Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19741 del 25/07/2018


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19741 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: DI MARZIO MAURO
Data pubblicazione: 25/07/2018

SENTENZA

sul ricorso 11197/2016 proposto da:
Gavazzi Roberto, elettivamente domiciliato in Roma, Via G. Ferrari n.
4, presso lo studio dell’avvocato Prioreschi Maurilio, rappresentato e
difeso dagli avvocati Bruno Vincenzo, Tortorella Silvia, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente contro
Unipolsai Assicurazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Piemonte n.39,
presso

lo

studio

dell’avvocato

Giovannetti

Alessandra,

che

la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati Dattrino Massimo,

l

Weigmann Marco, giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché contro
Mediobanca – Banca di Credito Finanziario S.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente dom iciliata in
Roma, Via di Villa Graziali n.20, presso lo studio dell’avvocato
Romano Giorgio, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati Villa Gianroberto, Cella Luigi, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
Gavazzi Roberto, elettivamente domiciliato in Roma, Via G. Ferrari n.
4, presso lo studio dell’avvocato Prioreschi Maurilio, rappresentato e
difeso dagli avvocati Bruno Vincenzo, Tortorella Silvia, giusta procura
(j)

a margine del ricorso principale;
– controricorrente ai ricorsi incidentali –

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N

avverso la sentenza n. 4298/2015 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 10/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/04/2018 dal cons. DI MARZIO MAURO;

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r.f).
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(j)

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

~

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’accoglimento per

u

quanto di ragione dei ricorsi incidentali, assorbimento del principale;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato Silvia Tortorella che ha chiesto
l’accoglimento del proprio ricorso principale;

2

o

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale Unipolsai,
l’Avvocato Alessandra Giovannetti che ha chiesto l’accoglimento del
proprio ricorso;
udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale Mediobanca,
l’Avvocato Gianroberto Villa che ha chiesto l’accoglimento del proprio
ricorso, ed il rigetto del ricorso principale.

FATTI DI CAUSA
l. –

Gavazzi Roberto ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di

Milano Mediobanca Banca di Credito Finanziario S.p.A., Fondiaria-Sai
S.p.A. e Premafin S.p.A. e, premettendo di essere stato azionista di
La Fondiaria S.p.A., ha chiesto condanna delle società convenute al
risarcimento
dell’obbligo

del
di

danno subito
offerta

in

pubblica

di

conseguenza
acquisto

della

totalitaria

violazione
previsto

dall’articolo 106 del testo unico della finanza, obbligo insorto a
seguito dell’acquisto da parte di Sai S.p.A., anche mediante il
concerto delle altre due convenute, di una partecipazione in La
Fondiaria S.p.A. eccedente la soglia normativamente prevista del

30°/o.

(j)

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N

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r.f).
ro

u

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2. –

Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale adito ha accolto la

domanda, ritenendo che le tre convenute avessero effettivamente
dato luogo ad un concerto attraverso il quale Sai S.p.A. era venuta a
detenere

una

quantificando

partecipazione
il

danno

subito

superiore
dal

alla

Gavazzi

soglia

nella

indicata,

misura

di

982.940,00, pari alla differenza tra il prezzo delle azioni in sede di
offerta pubblica di acquisto ed il valore di mercato del t itolo al 18

3

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(j)

~

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u

febbraio 2002, ossia alla data in cui era insorto l’obbligo di dar corso
all’offerta.

3. –

Contro la sentenza hanno proposto appello sia Fondiaria-Sai

S.p.A, anche quale incorporante Premafin S.p.A., che Mediobanca
Banca di Credito Finanziario S.p.A., mentre il Gavazzi ha resistito
all’impugnazione.

4. 2015,

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 10 novembre
ha

parzialmente

accolto

gli

appelli,

riducendo

l’importo

riconosciuto a titolo di risarcimento ad € 683.515,00.
A fondamento della decisione la Corte territoriale ha premesso di
essere chiamata a pronunciare su due punti, quello della fondatezza
della pretesa risarcitoria dell’attore per violazione dell’obbligo di
offerta pubblica di acquisto e quello della prova della pretesa
risarcitoria e, dunque, della determinazione del quantum debeatur.
Con riguardo al primo aspetto la sentenza impugnata ha richiamato
alcune decisioni di questa Corte rese sulla medesima vicenda, ma su
domanda di diversi attori.
Con riguardo al secondo aspetto, poi, la Corte milanese ha fatto
propria, trascrivendone alla lettera alcune pagine, la quantificazione
del danno risultante dalla disposta consulenza tecnica d’ufficio, la
quale aveva tenuto presente due criteri liquidatori, quello del «danno
immediato», commisurato al differenziale tra il prezzo di rimborso
delle azioni in caso di Opa, pari a € 7,65 per azione, al netto delle
commissioni di negoziazione, e del valore attribuito alle azioni in sede
di fusione Fondiaria-Sai, e quello del «danno realizzato», pari al
differenziale tra il medesimo prezzo di rimborso delle azioni in caso di
Opa, al netto delle commissioni di negoziazione, ed il valore unitario
4

finale dei titoli detenuti dal cliente, quantificando infine il danno nella
somma del 50°/o del «danno immediato» e del 50°/o del «danno
realizzato».
Trascritte le considerazioni del consulente tecnico d’ufficio, la Corte
territoriale ha ritenuto «non accoglibili le osservazioni svolte nelle
comparse e repliche (in quanto riguardano aspetti già considerati e
risolti dalla Corte di cassazione o dal CTU)», giudicando altresì
«assorbito e in ogni caso rigettato ogni altro motivo d’appello
(principale e incidentale)».

4. –

Per la cassazione della sentenza Gavazzi Roberto ha proposto

ricorso per tre motivi illustrati da memoria.
Unipolsai S.p.A., già Fondiaria-Sai S.p.A., e Mediobanca S.p.A. hanno
resistito con controricorso e proposto ciascuna ricorso incidentale per
quattro motivi. Entrambe hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. –

Il ricorso principale contiene tre motivi con cui il Gavazzi

denuncia:
i) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello aderito
alle conclusioni della seconda relazione di consulenza tecnica d’ufficio
omettendo di
consulenza,

prendere posizione sulle censure

censure

sulle

quali

neppure

il

mosse a detta

consulente

si

era

pronunciato;
ii) il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione
dell’articolo 1223 c.c. per avere la Corte d’appello parametrato il
risarcimento

del

danno spettante

5

all’azionista

di

minoranza

in

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O)

~

o

u

conseguenza del mancato lancio dell’offerta pubblica di acquisto
obbligatoria a valori diversi da quelli azionari di borsa;
iii)

il

terzo

motivo

denuncia

violazione

e/o

falsa

applicazione

dell’articolo 1223 c.c. per avere la Corte d’appello erroneamente
imputato le spese di negoziazione delle azioni a riduzione del danno
patito dal ricorrente.
I tre motivi formulano sotto il duplice profilo del vizio motivazionale e
della violazione di legge censure concernenti i medesimi aspetti, ossia
la quantificazione del danno da mancato lancio dell’offerta pubblica di
acquisto, poiché ancorata a criteri errati, in quanto basati non già sul
reale valore delle azioni, ma su un loro valore fittizio, e per avere la
sentenza posto a carico di esso Gavazzi le spese di negoziazione dei
tito l i.

2.

I

motivi,

che

per il

loro collegamento

possono

essere

simultaneamente esaminati, sono palesemente fondati nel senso che
segue.

2.1.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il

danneggiato da mancato lancio deii’Opa subisce un danno che non
può farsi «coincidere in modo necessario ed automatico con il
risultato economico della vendita azionaria che si sarebbe verificata
se l’offerta vi fosse stata e fosse stata accettata», giacché, nel
frangente considerato, il pregiudizio patito dall’azionista consiste in
una perdita di chance –

è chiaro il riferimento ad essa laddove, in

Cass. 10 agosto 2012, n. 14392, da cui sono tratte le citazioni qui
virgolettate, si fa riferimento alla sua nozione, mutuata alla lettera,
ad esempio, da Cass. 11 dicembre 2003, n. 18945, secondo cui la
chances

«non

è una m era aspettativa di fatto ma un ‘entità
6

patrimoniale

a

sé stante,

giuridicamente

ed

economicamente

suscettibile di autonoma valutazione» -, ossia nella perdita della
possibilità di disinvestimento «che l’offerta pubblica avrebbe dovuto
assicurare e che, proprio in quanto l’offerta non v’è stata, non è mai
invece venuta ad esistenza». Tale danno collocandosi dal versante del
mancato conseguimento di un vantaggio, quale quello che l’azionista

C)
~

avrebbe potuto conseguire se I’Opa fosse stata lanciata ed egli vi
avesse aderito, si configura dunque come lucro cessante ipotetico.
Danno, quello menzionato, che l’azionista ha l’onere di allegare e
provare, dimostrando il valore economico dell’«opzione d’acquisto»,
in

relazione

«ai diversi fattori che possono avere

influenzato

l’andamento della quotazione di borsa delle azioni di cui si discute nel
periodo considerato, tenendo conto dei criteri di determinazione del
prezzo dell’offerta pubblica obbligatoria che avrebbe dovuto essere
promossa».
Successivamente è stato ulteriormente chiarito che la valutazione non
va rapportata esclusivamente al momento in cui si consuma la
violazione

dell’obbligo

astrattamente possibile

di

lancio

ipotizzare

deii’Opa,
un ‘incidenza

essendo

«almeno

di quegli eventi

successivi sul valore di borsa dei titoli rimasti nel portafoglio di detti
azionisti in termini di compensatio lucri cum damno ave ve ne siano
le condizioni» (Cass. 26 settembre 2013, n. 22099; v. pure Cass. 10
febbraio 2016, n. 2665; Cass. 13 ottobre 2015, n. 20560). Ne
discende che il danno da perdita di chance di disinvestimento patito
dall’azionista, perciò commisurato alle probabilità che l’azionista
avrebbe

aderito

aii’Opa

che

non

ha

invece

avuto

luogo,

va

determinato raffrontando il prezzo di rimborso delle azioni in caso di
Opa con il loro valore effettivo, ritratto dalle risultanze di borsa,
secondo il successivo andamento del titolo, nell’arco temporale
7

ro

intercorrente tra il giorno in cui si è consumata la violazione
dell’obbligo di Opa e quello del disinvestimento (se vi è stato, ovvero
in caso contrario della proposizione della domanda risarcitoria), nella
misura in cui, in applicazione dei principi generali, il pregiudizio patito
dall’azionista si collochi sul piano delle conseguenze immediate e
dirette alla violazione dell’obbligo di Opa, il tutto sempre nei limiti
della prevedibilità, salvo non si versi in caso di dolo, e se del caso con
liquidazione equitativa, escluso in tutto o in parte, in presenza dei
relativi presupposti, il risarcimento in ipotesi di concorso del fatto
colposo del creditore.

2.2.

E

poi

scontata

l’affermazione,

già

contenuta

nella

giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «la valutazione della
sufficienza delle prove offerte e la concreta individuazione del danno
risarcibile competono, ovviamente, al giudice di merito» (Cass. 26
settembre 2013, n. 22099).
Occorre aggiungere, ora, che altrettanto ovviamente la liquidazione
del danno è sì rimessa al giudice di merito, ma a condizione che sia
sostenuta da una motivazione tale da collocarsi al di sopra del limite
minimo oltre il quale ogni controllo della Corte di cassazione è
interdetto, limite che, a seguito della riformulazione dell’articolo 360,
comma

l,

n.

5,

c.p.c.,

discende

dalla

riduzione

al

«minimo

costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché è
ma almeno in tal caso è pur

denunciabile in cassazione solo sempre denunciabile l’aspetto
«contrasto

materiale

la «mancanza assoluta di motivi sotto

e grafico»,

irriducibile

tra

la

«motivazione

affermazioni

apparente»,

inconciliabili»

e

il
la

«motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa
8

cioè qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della
motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
Orbene, pur nel quadro e nei limiti di applicazione del vigente n. 5 del
comma l dell’articolo 360 c.p.c., occorre allora mantener fermo il
principio secondo cui è affetta da vizio di motivazione la sentenza con
la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate
critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della
consulenza tecnica d’ufficio, non le abbia in alcun modo prese in
considerazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della
consulenza medesima (Cass. l

o

marzo 2007, n. 4797; Cass. 24 aprile

2008, n. 10688; Cass. 21 novembre 2016, n. 23637): ciò, beninteso,
quando il semplice rinvio per relationem alla consulenza tecnica,
ovvero, come nel caso in esame, la sua più o meno integrale
trascrizione, si traduca in una motivazione affetta da deficienze
talmente gravi quali quelle poc’anzi menzionate.

2.3. –

Nel caso in esame, quindi, è agevole osservare che la Corte

milanese è pervenuta alla liquidazione del danno patito dal Gavazzi
attraverso l’acritico recepimento di un ragionamento del consulente
tecnico d’ufficio, debitamente ed analiticamente censurato,

che,

discostandosi dalle indicazioni di questa Corte, secondo cui il danno
va rapportato al differenziale tra il prezzo da praticarsi con I’Opa ed il
valore effettivo del titolo, si connota per il suo carattere in parte
oscuro, in parte insostenibile ed in parte arbitrario.
La Corte d’appello, nonostante le obiezioni indirizzate dalle società
appellanti

alla

consulenza

tecnica

d’ufficio espletata,

ha

difatti

recepito, senza nulla aggiungere, il simultaneo impiego:
-) del parametro del «danno immediato», la cui consistenza teoricoscientifica rimane ignota, rapportato al differenziale tra il prezzo di
9

- – – – – – – –

rimborso delle azioni in caso di Opa ed il prezzo applicato in sede di
fusione Fondiaria-Sai, prezzo, quest’ultimo, fittiziamente fissato dalle
parti interessate, giacché, secondo quanto lo stesso consulente
tecnico ha riconosciuto, esso era meramente «”dottrinale” ma non
utilizzabile per la valutazione del portafoglio dell’avv.

Gavazzi»,

mentre altro ed inferiore era il prezzo praticato nelle contrattazioni
borsistiche, sicché non v’era modo per il Gavazzi di realizzare detto
prezzo, meramente «dottrinale», attraverso la dismissione delle
proprie azioni, con l’ulteriore conseguenza che la Corte d’appello,
neppure tentando una giustificazione della soluzione adottata, ha
impiegato un criterio manifestamente irrazionale;
-) del parametro del «danno realizzato», rapportato al differenziale
tra il prezzo di rimborso delle azioni in caso di Opa ed un «valore
finale includente i vantaggi», quantificato in € 5, 12, a fronte di un
«valore medio di mercato includente i vantaggi», indicato in € 4,08,
senza che riesca affatto ad intendersi in qual modo, specificamente,
si giustifichi la lievitazione di detto ultimo valore, il valore medio di
mercato –

che, tra l’altro, era il valore che la stessa Corte d’appello

aveva chiesto di determinare, come risulta dai quesiti rivolti dal CTU
riportati a pagina 11 della sentenza, mutando poi orientamento senza
dar conto del perché -, così da ascendere all’importo infine sottratto
dal prezzo di rimborso in caso di Opa.
Dopo di che, rimane avvolto nel mistero il perché il consulente tecnico
d’ufficio, e conseguentemente il giudice, abbia combinato al 50°/o i
due

fattori:

si

tratta

qui

di

una

scelta

arbitraria,

oltre

che

incomprensibile.
Parimenti assurdo, sul piano della più elementare logica, l’addebito al
Gavazzi di sei centesimi per ogni azione a titolo di commissioni di
negoziazione.

È lo stesso consulente tecnico d’ufficio ad aver
10

riconosciuto, a pagina 26 della seconda relazione che: «Nel caso in
cui si fosse proceduto alla consegna dei titoli per esecutività deii’Opa,
l’avvocato Gavazzi avrebbe avuto un ulteriore beneficio (o vantaggio)
rispetto alla vendita degli stessi sul mercato. Infatti lo stesso non
avrebbe sopportato le commissioni alle spese dovute». Dopo di che il
consulente tecnico, sia nel calcolare il «danno immediato», sia nel
calcolare il «danno realizzato», ha scomputato dal prezzo di rimborso
delle azioni in caso di Opa anche l’importo delle commissioni di
negoziazione, quando detta somma si colloca con tutta evidenza dal
versante del pregiudizio, non certo del vantaggio, trattandosi di
somma che il Gavazzi, se I’Opa fosse stata lanciata ed egli vi avesse
aderito, non avrebbe pagato.
In tale contesto, il supporto motivazionale di cu i la Corte d’appello ha
munito la propria decisione, a fronte delle obiezioni rivolte alla
consulenza tecnica d’ufficio, si riassume nell’affermazione secondo cui
esse avrebbero riguardato «aspetti già considerati e risolti dalla Corte
di cassazione o del CTU», senza ulteriori delucidazioni, il che equivale
a non aver dato la benché minima risposta.
Nel complesso, in definitiva, la motivazione addotta dal giudice di
merito in punto di determinazione del quantum riesce ad essere nello
stesso tempo meramente apparente, giacché non risponde alle
critiche alla consulenza tecnica d’ufficio, e tutt’affatto perplessa ed
obiettivamente incomprensibile, laddove recepisce il ragionamento
oscuro, insostenibile ed arbitrario del consulente tecnico.

3. –

Le società controricorrenti hanno proposto ricorso incidentale

per quattro motivi, sovrapponibili, con cui hanno lamentato che la
Corte d’appello avesse totalmente omesso di rispondere a quattro
11

motivi

di

impugnazione

da

esse

spiegati,

in

particolar

modo

concernenti:
i) la decadenza del Gavazzi dalla facoltà di depositare atti e produrre
documenti a decorrere dal 6 febbraio 2006;
ii) il difetto di legittimazione attiva del Gavazzi, dal momento che le
azioni appartenevano non a lui ma ad una società;
iii) la posizione ricoperta dal Gavazzi, quale amministratore delegato
e componente del consiglio di amministrazione di Fondiaria;
iv) l’exceptio doli nonché il concorso di colpa dello stesso Gavazzi.

4. – I ricorsi incidentali sono anch’essi palesemente fondati.
I motivi sopra menzionati erano stati effettivamente formulati da
entrambe le società.
In proposito la Corte d’appello si è limitata a ritenere «assorbito e in
ogni

caso

rigettato

ogni

altro

motivo

d’appello

{principale

e

incidentale)» (pagina 28 della sentenza), senz’altro aggiungere.
Ciò vuoi dire che i motivi non sono stati punto esaminati, in violazione
del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

5. –

Accolti il ricorso principale e quelli incidentali, la sentenza è

cassata

e

rinviata

alla

Corte

d’appello

di

Milano

in

diversa

composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà
anche alla liquidazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI
accoglie il ricorso principale e quelli incidentali, cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in
diversa composizione.

12

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio ç1ella prima sezione
civile. il 24 aprile

2018./~

13

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