera autorizzativa, ma erano emersi dalla

La Corte d’appello di Roma dichiarò inammissibili i motivi dell’appello principale

contabilità, tra i debiti vari, gli acconti versati per la vendita; ai sindaci era
ascrivibile la responsabilità per la superficialità della valutazione
dell’operazione, anche considerando che essi avrebbero dovuto, se necessario,
far rilevare l’impossibilità di verifica contabile.
Quanto alla vendita della tenuta agricola, la responsabilità dei sindaci è stata
ritenuta dalla Corte di merito in virtù del prezzo di cessione assolutamente

prezzo superiore.
Antonio Faraone ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Si
è costituita la SATA s.r.l. con controricorso eccependo l’inammissibilità e
l’infondatezza del ricorso, illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso è stata denunziata violazione dell’art. 17 del
d.lgs. n. 5/03 in combinato disposto con la I. n. 183/93, avendo la Corte
d’appello ritenuto infondata l’eccezione di nullità sollevata da Antonio Faraone
con la prima memoria di replica notificata dalla attrice a mezzo telefax,
ritenendo non applicabile la legge n. 183 al processo c.d. societario, non
avendo il difensore della Pisorno Agricola s.r.l. dichiarato la conformità dell’atto
teletrasmesso all’originale.
Con il secondo motivo è stata denunziata la violazione dell’art. 2476 c.c.,
avendo la Corte d’appello rigettato l’eccezione d’inammissibilità della domanda
per carenza di legittimazione attiva della Pisorno Agricola s.r.I., applicando
erroneamente la suddetta norma che non prevede la legittimazione della
società in ordine all’azione sociale di responsabilità nei confronti di
amministratori e sindaci.
Con il terzo motivo è stata denunziata la violazione dell’art. 2403 c.c., avendo
la Corte territoriale inquadrato erroneamente l’ambito del contenuto
dell’obbligo di vigilanza dei sindaci, ritenendo che quest’ultimi avrebbero
dovuto controllare ogni attività sociale, travalicando il controllo di legittimità
per sindacare il merito degli atti degli amministratori.

incongruo, anche alla luce di un precedente rifiuto di vendere l’immobile ad un

Con il quarto motivo è stata denunziata la violazione dell’art. 2407, 2°c., c.c.,
per non aver la Corte di merito tenuto conto dei limiti del potere di controllo
dei sindaci, valorizzando meri indizi, poiché: in ordine al preliminare relativo
alla tenuta agricola, la Corte non aveva considerato che il Faraone non era
stato avvisato della stipula contrattuale; circa il preliminare con l’Agricola
Santa Teresa s.r.I., nessun controllo dei sindaci sarebbe stato possibile in

caparra versata per l’acquisto; riguardo all’altro preliminare, la Corte d’appello
aveva contestato il merito della stima del prezzo dell’immobile, omettendo di
considerare i motivi che avevano indotto a non cedere l’immobile tre anni
prima.
Con il quinto motivo è stata dedotta parimenti la violazione dell’art. 2407 c.c.,
avendo la Corte di merito ritenuto la responsabilità del ricorrente come se
fosse concorrente con quella degli amministratori, senza accertare il rapporto
di causalità tra l’omissione ascritta al sindaco e i danni lamentati.
Preliminarmente, va respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, essendo
esso autosufficiente, indicando con chiarezza i relativi motivi.
Il primo motivo è inammissibile in quanto, come argomentato dalla Corte
d’appello, l’eccezione di nullità sollevata dal ricorrente fu esaminata e rigettata
dal Tribunale, riproposta dal Faraone in appello senza formulare critiche alla
pronuncia di primo grado, sicché il motivo d’appello era privo di specificità.
Il secondo motivo è infondato. La Corte d’appello ha evidenziato che
l’appellante non aveva impugnato l’applicazione delle norme previgenti alla
riforma codicistica del 2003, in ordine alla disciplina della legittimazione
all’azione di responsabilità degli amministratori di s.r.I., avendo dunque
completamente ignorato tale decisione senza rappresentare le ragioni poste a
sostegno della applicabilità della normativa vigente a fatti avvenuti
anteriormente.
Al riguardo, è principio consolidato di questa Corte che il motivo
d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la
decisione é erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non
potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del
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quanto nei brogliacci consegnati dagli amministratori non era indicata la

provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la
nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel
giudizio di cassazione, risolvendosi in un “non motivo”, è sanzionata con
l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., n. 17330/15; n.
359/05).
Nel caso concreto, nell’atto d’appello il ricorrente si è limitato a criticare la

omettendo però di esplicitare le ragioni per cui il Tribunale avrebbe errato nel
ritenere inapplicabili le norme riformate nel 2003, tra cui l’invocato art. 2476
c.c., rigettando l’eccezione sollevata in ordine alla carenza di legittimazione in
capo alla Pisorno s.r.l.
Il terzo motivo è infondato. La Corte d’appello ha imputato al ricorrente una
condotta negligente, riferita alla sua qualità di componente del collegio
sindacale della Pisorno s.r.I., inosservante dei principi di prudenza e
avvedutezza nell’attività di controllo dell’operato degli amministratori, avendo
motivato espressamente su tale responsabilità, ritenuta ravvisabile in forma
omissiva in ordine alle vicende della stipula dei tre contratti preliminari.
Il ricorrente ha lamentato che la Corte di merito avrebbe travalicato i limiti del
controllo spettante ai sindaci sull’attività gestoria degli amministratori, avendo
invece ravvisato la relativa responsabilità omissiva nel non aver impedito una
vendita immobiliare a prezzo vile.
Al riguardo, va richiamata la giurisprudenza di questa Corte a tenore della
quale in tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità
dell’inosservanza del dovere di vigilanza, imposto ai sindaci dall’art. 2407,
secondo comma, cod. civ., non richiede l’individuazione di specifici
comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere,
ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o
comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia
legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza,
correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le
irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al Pubblico Ministero

sentenza di primo grado per non aver correttamente applicato l’art. 2476 c.c.,

per consentirgli di provvedere ai sensi dell’art. 2409 cod. civ. (Cass., n.
13517/14; ord. n. 16314/17).
Nel caso concreto, la Corte d’appello ha correttamente applicato tale
orientamento, nel confermare la decisione del Tribunale, rilevando con
chiarezza che non era stata imputata ai sindaci l’inopportunità della stipula dei
contratti preliminari, ma l’omessa valutazione del contenuto dei contratti e la

motivazione esaustiva e rispettosa dei criteri di legge.
Il quarto motivo è inammissibile, tendendo al riesame dei fatti accertati dai
giudici di merito in ordine alla sussistenza dei presupposti degli illeciti omissivi.
Invero, circa i tre contratti preliminari, il ricorrente, nel criticare la sentenza
impugnata, contestando la motivazione della Corte d’appello nei vari punti
afferenti alle omissioni attribuite ai sindaci, ha richiesto un’inammissibile
revisione dei fatti.
Il motivo è comunque infondato in quanto la Corte territoriale ha
espressamente tenuto conto delle difese del Faraone circa l’asserita
insussistenza della sua responsabilità omissiva, applicando correttamente ai
fatti accertati i principi di diritto affermati da questa Corte come sopra
richiamati.
Il quinto motivo è del pari inammissibile tendendo al mero riesame dei fatti
concernenti la questione del nesso di causalità tra le condotte omissive
contestate e i danni lamentati, chiaramente delineata nella motivazione
attraverso una puntuale e precisa ricostruzione del perimetro dell’obbligo dei
sindaci.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della
parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro
18.000,00 oltre euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma

lquater, del d.p.r. n.115/02, dà atto della

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, in

mancata iniziativa diretta ad evitare atti dannosi per la società, con

solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso principale, a norma del comma lbis dello stesso articolo 13.

Così deciso nella camera di consiglio del 24 aprile 2018.

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