Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19741 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1394 del ruolo generale dell’anno 2016

proposto da:

1) A.G., 2) + ALTRI OMESSI, tutti rappresentati e difesi,

giusta distinte procure allegate in calce al ricorso, dagli avvocati

Carlo Rienzi (C.F.: RNZCRL46R08H703I) e Gino Giuliano (C.F.:

GLNGNI65A02D636M);

– ricorrenti –

nei confronti di:

REPUBBLICA ITALIANA, (C.F.: non indicato), in persona del Presidente

del Consiglio dei Ministri pro tempore PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI

MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro

tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del Ministro pro tempore;

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del Ministro pro tempore MINISTERO DELLA SALUTE (C.F.: (OMISSIS)),

in persona del Ministro pro tempore;

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi

dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrenti – ricorrenti in via incidentale –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n.

7511/2014, pubblicata in data 9 dicembre 2014;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 15

febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I soggetti indicati in epigrafe quali ricorrenti, medici iscritti a corsi di specializzazione universitaria in anni accademici anteriori al 1991/1992, deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76, hanno agito in giudizio nei confronti della Repubblica Italiana, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonchè del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le loro domande sono state rigettate dal Tribunale di Roma, che ha ritenuto prescritti i diritti fatti valere.

La Corte di Appello di Roma, pur escludendo la prescrizione, ha confermato nel merito la decisione di primo grado, di rigetto delle suddette domande.

Ricorrono i medici attori indicati in epigrafe, sulla base di due motivi.

Le amministrazioni convenute resistono con controricorso e propongono a loro volta ricorso incidentale nei confronti dei ricorrenti C., L.R., L.G., M., N., P. e T., i quali resistono con ulteriore controricorso.

E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Sia i medici ricorrenti che le amministrazioni pubbliche controricorrenti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione artt. 14 e 16 Direttiva 82/76 CEE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Violazione e/o falsa applicazione dei principi applicabili in materia di rapporti di durata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Violazione e/o falsa applicazione del c. d. principio di “equivalenza giurisdizionale”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Secondo i ricorrenti, il diritto al risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle direttive comunitarie spetterebbe anche ai medici iscritti a corsi di specializzazione in data anteriore al 1983.

Il motivo è fondato, ma solo con riguardo ai ricorrenti che hanno iniziato i rispettivi corsi di specializzazione nell’anno 1982 (come specificato nella tabella allegata in calce al ricorso), e cioè:

1) B.F.; 2) + ALTRI OMESSI.

Esso è invece infondato con riguardo a tutti gli altri ricorrenti, che risultano avere iniziato i rispettivi corsi di specializzazione in anni anteriori al 1982 (come da essi stessi specificato nella tabella allegata in calce al ricorso).

La Corte di Giustizia della Unione Europea, su rinvio pregiudiziale delle Sezioni Unite di questa stessa Corte, ha fornito l’interpretazione delle disposizioni dell’art. 2 paragrafo 1, lettera c), dell’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè dell’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, con la sentenza pronunciata in data 24 gennaio 2018 nelle cause riunite C-616/16 e C617/16, in cui è in sintesi chiarito: a) che “qualsiasi formazione… come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto”; b) che tale obbligo “non dipende dalla adozione, da parte dello Stato membro, di misure di trasposizione della direttiva 82/76”; c) che “una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione… dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”.

Come altresì successivamente chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 20348 del 31/07/2018, Rv. 650269 – 01) “il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); ne consegue che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento”.

Questa Corte ha altresì precisato (Cass., Sez. 3, Ordinanze nn. 1054, 1055, 1056, 1062, 1064, 1065, 1066 del 17/01/2019; conf. Sez. 3, Ordinanze n. 13761, n. 13762 e n. 13763 del 31/05/2018) che la Corte di giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza del 24 gennaio 2018 in precedenza richiamata, ha in sostanza distinto tre categorie di soggetti:

“1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione, neanche se il corso sia proseguito dopo l’entrata in vigore della direttiva;

2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1 gennaio 1983;

3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso”.

Tale conclusione è da ritenersi invero coerente con la correlazione tra compenso e organizzazione nonchè frequenza dei corsi secondo i canoni stabiliti, presente nella direttiva del 1982, entrata in vigore nel gennaio dello stesso anno (cfr. punto 30 della citata sentenza della Corte di giustizia), nonchè con il generalissimo principio di ultrattività delle previsioni normative che costituiscano nuovi diritti rapportati a un nuovo regime che li giustifichi (essendo opportuno precisare che, sebbene i casi sottesi al rinvio pregiudiziale di questa Corte siano stati indicati dalla stessa Corte di giustizia come di medici specializzati tra il 1982 e 1990, il quesito del rinvio medesimo è stato ampio e volto a quindi chiarire compiutamente ogni perimetro – cfr. punti 17 e 24 della sentenza della Corte di giustizia – sicchè il reiterato riferimento ai corsi iniziati nel 1982, fatto dal Collegio sovranazionale, anche nel corpo della motivazione del provvedimento in parola, è univocamente concludente in tal senso).

Le considerazioni che precedono, oltre a costituire indirizzo ormai consolidato di questa Corte, che le difese dei ricorrenti non contengono elementi idonei a rimeditare, consentono di superare anche le contrarie argomentazioni esposte nel precedente di merito richiamato dagli stessi ricorrenti nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

La decisione impugnata, la quale ha negato il diritto alla remunerazione per tutti i medici ricorrenti che avevano iniziato i rispettivi corsi di specializzazione anteriormente al 1983, va quindi confermata – sia pure sulla base della motivazione fin qui esposta, parzialmente diversa da quella enunciata dalla corte territoriale – con riguardo ai ricorrenti che hanno iniziato i corsi di specializzazione anteriormente al 1982, mentre va cassata esclusivamente con riguardo a quelli che hanno iniziato detti corsi nell’anno 1982.

Di conseguenza, in sede di rinvio, la corte di appello, conformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, dovrà provvedere ad accertare, per i medici che hanno iniziato i rispettivi corsi di specializzazione nell’anno 1982, la sussistenza di tutti i requisiti necessari per ottenere la remunerazione prevista dalle direttive, determinando in concreto (anche sulla base di quanto verrà precisato in seguito, in relazione al successivo motivo di ricorso) gli importi dovuti a ciascuno di essi a titolo risarcitorio.

A tale proposito, va ulteriormente precisato quanto segue.

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (nella già richiamata sentenza n. 20348 del 18 luglio 2018), deve considerarsi sussistente il diritto al risarcimento per l’inadempimento dello Stato agli obblighi derivanti dalla direttiva “a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”, ciò implicando che occorre commisurare il risarcimento stesso per la mancata percezione di una remunerazione adeguata (non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì) alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento.

Nel procedere alla determinazione dell’indennizzo spettante a ciascuno dei ricorrenti iscritti ai rispettivi corsi di specializzazione nel 1982, nel rispetto dei principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dovrà quindi tenersi conto: a) della durata del corso frequentato; b) della necessità di commisurare l’indennizzo corrispondente al primo anno accademico 1982/83 – nella misura già stabilita con riferimento al disposto della L. n. 370 del 1999, art. 11 – alla frazione di anno accademico successiva al 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione dell’anno stesso. L’indennizzo, per il suddetto primo anno accademico, andrà riconosciuto integralmente laddove si accerti che l’uno e l’altra si siano svolte integralmente ed esclusivamente dopo il 1 gennaio 1983.

La ragione giustificativa dell’applicazione del frazionamento del risarcimento per l’anno accademico 1982/83 solo se l’effettivo svolgimento del corso in parte si è situato prima del 1 gennaio 1983 si ravvisa nella necessaria applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite in coerenza con la sentenza della Corte di Giustizia, la quale, stabilendo che la debenza del risarcimento spetta soltanto dal 1 gennaio 1983, lo ha fatto nel presupposto che lo Stato Italiano dovesse assicurare la verificazione delle condizioni di adempimento delle direttive e, quindi, adempiere l’obbligo da esse scaturente fino dalla data di entrata in vigore della c.d. direttiva di coordinamento 82/76, che entrò in vigore il 29 gennaio 1982 ed imponeva agli Stati membri di conformarsi (con la concessione di un termine di adempimento) entro e non oltre il 31 dicembre 1982 a norma dell’art. 16 della direttiva stessa. L’obbligo di apprestare le misure necessarie per conformarsi, secondo la Corte di Giustizia, gravava in tal modo sugli Stati membri dal 29 gennaio 1982, ma il suo risultato, cioè la situazione di conformazione, doveva al più tardi realizzarsi dal 1 gennaio 1983.

Con riferimento ai corsi di specializzazione correlati all’anno accademico 1982/83, qualora essi, secondo l’ordinamento dell’università in concreto fossero iniziati prima del 1 gennaio 1983, la mancata conformazione prima di quella data non ha determinato alcun inadempimento e non può dar luogo ad alcun risarcimento. Il risarcimento spetterà solo per il periodo decorrente dal 1 gennaio 1983 e ciò perchè l’inadempimento statuale si è verificato solo da quella data. Ne deriva che l’importo annuo riconoscibile a titolo risarcitorio, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, andrà riconosciuto solo proporzionalmente alla durata del corso situatasi a partire dal 1 gennaio 1983.

Nei casi in cui, invece, la durata del primo anno (espressione che non vuol dire anno solare) del corso sia iniziata a partire o dopo quella data, l’importo competerà per intero, perchè tutta la relativa durata si è svolta quando lo Stato era inadempiente.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione L. n. 370 del 1999, art. 11,D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Violazione e falsa applicazione del principio affermato dalla CGUE, secondo cui l’applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione di una direttiva permette di rimediare alle conseguenze pregiudizievoli della tardiva attuazione della direttiva medesima, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Secondo i ricorrenti, il danno derivante dalla mancata attuazione delle direttive comunitarie andrebbe liquidato riconoscendo loro la remunerazione prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991 e non il minore importo di cui alla L. n. 370 del 1999.

Il motivo è infondato.

I ricorrenti, secondo quanto emerge dagli stessi atti difensivi, hanno frequentato corsi di specializzazione iniziati in anni accademici anteriori al 1991/92, non soggetti alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

Il danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei suddetti corsi di specializzazione va quindi liquidato in conformità ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte, secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11; a seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; conformi, tra le tante: Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 6 3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6 3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).

La corte di appello, in sede di rinvio, nel liquidare l’indennizzo eventualmente dovuto ai ricorrenti, si conformerà a tali principi di diritto.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si denunzia “Improponibilità della domanda dei ricorrenti Dott.ri C.G., L.R.G., L.G.S.S., M.M.E., N.S., P.G. e T.D., ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, art. 2043 c.c., artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell’art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (Trattato di Roma) nella versione consolidata (GUCE n. C 325 del 24 dicembre 2002), dell’art. 117 Cost., comma 1, della Repubblica, dell’art. 16 della Direttiva CEE 82/76, nonchè degli artt. 5 e 7 della Direttiva “riconoscimento” 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Il ricorso incidentale, che resta assorbito – stante l’esito del principale – con riguardo alle posizioni dei medici ricorrenti P.G. e T.D. (per i quali la sentenza di merito di rigetto integrale delle rispettive domande è confermata), è inammissibile con riguardo alle posizioni degli altri medici indicati nella rubrica del ricorso incidentale.

Secondo le amministrazioni ricorrenti, i diplomi conseguiti dai suddetti medici non sarebbero compresi negli elenchi dei titoli di specializzazione allegati alle direttive comunitarie che riconoscono il diritto ad una equa remunerazione per la relativa frequenza, non sarebbero riconosciuti da due o più stati membri, nè potrebbero dirsi equivalenti a diplomi riconosciuti da due o più stati membri.

La questione posta riguarda, in sostanza, la natura “comune” ad almeno due stati membri dei corsi di specializzazione frequentati dai suddetti medici, anche in relazione alla loro equivalenza a corsi di specializzazione istituiti in altri stati membri. Si tratta di una questione che, secondo il costante orientamento di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 – 02; cfr. altresì, sostanzialmente nel medesimo senso, tra le altre: Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 6471 del 31/03/2015; Sez. L, Sentenza n. 190 del 11/01/2016; Sez. 3, Sentenza n. 16665 del 09/08/2016; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21798 del 28/10/2016, Rv. 642960 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 13760 del 31/05/2018, Rv. 648800 – 01), implica anche riscontri fattuali che deve compiere il giudice di merito, sicchè, in mancanza di indicazioni della parte ricorrente circa la sede dei gradi merito in cui detto accertamento sia stato effettuato ed il modo in cui si sia formato, la relativa questione è inammissibile nel giudizio di cassazione, non configurandosi come una mera “quaestio iuris” riconducibile all’art. 382 c.p.c., comma 3.

Il ricorso, sotto questo aspetto, difetta di specificità.

In esso non si indica con precisione (richiamandone il contenuto) in quali atti del giudizio di merito era stata eventualmente specificamente posta dalle amministrazioni convenute la suddetta questione, se vi era stata una decisione in primo grado, se essa era stata riproposta in appello ed eventualmente in quali termini. Poichè, come chiarito in premessa, l’individuazione dei corsi di specializzazione che rientrano tra quelli oggetto di necessaria remunerazione in quanto comuni a due o più stati membri, o comunque ad essi equivalenti, richiede lo svolgimento di accertamenti di fatto, tale questione non può essere posta per la prima volta in sede di legittimità.

4. E’ accolto, per quanto di ragione e nei sensi specificati in motivazione, il primo motivo del ricorso principale, che per il resto è rigettato.

Il ricorso incidentale è dichiarato assorbito con riguardo alle posizioni di P.G. e T.D., inammissibile con riguardo alle posizioni degli altri medici intimati.

La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità, limitatamente alle posizioni dei medici il cui ricorso è stato accolto. Le spese del giudizio di legittimità, con riguardo ai medici per i quali il ricorso principale è integralmente rigettato, possono invece essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione della reciproca soccombenza delle parti e comunque delle oggettive incertezze interpretative ancora esistenti al momento della proposizione dei ricorsi, in ordine ad almeno alcune delle questioni giuridiche affrontate.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo del ricorso principale, per quanto di ragione, nei sensi specificati in motivazione, rigettandolo per il resto, in relazione alla posizione dei soli seguenti ricorrenti:

1) B.F., 2) + ALTRI OMESSI;

cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità, limitatamente alle posizioni dei medici il cui ricorso è stato accolto;

dichiara il ricorso incidentale assorbito con riguardo alle posizioni di P.G. e T.D., inammissibile con riguardo alle posizioni degli altri medici intimati;

dichiara integralmente compensate le spese del giudizio di legittimità tra i ricorrenti principali per i quali il ricorso è integralmente rigettato e le amministrazioni ricorrenti in via incidentale.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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