Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19742 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 22/09/2020), n.19742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20487-2019 proposto da:

M.P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PILO

ALBERTELLI 1, presso lo studio dell’avvocato LUCIA CAMPOREALE,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE STARA’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositato il

19/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Cagliari, con decreto n. 3040/2018, respingeva il l’opposizione proposta da M.P.C. ex L. n. 89 del 2001 avverso il decreto che dichiarava improponibile (rectius: inammissibile) per tardività la domanda di equo indennizzo. In particolare, la Corte nel confermare il giudizio di tardivo deposito del ricorso presentato dall’opposto ex L. n. 89 del 2001, ha considerato che per l’art. 391 bis c.p.c. la revocazione poteva essere chiesta entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza della Corte di Cassazione ovvero di sei mesi dalla pubblicazione della stessa, termine quest’ultimo modificato nel senso predetto dal D.L. n. 168 del 2016, conv. in L. n. 197 del 2016, che si applicava ai ricorsi depositati successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione (30.10.2016), come quello in esame posto che la sentenza della Corte di Cassazione relativa al giudizio presupposto era stata pubblicata in data 27.12.2016, con la conseguenza che il ricorso per equa riparazione depositato in data 27 luglio 2017 doveva ritenersi intempestivo.

Avverso il decreto della Corte di appello di Cagliari il M. propone ricorso per cassazione, fondato su tre motivi.

Il Ministero della giustizia è rimasto intimato.

Su proposta del relatore, che riteneva il ricorso infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Atteso che:

– occorre preliminarmente rilevare l’irrilevanza nel caso di specie dell’ordinanza interlocutoria n. 23615/2019, indicata da parte ricorrente nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., sussistendo per il caso in esame un precedente specifico, di cui si dirà di seguito;

– tanto chiarito, con il primo motivo il ricorrente, nel denunciare la violazione e la falsa applicazione dell’art. 391 bis c.p.c., come novellato con il D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 2 conv. L. n. 197 del 2016, insiste nell’affermare che la sentenza della Corte di Cassazione relativa al giudizio presupposto, n. 27017/16, pubblicata in data 27.12.2016, sarebbe passata in giudicato alla scadenza del termine per proporre la revocazione, pari ad un anno oltre a giorni 31 per sospensione estiva del 2016, per essere stato il ricorso per cassazione depositato dal M. e trattato in data antecedente al 30.10.2016.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 la nullità della pronuncia per la mancata considerazione di punti decisivi dei motivi della proposta opposizione e delle deduzioni di cui all’udienza del 09.11.2018.

I motivi – che per la evidente connessione che li avvince vanno trattati unitariamente, vertendo entrambi sulla questione del computo del termine per la proposizione di ricorso per revocazione – sono infondati.

Il Collegio ritiene di ribadire il principio – già affermato da questa Corte (Cass. 3 maggio 2019 n. 11737), che comunque corrisponde ad una giurisprudenza consolidata (formatasi prima della declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua della L. n. 89 del 2001, art. 4 di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 88 del 2018) – per cui “In tema di equa riparazione da irragionevole durata di un processo civile conclusosi innanzi la Corte di cassazione con una decisione di rigetto del ricorso o di inammissibilità o di decisione nel merito, ai fini della decorrenza del termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 il cui dies a quo è segnato dalla definitività del provvedimento conclusivo del procedimento nell’ambito del quale si assume verificata la violazione, occorre avere riguardo alla data di deposito della decisione della Corte, quale momento che determina il passaggio in giudicato della sentenza, a ciò non ostando la pendenza del termine per la revocazione ex art. 391-bis c.p.c.”.

L’orientamento suindicato, che il collegio condivide, appare peraltro in linea con quanto già ritenuto da Cass. 11 gennaio 2017 n. 552, secondo la quale “In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il termine semestrale di decadenza per la proposizione della relativa domanda, previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 decorre dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione che conclude il processo presupposto e, una volta spirato, non può essere riaperto, peraltro a tempo indeterminato, per effetto del ricorso per revocazione della sentenza conclusiva del processo presupposto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., nn. 4 e 5, trattandosi di un mezzo di impugnazione straordinario, non legato da “rapporto di unicità” con il giudizio di cognizione concluso con sentenza passata in giudicato” (conforme, Cass. 3 gennaio 2017 m. 63; Cass. 6 agosto 2012 n. 14970).

In altre parole, la pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione che rigetti o dichiari inammissibile il ricorso avverso la pronuncia che ha definito il giudizio presupposto determina ipso facto il passaggio in giudicato di tale pronuncia, senza che rilevi la pendenza del termine per impugnare la sentenza della Corte Suprema per revocazione; di qui la infondatezza dell’assunto del ricorrente non potendo la pendenza del termine per proporre ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. impedire la formazione del giudicato;

– il terzo motivo – con il quale è lamentata la illegittimità del provvedimento di attribuzione delle spese per essere l’opposizione fondata – va ritenuto evidentemente infondato dal rigetto dei primi due mezzi, risultando correttamente applicato il principio della soccombenza.

In definitiva, il ricorso deve essere respinto.

Nessuna pronuncia sulle spese processuali, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero, rimasto intimato.

Trattandosi di giudizio in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, non sussistono i presupposti per dichiarare l’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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