Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19739 del 28/08/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 19739 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 30201-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

STECCHERINI FABIO;

intimato

Nonché da:
STECCHERINI FABIO in proprio e in qualità di
rappresentante

fiscale

della

ALLCOMM

LTD,

Data pubblicazione: 28/08/2013

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARONCINI 51,
presso lo studio dell’avvocato PERSICO GIUSEPPE, che
lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale contro

intimato

avverso la sentenza n. 75/2009 della COMM.TRIB.REG.
di TRIESTE, depositata il 27/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MELONCELLI che ha
chiesto raccoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PERSICO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, rigetto
ricorso incidentale.

AGENZIA DELLE ENTRATE;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.

I .L’Ufficio dogane di Monfalcone effettuava una verifica sulle importazioni eseguite dalla società
inglese Allcom ltd con sede legale ed amministrativa in Manchester, appurando che detta società
aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi ed aveva effettuato delle importazioni di
beni utilizzando la propria partita IVA ancorchè le relative merci erano state importate
materialmente da società dalla stessa controllate, sprovviste di autonoma partita IVA e da assimilare
2. Per tale motivo l’Ufficio emetteva autonomi avvisi di accertamento relativi ad IRPEG ed IRAP
nonché, per quel che qui specificamente rileva, ad IVA per l’anno 2001, ritenendo illegittima
l’operata detrazione dell’IVA all’importazione effettuata dalla società contribuente.
3. Steccherini Fabio, nella sua qualità di rappresentante fiscale della società Allcomm, impugnava
gli avvisi di accertamento innanzi alla CTP di Gorizia che accoglieva il ricorso relativo all’IRPEG
ed all’IRAP rigettando quello relativo all’IVA.
4. L’appello proposto dallo Steccherini innanzi alla CTR del Friuli Venezia Giulia veniva accolto
con sentenza depositata il 27 novembre 2009 che annullava l’avviso di accertamento.
4.1 Secondo il giudice di appello, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, andava
applicata alla fattispecie la disciplina in tema di IVA di gruppo di cui all’art.73 ult.comma DPR
n.633/1972. Del resto, l’art.4 della sesta direttiva CEE consentiva agli Stati di considerare come
unico soggetto passivo IVA le persone residenti all’interno del Paese strettamente vincolate tra loro
da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. La decisione di primo grado, per contro, aveva
negato l’esistenza del gruppo societario capeggiato dalla Allcom ltd ancorchè questo emergesse
dallo stesso verbale di constatazione. A conferma di tale assunto la CTR richiamava l’art.30
comma 6 dpr.n.633/1972 che estendeva le regole del rimborso previste per i soggetti non residenti
stabiliti nello Stato agli enti e società controllate che utilizzavano la disciplina dell’IVA di gruppo.
Nella stessa direzione si poneva la risoluzione n.22 del 21.2.2005 dell’amministrazione finanziaria,
la quale richiedeva, ai fini dell’operatività del regime dell’IVA di gruppo, che le società residenti in
altri stati membri avessero una forma societaria equipollente a quella delle società di capitali di
diritto interno ed avessero un’identificazione ai fini IVA attraverso il rappresentante fiscale o per
mezzo di una stabile organizzazione. Circostanze esistenti nel caso di spese stante l’equipollenza
delle società straniere con quelle di capitali.
5. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, al quale ha
resistito la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1

a consumatori finali.

6. L’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.4 della dir.CE77/388
e 73 dpr n.633/1972, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che erroneamente la CTR
aveva ritenuto decisiva la disciplina prevista dall’art.73 DPR n.633/1972, visto che la Allcom ltd
non aveva mai azionato tale procedura limitandosi, semmai, ad iscrivere nel proprio libro degli
acquisti bollette doganali intestate ad altre società estere dalla stessa controllate per poi detrarre
dall’IVA dalla stessa dovuta l’IVA assolta sulle importazioni. L’art.4 della sesta direttiva CEE

soggetto passivo, ma il fatto che l’Inghilterra avesse deciso di applicare un simile regime non ne
autorizzava l’estensione all’Italia, ove, invece, Part.73 dpr n.633/1972 si era limitato a prevedere,
anzitutto, che le società facenti parte di un gruppo costituivano ciascuno un autonomo soggetto
passivo ai fini IVA, mentre la società capogruppo poteva solo presentare, oltre alla propria
dichiarazione IVA, anche quelle delle società controllate, effettuando i versamenti periodici sulla
base di quanto dovuto dall’intero gruppo per poi operare, alla fine dell’anno, gli eventuali
versamenti o chiedendo il rimborso spettante in restituzione. Da ciò doveva escludersi che le
società inglesi appartenenti ad un gruppo fossero considerate in Italia come unico soggetto
passivo.Doveva pertanto ritenersi che solo la società importatrice poteva detrarre l’IVA portata
dalla bolletta doganale alla stessa intestata e sempre che fosse dotata di partita IVA, in mancanza
della quale doveva considerarsi consumatore finale.
6.1 In conclusione, la CTR aveva erroneamente considerato possibile che la società capogruppo
detraesse l’IVA relativa alle bollette doganali di importazione intestate alle società controllate, a
nulla valendo quanto previsto dalla legge inglese.
7. Lo Steccherini, nel controricorso, ha dedotto l’infondatezza della censura proposta dall’Agenzia,
non potendosi disconoscere il diritto della società controllata, che aveva comunque utilizzato
pacificamente i beni importati nell’esercizio dell’impresa, alla detrazione dell’IVA pagata all’atto
dell’importazione della merce, in questa direzione deponendo la normativa britannica e quella
comunitaria, oltreché

la Comunicazione della Commissione europea del 2.7.2009, la

giurisprudenza di questa Corte (Cass.n.7106/2001). Nella medesima direzione si ponevano, del
resto, gli artt.19 dpr n.633/1972 e 18 della sesta direttiva, in ogni caso dovendosi ritenere che
l’errore documentale rappresentato dalla discrepanza fra numero di partita IVA del destinatario e la
denominazione della società importatrice non poteva incidere sul diritto a detrazione della società
capogruppo.
8. La censura esposta dall’Agenzia delle Entrate è fondata.
8.1 E’ in punto di fatto incontroverso fra le parti che la societa’ di diritto inglese Allcom ltd ha
provveduto al pagamento dell’IVA all’importazione relativa ad alcune bollette di importazione che
2

consentiva ai singoli Paesi membri di considerare, ai fini IVA, un gruppo di società come unico

indicavano espressamente quali importatrici societa’ anch’esse di diritto inglese controllate dalla
medesima società Allcom ltd.
8.2 Tanto risulta dalla pag.4 del ricorso proposto innanzi a questa Corte dall’Agenzia delle Entrate
oltre che dalla pag.7 del controricorso con ricorso incidentale – che riporta anche in stralcio la pag.3
dell’avviso di accertamento- in cui il rappresentante fiscale della società Allcomm Ltd ha precisato
che le societa’ menzionate nelle bolle di importazione erano tutte parte di un gruppo di società

ritiene la Corte che il giudice di appello abbia errato nel ritenere illegittima la pretesa fiscale
avanzata nei confronti della società capogruppo, avendo fondato tale decisione su presupposti
giuridici errati.
8.3 Ed invero, la giustificazione espressa dalla CTR si basa su un complesso ragionamento, a cui
tenore la disciplina inglese in tema di iva di gruppo adottata nel paese di origine delle società
interessate alle operazioni di importazione – in qualita’ di importatrici o di capogruppo — che ai fini
IVA individua un unico soggetto al quale fanno capo tanto la società capogruppo che quelle
controllate, dotate di un’unica partita IVA, sarebbe direttamente operativa in Italia in forza dell’art.4
della sesta direttiva CEE e dell’art.73 dpr n.633/1972.
8.4 Entrambi gli assunti non appaiono conformi al quadro normativo applicabile alla fattispecie.
8.5 Ed invero, appare opportuno precisare che la tematica della c.d. IVA di gruppo —dopo che nel
1967 la seconda direttiva IVA aveva per la prima volta introdotto tale istituto nel diritto
dell’Unione consentendo, al punto 2 dell’allegato A, agli Stati membri di considerare come un
unico soggetto passivo soggetti passivi distinti che soddisfacevano i presupposti ivi elencatitrovava la sua disciplina nell’art.4 paragrafo 4, secondo comma della sesta direttiva CEE- rilevante
ai fini della presente controversia- secondo il quale “ogni Stato membro ha la facoltà di
considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano
giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed
organizzativi”.
8.6 Detta disciplina è stata ribadita ed in parte integrata dall’art.11 della dir.2006/112 CEEsecondo cui “Previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (in
seguito denominato “comitato IVA”), ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto
passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente
indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi”che ha pure introdotto un par.2 inteso a reprimere i possibili effetti elusivi ed evasivi connessi al
regime di IVA di gruppo-.

3

costituito come single taxable person ai sensi dell’art.4 comma 4 della dir.CEE 388/1977. Ora,

8.7 Ma occorre chiarire che tale regime costituisce per i singoli Stati membri un’opzione
facoltativa, ben scolpita dall’utilizzazione delle espressioni può nell’art.4 della sesta direttiva cit. ed
ha la facoltà nell’arti l dir.112/2006/CEE, che può essere scelta da uno Stato membro secondo
modalità che vanno previamente messe a conoscenza del comitato IVA.
8.8 Ora, sulla portata di detta disciplina proprio questa Corte (ord.n. 5503/2007) ha sollecitato alla
Corte di giustizia una richiesta di chiarimenti relativa alla portata del ricordato art.4, alla quale è

Ampliscientifìca.
8.9 Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo chiariva che l’art.4 n.4 della sesta direttiva
CEE”…può trovare applicazione solamente in seguito a consultazione del comitato consultivo
IVA”, e dava atto che rispetto al decreto del 1979 [di cui si dirà appresso al punto 1.1n3 .d.r. ] , la
Repubblica italiana non aveva proceduto a tale consultazione. Nella stessa occasione il giudice di
Lussemburgo precisava che “… l’attuazione del regime previsto dall’art. 4, n. 4, secondo comma,
della sesta direttiva implica che la normativa nazionale adottata sul fondamento di tale disposizione
autorizzi i soggetti, segnatamente le società, caratterizzati da vincoli di carattere finanziario,
economico e organizzativo, a non essere più considerati quali soggetti passivi distinti ai fini
dell’IVA per essere considerati quale unico soggetto passivo.” Ma era sempre la Corte di Giustizia
a dimostrare che non esiste, all’interno del medesimo art.4 n.4, un obbligo degli Stati ad attuare il
regime in tema di IVA di gruppo, laddove chiariva che solo “…qualora uno Stato membro applichi
tale disposizione, il soggetto o i soggetti giuridicamente dipendenti ai sensi della disposizione
medesima non possono essere considerati soggetti passivi ai sensi dell’art. 4, n. 1, della sesta
direttiva”.
8.10 In definitiva, a giudizio della Corte di Giustizia, in tanto l’assimilazione ad un soggetto passivo
unico esclude che detti soggetti giuridicamente dipendenti continuino a presentare separatamente
dichiarazioni IVA e continuino ad essere individuati, tanto all’interno quanto all’esterno del loro
gruppo, quali soggetti passivi, in quanto i singoli Stati membri abbiano deciso di seguire la
procedura di attuazione in tema di IVA di gruppo prevista dall’art.4 cit.
8.11 Tale pronunzia ha dunque reso palese il fatto che la disciplina comunitaria prevista dall’art.4
cit. non è di immediata efficacia negli ordinamenti dei singoli Paesi membri dell’Unione.
Il che val quanto dire che ciascun ordinamento nazionale poteva adottare una disciplina compatibile
con l’art.4, seguendo le indicazioni contenute nella stessa disposizione. E proprio a conferma di
quanto testé affermato non vi è solo il fatto che, al luglio 2009, erano stati solo 15 Paesi ad
introdurre una disciplina sull’IVA di gruppo secondo le indicazioni contemplate dall’art.4 della
sesta direttiva CEE e dall’arti 1 della dir.CE n.112/2006, ma anche la circostanza che sono ben
4

seguita la sentenza resa dalla Corte di Giustizia del 22 maggio 2008 nel procedimento C – 162/07,

conosciute dalle istituzioni comunitarie ” …le notevoli differenze fra i diversi regimi di IVA di
gruppo attuati negli Stati membri”—v.Comunicazione del Parlamento europeo del 2 luglio 2009
(COM 2009-325), p.1 -.
8.12 Ciò non significa, all’evidenza, che la disciplina di attuazione prescelta da un singolo Stato
potesse trovare applicazione in un ordinamento giuridico diverso da quello in cui la normativa è
stata attuata.

apprezzamento in ordine alle modalità di attuazione di una disposizione UE -che assume
generalmente la veste formale della direttiva comunitaria- la normativa di trasposizione di un
singolo Paese non è certo destinata ad operare al di fuori dei confini territoriali, ammettendo lo
stesso legislatore che i diversi (possibili) meccanismi di trasposizione potranno offrire meccanismi
protettivi non omogenei nei singoli ordinamenti nazionali, a patto che gli stessi siano coordinati e
conformi alle indicazioni minime fissate a livello comunitario e comunque siano conformi ai
principi fondamentali dell’Unione.
8.14 In tali ipotesi, in altri termini, è lo stesso legislatore UE, in una prospettiva che è al contempo
rivolta a fissare delle regole “minime” di armonizzazione salvaguardando le discipline interne
spesso caratterizzate da notevole disarmonia, a trovare un punto di equilibrio fra regime
comunitario e regime interno teso a realizzare non un’uniformazione totale quanto un sistema
armonizzato che consente diversità di regimi in talune materie.
8.15 Questo è, dunque, il caso della c.d. IVA di Gruppo che in tanto consente ai singoli Stati di
adottare una disciplina in deroga alle regole precettive contemplate a livello comunitario in materia
di soggettività passiva ai fini IVA, in quanto siano rispettati i meccanismi voluti dallo stesso
legislatore, appunto imperniati sulla consultazione preliminare con il comitato consultivo
dell’imposta sul valore aggiunto.
8.16 Tali argomenti consentono, anzitutto, di evidenziare l’erroneità della decisione impugnata
nella parte in cui ha ritenuto che la disciplina britannica in tema di Iva di gruppo potesse operare per
le operazioni di importazioni compiute dalla società capogruppo in Italia, risultando dette
operazioni soggette alla disciplina interna in materia di IVA.
8.17 Ed è parimenti evidente l’ulteriore errore nel quale è incorsa la CTR allorché ha ritenuto che
l’art.73 dpr n.633/1972 potesse ritenersi adottato in attuazione dell’art.4 n.4 della sesta direttiva
CEE e che lo stesso giustificasse, nell’ordinamento interno la creazione di un unico soggetto
passivo di gruppo che si sostituisce ai singoli membri (del gruppo stesso) tanto da rendere legittimo
(l’operato della società capogruppo allorché ha posto in detrazione l’IVA assolta per le operazioni
di importazioni riferibili alle società controllate titolari delle licenze di importazione.
5

8.13 Quando, infatti, la disciplina comunitaria lascia ai singoli Stati un certo margine di

8.18 Ed invero, non risultano esistenti nel caso di specie i presupposti per l’operatività del peculiare
meccanismo introdotto dall’art.73 dpr n.633/1973 – come modificato dal D.P.R. del 29 gennaio
1979, n. 24-, a cui tenore “Il Ministro delle finanze può disporre con propri decreti, stabilendo le
relative modalità, che le dichiarazioni delle società controllate siano presentate dall’ente o società
controllante all’ufficio del proprio domicilio fiscale e che i versamenti di cui agli articoli 27, 30 e 33
siano fatti all’ufficio stesso per l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o società

8.19 Ed infatti, l’ultimo comma del ricordato art.73 cit. attribuisce al Ministro delle finanze il
potere di emanare decreti, i quali stabiliscono le modalità con cui le dichiarazioni delle società
controllate possono essere presentate dall’ente o società controllante “per l’ammontare complessivo
dovuto dall’ente o società controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze
detraibili”. Lo stesso comma stabilisce, nella sua ultima parte, che “Si considera controllata la
società le cui azioni o quote sono possedute dall’altra per oltre la metà fin dall’anno solare
precedente”.
8.20 Orbene, il D.M. 13 dicembre 1979 (in GU n. 344 del 19 dicembre 1979)-come modificato dal
D.M. 18 dicembre 1989- emanato in attuazione della norma richiamata, ha riprodotto la definizione
di società controllata contenuta nella norma di legge ed ha disciplinato le modalità di versamento e
di dichiarazione delle società controllanti e controllate, consentendo alla società controllante di
agire, entro determinati limiti, in nome delle società controllate. Tale disciplina secondaria ha poi
precisato non solo (art.3) che dalla dichiarazione della società controllante, «sottoscritta anche dai
rappresentanti delle società controllate, devono risultare (…) il numero di partita IVA delle società
controllate nonché l’Ufficio [IVA] competente per ciascuna di esse, ma anche(art.5) che “l’ente o
società controllante che si avvale della facoltà prevista dal presente decreto deve presentare
all’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto del proprio domicilio fiscale anche le dichiarazioni
annuali delle società controllate, le quali, sottoscritte anche dal rappresentante dell’ente o società
controllante, devono essere presentate, con i relativi allegati, a cura delle società controllate, anche
all’ufficio IVA competente nei confronti di ciascuna di esse. Nelle dichiarazioni delle società
controllate deve essere indicato, con il relativo numero di partita IVA, l’ente o società controllante.”
8.21 Ora, è ben chiaro che tale disciplina interna, sia essa o meno stata resa in attuazione dell’art.4
della sesta direttiva CEE, non abilita in alcun modo, ad onta di quanto ritenuto dalla CTR, la
società controllante a beneficiare della detrazione dell’IVA all’importazione che la società
controllata avrebbe dovuto corrispondere in forza delle licenze all’importazione, non avendo
eliminato l’autonomia giuridica fra i soggetti facenti parte del gruppo ai fini degli obblighi
scaturenti dalla disciplina in tema di IVA.
6

controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze detraibili…”.

:

8.22 Questa Corte (sent.n.6105/2009) ha del resto ritenuto che l’art.73 comma 3 d.p.r.633/1972 non
può essere considerato un recepimento del modello comunitario —” …se si ritenesse la disciplina
dettata col d.m. del 13 dicembre 1979 una trasposizione dell’art. 4, comma 1, n. 4 della sesta
direttiva, tale normativa non potrebbe trovare applicazione. Si tratterebbe, infatti, di un diritto (e
cioè quello di espletare le formalità in materia di i.v.a. con i diritti conseguenti, e soprattutto quello
di detrazione, da parte dì un soggetto diverso dell’ordinario debitore d’imposta) che non potrebbe

condizionata al previo interpello del comitato consultivo i.v.a.. In tale ipotesi, infatti, trattandosi
dell’esercizio di un diritto, non si verificherebbe alcun aggravamento degli obblighi fiscali del
contribuente (quale potrebbe verificarsi nel caso di un contrasto tra disciplina nazionale e norma
di una direttiva incondizionata), e la disciplina nazionale non potrebbe trovare applicazione”-.

8.23 E nella medesima occasione, questa Corte, oltre a dare atto che l’Italia non ha sperimentato il
preventivo ricorso alla consultazione preventiva presso il comitato IVA- come previsto dal già
ricordato art.4 cit.- ha pure ritenuto che “il regime in contestazione non costituisce una misura di
trasposizione della direttiva, non dando vita ad una vicenda giuridica nella quale la società
controllata perde totalmente la sua qualità di soggetto passivo d’imposta.”

8.24 A conforto di quanto testè ritenuto milita, per altro verso, la circolare 28 febbraio 1986, n.
16/360711, a cui tenore la normativa interna (art.73 dpr n.633/1972) non si è uniformata al
principio fondamentale della direttiva secondo il quale “il riconoscimento giuridico e fiscale della
unitarietà del soggetto passivo in presenza di soggetti giuridicamente indipendenti, ma vincolati tra
loro da rapporti economici e organizzativi..”, essendo stato tale principio “…recepito in termini
molto ristretti e con contenuto di carattere procedurale, cioè mantenendo sempre l’autonomia
giuridica e fiscale delle società interessate […]”.
8.25 Senza dire che nella ricordata Comunicazione della Commissione UE del 2 luglio 2009
l’Italia non è stata indicata fra i soggetti che hanno attuato l’art.4 della sesta direttiva e l’art.11 della
dir.112/2006 CE.
8.26 E’ nel vero, dunque, la difesa dell’Agenzia laddove ha precisato che secondo il meccanismo di
cui all’art.73 comma 3 dpr n.633/1972 la società capogruppo può presentare, oltre alla propria
dichiarazione IVA, anche quelle delle società controllate, effettuando i versamenti periodici sulla
base di quanto dovuto dall’intero gruppo per poi operare, alla fine dell’anno, gli eventuali
versamenti o chiedendo il rimborso spettante in restituzione.
8.27 Appare pertanto evidente l’errore in cui è incorso il giudice di appello, il quale ha ritenuto che
nel sistema interno vigesse il sistema per cui il gruppo IVA è considerato un unico soggetto passivo

7

fondarsi sulla norma della direttiva, giacché questa non è di immediata applicazione, essendo

identificato come un unico numero di partita IVA, al cui interno sono incluse tutte le attività dei
membri del gruppo.
8.28 Né appaiono idonee a paralizzare le argomentazioni testé esposte le difese espresse dallo
Steccherini nel controricorso volte a giustificare il diritto a detrazione nei confronti della società
capogruppo in forza dell’art.19 dp.r.n.633/1972 e della disciplina comunitaria in tema di diritto a
detrazione.

detrazione IVA discenderebbe, a prescindere dalla coincidenza dell’importatore con il soggetto che
paga l’IVA, dall’impiego del bene importato per l’esercizio dell’impresa e dall’assoggettamento ad
IVA delle relative operazioni a valle estere.
8.30 Ed infatti, come si è detto erano solo le società controllate dalla società Allcom ltd a godere
delle licenze di importazione rilasciate ai sensi dei Reg.CEE nn.519/94 e 520/94.
8.31 Ora, l’art. 18 del Reg.520/94 CEE dispone che ” Fatte salve le disposizioni particolari da
adottare secondo la procedura di cui all’articolo 23, le licenze d’importazione o d’esportazione,
nonché i relativi estratti, non possono essere oggetto di prestito né di cessione, a titolo oneroso o
gratuito, da parte del titolare al quale il documento è stato rilasciato nominativamente.”
8.31 E’ dunque evidente che la società controllante non aveva alcun valido titolo ad importare le
merci destinate alle società controllate titolari delle licenze di importazione. Da ciò consegue che il
pagamento dell’IVA all’importazione effettuato dalla società controllante che non aveva
legittimazione ad effettuarlo si risolve in un adempimento di un debito altrui, per il quale la società
controllante potrà eventualmente agire nei confronti delle proprie controllate, ma non può certo dare
luogo alla reclamata detrazione ai sensi dell’art.19 dpr.n.633/1972 che, per converso, presuppone il
regolare pagamento dell’imposta da parte di chi agisce in detrazione.
8.32 Deve dunque ritenersi che la società controllante, sostituendosi alle controllate, non aveva
titolo a corrispondere i diritti di confine e l’IVA all’importazione, non risultando la titolare della
licenza di importazione.
8.32 Per tale motivo, non pare potersi riconoscere il diritto alla detrazione dell’IVA corrisposta
dalla società Allcomm, se si considera che detto diritto presuppone, proprio alla stregua dell’art.18
comma 1 lett.b) della sesta direttiva- riprodotto dall’art.178 lett.d) della dir.2006/112/ CEE- “il
possesso di una documento che lo indichi quale destinatario o importatore”.
8.33 Orbene, una volta che è risultato pacifico che le licenze di importazione erano intestate alle
società controllate e non alla società controllante, deve ritenersi insussistente il diritto alla
detrazione invece reclamato dalla società Allcomm.

8

8.29 Ed invero, non appare condivisibile l’assunto dello Steccherini secondo il quale il diritto alla

8.34 D’altra parte, tale conclusione appare vieppiù plausibile nel caso di specie, se si considera che
nulla è dato sapere in ordine all’eventuale diritto a detrazione di cui avrebbero potuto godere le
società controllanti le quali, a dire dell’Ufficio, non essendo titolari di autonoma partita IVA, non
avrebbero potuto scontare l’IVA pagata all’atto dell’importazione, dovendosi comportare come
meri consumatori finali.
8.35 Alle conclusioni qui rassegnate non sembrano ostare né le sentenze della Corte di Giustizia
richiamate dalla parte ricorrente —sent.Ecotrade, Nidara Bv, Uszodaepito- rese in contesti diversi da
quelli che hanno caratterizzato l’odierno procedimento nel quale, a ben considerare, non è in
discussione l’esistenza di un mero errore di carattere formale come postulato dallo Steccherini
quanto l’esistenza stessa del diritto alla detrazione da parte di soggetto diverso dal titolare della
licenza di importazione.
8.36 Parimenti irrilevante sembra il richiamo al principio di neutralità dell’IVA per giustificare le
tesi dello Steccherini, valendo le medesime considerazioni appena esposte.
8.37 Devesi infatti ritenere che la volontaria utilizzazione di documentazione afferente ad
un’importazione compiuta dalla società controllata da parte della controllante in difformità alla
disciplina e degli obblighi nascenti dalla normativa comunitaria ed interna esclude la situazione di
buona fede in capo alla controllante e della relativa tutela che l’ordinamento comunitario appresta a
tale posizione(cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 6 luglio 2009, in cause riunite C-439/04 e C440/04 e Cass.n.5912/2010). Senza dire che l’adempimento di un debito fiscale altrui, in assenza di
una disciplina interna che autorizzi il riconoscimento del sistema della c.d. IVA di gruppo,
porrebbe in discussione il requisito della inerenza rispetto al pagamento effettuato dalla
controllante in favore della società controllata, se è vero che “il diritto alla detrazione non sorge
comunque per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura
richiedendosi, come è noto, l’inerenza all’impresa, requisito mancante in relazione all’IVA
corrisposta al soggetto interposto, trattandosi di costo non inerente all’attività istituzionale
dell’impresa, in quanto potenziale espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse, tali da
rompere il detto nesso di inerenza.”-Cass. n. 735 del 19/01/2010-.
8.38 Sulla base di tali considerazioni, la censura proposta dall’Agenzia delle Entrate merita
accoglimento, essendo la CTR incorso nelle erronee valutazioni in diritto sopra evidenziate.
9. Passando all’esame del ricorso incidentale lo Steccherini deduce, con un unico motivo, la
violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art.360 comma I n.4 c.p.c.
9.1 Lamenta che la CTR ha omesso di esaminare l’eccezione di nullità della notifica dell’avviso e di
incompetenza dell’Ufficio accertatore avanzata tanto in primo che in secondo grado in relazione al
combinato disposto degli artt.58 comma e 31 comma 2 d.p.r.n.600/1973. Svolgendo infatti la
9

.

ENTE DA REGISTRAZIONE
2./1916
Ai WNSI
– N. 5
LICA fkiBUTAICA

N t.s T \T , AUL

società estera Allcom ltd attività prevalente in Trieste, la notifica doveva essere fatta alla medesima

società in tale luogo, con la conseguenza ulteriore che l’ufficio competente a tale accertamento
poteva essere solo quello di Trieste e non l’Agenzia di Monfalcone.
9.2 Il motivo è infondato, se solo si considera che la CTR esaminando nel merito la fondatezza della
pretesa, ha implicitamente disatteso la preliminare eccezione formulata dallo Steccherini senza con
ciò incorrere in alcun vizio posto che ai fini della pretesa fiscale, concernente la ripresa a tassazione

rappresentante fiscale della società, coincidente con lo Steccherini in forza di quanto sancito
dall’art.17 d.p.r.n.633/1972. Ogni questione relativa alla notifica del ricorso alla società estera era
dunque superata dalla circostanza che il rappresentate fiscale è, proprio, in forza del ricordato
art.17, responsabile solidale della società estere per gli obblighi scaturenti dalla disciplina in tema di
IVA.
9.3 Il motivo va pertanto rigettato.
10. Sulla base delle superiori argomentazioni, in accoglimento del ricorso principale, disatteso il
ricorso incidentale. la sentenza impugnata va cassata e non ricorrendo la necessità di ulteriori
accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito, ex art.384 c.p.c., con il rigetto del
ricorso introduttivo proposto dalla Steccherini.
11. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito mentre le spese del
giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte ricorrente e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte
Accoglie il ricorso principale rigettando quello incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito, ponendo le spese del giudizio di legittimità a carico della
parte ricorrente, liquidandole in euro 7.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso il 9 aprile 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma
ILOons.rel.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

di IVA erroneamente detratta dalla società estera, rilevava la corretta notifica dell’avviso al

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA