Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19742 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2010, (ud. 28/05/2010, dep. 17/09/2010), n.19742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 22031 del RG 2004 proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze in persona del Ministro in

carica, e dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore in

carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato,

presso la quale sono domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

COVEMA s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, con

sede in (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo

n. 5/04/02, depositata il 6 febbraio 2002;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 28

maggio 2010 dal Presidente Dr. Marco Pivetti;

udito il Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa ZENO

Immacolata che ha concluso chiedendo che il ricorso fosse dichiarato

inammissibile o, in subordine, che fosse respinto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 24 maggio 1985 l’Ufficio IVA di Agrigento notificò alla COVEMA s.r.l. l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale si accertava, ai fini dell’IVA 1977, il minor credito d’imposta di L. 3.929.000, per l’attività di commercio di macchine agricole ed industriali. L’accertamento era motivato con il fatto che la dichiarazione annuale era priva di sottoscrizione.

La Società propose ricorso alla Commissione tributaria provinciale che l’accolse e l’appello dell’Ufficio vene respinto dalla Commissione tributaria regionale con sentenza depositata il 6 febbraio 2002.

Il giudice di appello ha ritenuto che la dichiarazione annuale IVA priva di sottoscrizione non e nulla, perchè tale effetto non e previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a differenza di quanto è invece esplicitamente statuito in tema di IRPEF. Ed invero in tema di IVA la mancata sottoscrizione della dichiarazione attiva automaticamente l’accesso induttivo dell’Amministrazione alla contabilità del contribuente il che costituisce un riconoscimento implicito del fatto che la dichiarazione non sottoscritta è comunque efficace. Il fatto poi che l’accertamento induttivo sia in pratica inquadrato dall’art. 55 quale provvedimento sanzionatorio, non significa che lo stesso possa essere applicato in astratto per determinare in maniera approssimativa variazioni alla dichiarazione annuale del contribuente e quindi una serie di sanzioni a catena. La Commissione tributaria regionale aggiungeva, infine, che il contribuente aveva affermato di avere inviato altra dichiarazione sottoscritta, sulla quale l’Ufficio non aveva preso alcuna posizione, non negando od affermando di averla ricevuta.

Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per la cassazione di tale pronunzia con atto notificato il 7.8 ottobre 2004. La società non ha partecipato al giudizio di cassazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorso l’amministrazione finanziaria deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 37 e 55 e dei principi in materia di inesistenza degli atti giuridici nonchè violazione dell’art. 2697 c.c. e difetto di motivazione circa un punto decisivo dellta controversia.

Secondo il ricorso la Commissione tributaria regionale avrebbe errato nel ritenere che il difetto di sottoscrizione della dichiarazione annuale relativa all’IVA non ne comporterebbe la nullità, di tal che, nella specie, non avrebbe potuto trovare applicazione la disciplina di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 per le ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione. Nella specie, non di nullità doveva parlarsi ma addirittura di inesistenza, posto che qualsiasi dichiarazione deve poter essere riferita ad un soggetto e che la dichiarazione non sottoscritta non può esser riferita ad alcuno.

L’affermazione secondo cui sarebbe seguita una seconda dichiarazione sottoscritta, sulla quale l’Ufficio non si sarebbe pronunciato rappresentava un accertamento privo di motivazione: infatti, l’Ufficio aveva specificamente dedotto in sede d’appello che la contribuente non aveva assolto l’onere di dimostrare l’invio della dichiarazione sottoscritta, non potendosi considerare prova la fotocopia versata in atti dalla quale non risultava leggibile ne la data di spedizione ne, tanto meno, il timbro dell’Ufficio accettante.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata appare aver fatto propria la tesi interpretativa enunciata dalla sentenza della Cassazione n. 13868 del 1999, secondo cui “in materia di IVA deve escludersi che, prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 37 dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11 la dichiarazione annuale presentata dal contribuente priva di sottoscrizione fosse giuridicamente inesistente (o comunque nulla) e che, conseguentemente, la richiesta di rimborso dette somme versate in eccesso nell’anno precedente, eventualmente inserita in tale dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, fosse per tali ragioni insanabilmente priva di effetti”.

Deve peraltro rilevarsi – in conformità alla requisitoria scritta del Pubblico ministero in data 6 aprile 2009 – che tale pronunzia, che si poneva in contrasto con l’orientamento precedente secondo cui le dichiarazioni annuali non sottoscritte, quanto meno quelle antecedenti al 1994, si consideravano inidonee a produrre alcun effetto (cfr. Cass. 1995/7957; Cass. 1994/6764; Cass. 1992/2662), è rimasta isolata essendo stata disattesa dalle decisioni successive della Corte di cassazione (Cass. 2005/17158, che richiama anche Cass. 2001 /14506) e quindi smentita, con approfondita motivazione da Cass. 2006/22018, secondo cui “ai fini del rimborso dell’IVA, anche relativamente agli anni 1994 e 1995), conformemente al regime poi adottato nel 1997 e nel 1998, con il D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11, comma 1, lett. e) con modifica del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 37, comma 1, sostanzialmente riprodotta nel D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, la dichiarazione annuale recante il credito di imposta, nulla per mancanza di sottoscrizione, poteva essere sanata con la sottoscrizione tardiva, apposta entro trenta giorni dall’invito rivolto al contribuente dall’ufficio tributario competente. Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 2, nel testo (antecedente alla ulteriore modifica apportata dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 14, comma 1, lett. b) modificato dalla L. n. 473 del 1994 (di conversione del D.L. n. 330 del 1994), ha infatti efficacia non limitata all’accertamento induttivo, ma generale, ossia estesa a tutti i profili del rapporto tributario. Ne consegue che in mancanza di sottoscrizione del contribuente, la richiesta di rimborso è priva di effetti”.

Quest’ultima pronunzia è stata poi sostanzialmente confermata, nonostante la formulazione, dalla sentenza n. 2463 del 05/02/2007 secondo cui, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 37 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 11), la dichiarazione annuale priva della sottoscrizione del contribuente non è affetta da nullità, ma la sua presentazione equivale alla mancata presentazione della dichiarazione stessa, consentendo all’Amministrazione di procedere ad accertamento induttivo, salvo che il contribuente non provveda alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell’apposito invito dell’Ufficio: tale sottoscrizione, peraltro, non comportando la sanatoria del vizio, ma operando esclusivamente come causa impeditiva dell’accertamento, è efficace dal momento in cui sia stata effettivamente apposta, con la conseguenza che, qualora dalla dichiarazione emerga un credito d’imposta del quale sia stato chiesto il rimborso, il diritto del contribuente a percepire i relativi interessi decorre necessariamente dal momento in cui egli abbia provveduto a sottoscrivere la dichiarazione, rendendola così conforme alla previsione normativa.

Deve osservarsi che alla fattispecie in esame si applicano, ratione temporis, il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 37 e 55 nel loro testo originario, quello precedente, cioè, anche alle modificazioni introdotte dalla L. n. 473 del 1994 (di conversione del D.L. n. 330 del 1994. Secondo tale testo dell’art. 37, comma 1 “le dichiarazioni previste dal presente decreto devono essere sottoscritte dal contribuente o da un suo rappresentante legale o negoziale” In virtù di tale norma, la dichiarazione priva della sottoscrizione era da considerare nulla anche se tale nullità non era espressamente comminata dalla legge. La sottoscrizione è un requisito di forma stabilito dalla legge per la dichiarazione annuale e, secondo la regola generale di cui all’art. 1325 cod. civ., la violazione della forma legale determina la nullità dell’atto non soltanto quando la nullità è espressamente prevista dalla legge ma quando “risulta” che essa sia prescritta dalla legge sotto pena di nullità.

Nell’ipotesi in esame che la mancata sottoscrizione determini la nullità era implicitamente ma chiaramente stabilito dall’art. 55, comma 2, a tenore del quale se la dichiarazione presentata è priva di sottoscrizione si applicano le norme stabilite dal comma precedente per il caso in cui il contribuente non abbia presentato la dichiarazione. La legge quindi prevedeva che la dichiarazione non sottoscritta equivaleva alla dichiarazione mancante il che significa esattamente che la stessa era nulla. Il regime allora vigente non prevedeva alcuna sanatoria della nullità in questione, quale quella già prevista dalla menzionata L. del 1994 che aveva disposto l’integrazione del D.P.R. n. 633, art. 55, comma 2 inserendo dopo le parole “Le disposizioni del precedente comma si applicano anche se la dichiarazione presentata è priva di sottoscrizione” le seguenti: “e il contribuente non ha provveduto, entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto, alla sottoscrizione”.

Trattandosi peraltro di nullità formale era anche allora da ammettere la possibilità di rinnovazione dell’atto mediante la presentazione di un’altra dichiarazione munita della prescritta sottoscrizione. La rinnovazione non poteva peraltro che avere efficacia ex nunc, con salvezza pertanto delle decadenza che fossero nel frattempo intervenute.

Resta quindi da esaminare il profilo relativo all’accertamento sul se e quando la seconda dichiarazione sottoscritta sia stata inviata dal contribuente all’ufficio come ha sostenuto nel giudizio di merito la società COVEMA. Al riguardo la sentenza impugnata – sostanzialmente basata sulla ritenuta irrilevanza della non sottoscrizione – non appare aver compiuto alcun accertamento o comunque non lo ha adeguatamente motivato, essendosi limitata a riprodurre la versione del contribuente – contestata in fatto dall’Ufficio – senza dar mostra di aver compiuto alcuna verifica probatoria.

Deve quindi essere affermato il principio di diritto che, sotto il vigore del testo originario del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 37 e 55 in caso di omessa sottoscrizione della dichiarazione annuale IVA la dichiarazione stessa era da considerarsi come non presentata e quindi la richiesta di rimborso o di accredito era priva di effetti, ma il contribuente poteva rinnovare con effetto ex nunc la dichiarazione e la richiesta con una nuova dichiarazione sottoscritta purchè la stessa fosse presentata nei termini di cui al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata ed il giudice del rinvio dovrà accertare sulla base delle prove acquisite se effettivamente è stata presentata e quando è stata presentata la successiva dichiarazione del contribuente recante la sua sottoscrizione.

P.Q.M.

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese ad altra sezione della Commissione tributaria regionale di Palermo.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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