Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19743 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 4388 del ruolo generale dell’anni 2016

proposto da:

D.P., (C.F.: (OMISSIS)), S.C. (C.F.: (OMISSIS)),

S.L. (C.F.: (OMISSIS)), A.F. ((OMISSIS)),

D.F.D. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentati e difesi, giusta

procura in calce al ricorso, dagli avvocati Filippo Sguerso (C.F.:

SGRFPP68M12D969R) e Sebastiano Rosso (C.F.: RSSSST69M24D969J);

– ricorrenti –

nei confronti di:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del Ministro pro tempore;

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del Ministro pro tempore MINISTERO DELLA SALUTE (C.F.: (OMISSIS)),

in persona del Ministro pro tempore;

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA (C.F.: (OMISSIS)), in persona dei

Rettore pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Genova n.

1287/2015, pubblicata in data 16 novembre 2015 (e notificata in data

18 dicembre 2015);

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 15

febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I medici indicati in epigrafe, iscritti a corsi di specializzazione per le professioni sanitarie in anni accademici successivi al 1999 ed anteriori al 2006/2007, hanno agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’Università degli Studi di Genova, nonchè del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il riconoscimento della differenza economica tra la borsa di studio percepita (pari ad Euro 11.603,52 annui, ai sensi del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257) ed il compenso previsto dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, con il quale erano state recepite nell’ordinamento italiano le direttive comunitarie n. 75/362, n. 82/76 e n. 93/16 (con le successive integrazioni), ma la concreta operatività dei cui effetti economici era stata differita fino all’anno accademico 2006/2007.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Genova.

La Corte di Appello di Genova ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono il D., le S. l’ A. e la D.F., sulla base di tre motivi.

Non hanno svolto attività difensiva nella presente sede le amministrazione intimate.

E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si deve preliminarmente osservare che agli atti non vi è prova della regolare notificazione del ricorso alle amministrazioni intimate (essendo state le notificazioni in questione effettuate presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato). La circostanza peraltro non rileva, in considerazione del principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti (cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010, Rv. 612077 – 01; fra le tante altre: Sez. 3, Sentenza n. 690 del 18/01/2012, Rv. 620539 01; 25 gennaio 2012 n. 1032; ord. 8 novembre 2012 n. 19317).

In caso di ricorso per cassazione prima facie infondato (come è a dirsi nella specie, per quanto si osserverà), appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013, Rv. 626969 – 01).

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della direttiva comunitaria n. 93/16 laddove impone che agli specializzandi debba essere corrisposta un’adeguata remunerazione, anche con riferimento all’art. 2043 c.c. ed al D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46, nonchè alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia Gozza e Carbonari”.

Con il secondo motivo si denunzia, in via subordinata, “Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della direttiva comunitaria n. 93/16 laddove impone che agli specializzandi debba essere corrisposta un’adeguata remunerazione, con riferimento al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6”.

Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 3, con riferimento all’asserito difetto di legittimazione passiva dei ministeri intimati e dell’Università”.

I tre motivi del ricorso sono logicamente connessi e possono pertanto essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente infondati.

Sulle questioni di diritto oggetto delle censure dei ricorrenti, la decisione impugnata è conforme ai seguenti principi di diritto, già enunciati da questa Corte e del resto ormai oggetto di un indirizzo consolidato che le difese di parte controricorrente non offrono argomenti idonei a rimeditare (cfr., tra le più recenti pronunzie massimate: Cass., Sez. L, Sentenza n. 4449 del 23/02/2018, Rv. 647457 – 02; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6355 del 14/03/2018, Rv. 648407 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13445 del 29/05/2018, Rv. 648963 – 01; cfr., inoltre, tra quelle non massimate: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 24708, 24803, 24804 e 24805 del 09/10/2018; nn. 20417 e 20419 del 02/08/2018; nn. 20377 e 20380 del 01/08/2018; n. 20184 del 31/07/2018; nn. 17051 e 17052 del 28/06/2018; n. 16805 del 26/06/2018; n. 15963 del 18/06/2018; nn. 13519, 13524 e 13525 del 30/05/2018; nn. Da 13446 a 13452 del 29 maggio 2018):

gli obblighi di attuazione della normativa comunitaria in tema di adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia derivanti dalle direttive CE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 – che non prevedono una precisa misura del compenso minimo spettante agli specializzandi – devono ritenersi adempiuti dallo Stato italiano con la borsa di studio introdotta dal D.Lgs. n. 257 del 1991, nella sua misura originaria;

la direttiva comunitaria n. 93/16 non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della suddetta adeguata remunerazione;

la previsione di un trattamento economico più elevato per i medici specializzandi, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in coincidenza con la riorganizzazione dell’ordinamento delle scuole di specializzazione e con l’introduzione del contratto di formazione specialistica operate nell’ordinamento interno con il D.Lgs. n. 368 del 1999, non costituisce il primo atto di adempimento dei suddetti obblighi comunitari in relazione all’adeguatezza della remunerazione, e non comporta alcun obbligo dello Stato di estendere il nuovo trattamento economico ai medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione negli anni accademici anteriori al 2006/2007.

E’ in proposito appena il caso di osservare, che l’indirizzo di questa Corte cui si intende dare continuità nella presente sede solo apparentemente potrebbe risultare contraddetto da due identiche e coeve decisioni della stessa Sezione Lavoro (Cass., Sez. L, Sentenze n. 8242 e 8243 del 22/04/2015, cui fa richiamo la stessa parte controricorrente), la cui motivazione non affronta peraltro espressamente la problematica relativa alla fattispecie fin qui illustrata (cioè quella relativa alla situazione degli iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici successivi al 1998 ed anteriori al 2006/2007), e richiama invero gli indirizzi espressi da questa Corte in relazione alla diversa situazione dei medici che avevano frequentato le scuole di specializzazione anteriormente al 1991.

Le argomentazioni contenute nei numerosi precedenti in precedenza richiamati, alle quali può farsi integrale rinvio – e che costituiscono, come già osservato, indirizzo ormai consolidato di questa Corte – risultano d’altronde idonee a superare anche tutti gli argomenti contrari esposti nella memoria depositata dai ricorrenti ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

L’infondatezza nel merito delle pretese degli attori assorbe infine ogni questione relativa alla legittimazione passiva degli enti convenuti in giudizio.

2. Il ricorso è rigettato.

Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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