Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19738 del 17/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 17/09/2010), n.19738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2102/2007 proposto da:

COMUNE DI FINALE EMILIA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 2, presso lo studio

dell’avvocato PLACIDI GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato

NERI ROBERTO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

ANSA MARMITTE S.R.L. (già ARVIN REPLACEMENT PRODUCTS s.r.l. già

ANSA MARMITTE S.P.A.), in persona dell’Amministratore del Consiglio

di Amministrazione, elettivamente domiciliato in ROMA CORSO TRIESTE

N. 87, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI ARTURO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato POLA DANTE, giusta

delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/2005 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 04/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Presidente e Relatore Dott. MARCO PIVETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato NERI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato POLA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Modena e, in secondo grado, la Commissione tributaria regionale di Bologna hanno accolto l’opposizione proposta dalla Arvin Replacements Products s.r.l. – ora Ansa marmitte srl – agli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) relativi all’ICI per gli anni dal 1995 al 1998, notificati alla società suddetta dal Comune di Finale Emilia.

Gli avvisi riguardavano un opificio industriale accatastato in D/7 con rendita, all’origine, di L. 539 milioni. Tale rendita era stata impugnata dalla società davanti alla Commissione tributaria provinciale e l’Ute, a seguito di domanda di variazione della società presentata il 1989 aveva dichiarato che detta rendita non era più in vigore. La Commissione tributaria provinciale aveva quindi dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere. Con atto notificato il 9 aprile 1999 era stata attribuita la nuova rendita di L. 429 milioni. Nel frattempo, peraltro, la società aveva denunziato ai fini ICI un valore determinato sulla base dei costi contabili ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3.

Il Comune con gli avvisi di accertamento suddetti, aveva opposto che tale criterio di determinazione della rendita ai fini dell’ICI era applicabile soltanto se l’immobile non era iscritto al catasto o era iscritto senza attribuzione di rendita. Al di fuori di tale ipotesi era applicabile il parametro del valore catastale di immobili similari ai sensi del medesimo art. 5, comma 4.

Tale tesi è stata disattesa dalla Commissione tributaria regionale con la sentenza depositata il 4 dicembre 2006 contro la quale ha proposto ricorso il Comune di Finale Emilia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso il Comune di Finale Emilia deduce l’illegittimità dell’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata in virtù della quale i criteri di determinazione del valore dell’immobile stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, troverebbero applicazione non soltanto nei casi di immobili non iscritti in catasto, ma anche nei casi in cui, come nella specie, l’immobile sia iscritto in catasto con assegnazione di rendita, ma quest’ultima sia stata riconosciuta incongrua a seguito di variazioni strutturali permanenti. Il Comune sostiene che tale interpretazione è contraria al tenore letterale della norma, secondo cui “per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 7, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, applicando i coefficienti determinati dalla stessa norma”. Alla fattispecie in esame si applica invece – sostiene il Comune – il successivo comma 4, secondo cui: “…per i fabbricati per i quali sono intervenute variazioni permanenti (…) che influiscono sull’ammontare della rendita catastale, il valore è determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti”. Il Comune rileva inoltre che comunque nella specie , a seguito della denunzia di variazione presentata dal contribuente, era stata assegnata all’immobile la nuova rendita di L. 419.692.000, notificata al medesimo il 9 aprile 1999 e non impugnata. Gli avvisi erano stati formulati con riferimento a tale importo che doveva ritenersi quello rilevante a decorrere dalla denunzia di variazione.

La società contribuente sostiene invece che agli effetti del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, la formula “immobili non iscritti in catasto” deve essere intesa come comprensiva non soltanto degli immobili non iscritti in catasto ma anche degli immobili che pur essendovi iscritti lo siano senza attribuzione di rendita nonchè gli immobili per i quali vi sia l’iscrizione al catasto e vi sia stata l’attribuzione di una rendita ma quest’ultima sia stata annullata a seguito di variazioni permanenti.

La società deduce inoltre che la rendita di L. 419.692.000 non poteva assumere alcun rilievo prima della sua notificazione e non poteva essere quindi fatta valere retroattivamente.

Il ricorso del Comune di Finale Emilia è fondato.

La tesi sostenuta dalla società appare incompatibile con la lettera della norma che prevede l’utilizzabilità dei costi iscritti a bilancio esclusivamente per gli immobili non iscritti al catasto.

Questa limitazione corrisponde del resto ad una interpretazione ragionevole della ratio della norma: gli immobili non ancora iscritti nel catasto sono, il più delle volte, quelli la cui costruzione è da poco ultimata e per i quali i costi iscritti a bilancio sono concretamente significativi anche della loro capacità reddituale.

Per quanto riguarda l’utilizzabilità della nuova rendita notificata il 9 aprile 1999 (e non contestata), occorre osservare che le sentenze della Corte di Cassazione n. 24235 del 2004 e 3233 del 2005, che la controricorrente richiama in quanto affermano la non retroattività della determinazione della rendita, riguardano immobili prima non iscritti e per i quali quella notificata era stata la prima attribuzione di rendita.

Nella specie, peraltro, la modificazione della rendita catastale è stata notificata nel 1999 e quindi prima della applicabilità dell’art. 74, secondo cui dal primo gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione.

Deve invece essere richiamata la sentenza n. 291 del 2004, con cui questa Corte ha ribadito che, mentre per i fabbricati cat. D, non iscritti in catasto e posseduti dalle imprese, il valore è determinato (comma 3) secondo i criteri di cui al D.L. n. 333 del 1992, art. 7, comma 3, convertito con modificazioni nella L. n. 359 del 1992, con applicazione di determinati coefficienti; e ciò fino a quando detti fabbricati non vengano iscritti in catasto con attribuzione di rendita, per i fabbricati (comma 4) diversi da quelli indicati nel comma 3, non iscritti in catasto, nonchè per i fabbricati per i quali siano intervenute variazioni permanenti tali da influire sulla rendita, il valore è determinato con riferimento alla rendita di fabbricati similari già iscritti. Nel caso di un fabbricato appartenente ad un’impresa, iscritto in catasto ed in attesa di rendita a causa dei lavori permanenti eseguiti, non si versa nel caso di fabbricato “non iscritto in catasto”, ma di fabbricato iscritto in catasto in attesa di rendita, da valutare col criterio comparativo”. In senso conforme la sentenza n. 4308 del 23/02/2010. “D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 4, consente al contribuente, in presenza di variazioni permanenti intervenute sull’unità immobiliare ed aventi rilevanza sull’ammontare della rendita catastale, di determinare l’imponibile sulla base di una rendita presunta, costituita da quella dei fabbricati similari, fino a quando, su richiesta del contribuente medesimo, non sia intervenuto un nuovo accatastamento.

Sulla questione della decorrenza della modificazione della rendita attribuita, deve invece essere confermato l’indirizzo indicato dalla sentenza n. 20775 del 26/10/2005 secondo cui il provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il primo gennaio 2000 a seguito della denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente, è utilizzabile, a norma della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, anche con riferimento ai periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione del provvedimento, purchè successivi alla denuncia di variazione. Stabilendo, infatti, con il citato art. 74, che dal primo gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, il legislatore non ha voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita ed il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere l’efficacia della modifica della rendita catastale – coincidente con la notificazione dell’atto – con la sua applicabilità, che va riferita invece all’epoca della variazione materiale che ha portato alla modifica”. In senso conforme cfr. anche Cass. n. 9203 del 18/04/2007 secondo cui “per gli “atti comunque attributivi e modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati” la necessità della notificazione, ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, costituisce condizione di efficacia degli stessi solo a decorrere dal primo gennaio 2000, mentre per gli atti comportanti attribuzione di rendita adottati entro il 31 dicembre 1999 il Comune può legittimamente richiedere l’imposta dovuta in base al classamento, che ha effetto dalla data di adozione e non da quella di notificazione. L’ICI dovuta è, pertanto, correttamente commisurata alla rendita catastale attribuita “tempo per tempo” dal competente ufficio erariale quando l’imposta sia dovuta per anni precedenti il primo gennaio 2000, atteso che, stabilendo che dalla detta data gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, il legislatore non ha voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita ed il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere l’efficacia della modifica della rendita catastale, coincidente con la notificazione dell’atto, con la sua applicabilità, che va riferita invece all’epoca della variazione materiale che ha portato alla modifica. Conforme è anche la sentenza n. 19640 del 11/09/2009: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, nel prevedere che, a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, implicitamente dispone da un lato che i medesimi atti, se adottati prima del 2000, sono sottoposti al regime di trasmissione della conoscenza fissato dal R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 12, comma 2, – per il quale la tabella, ove è indicata la rendita catastale per ciascuna unità immobiliare, è pubblicata mediante deposito negli uffici comunali per il periodo di 30 giorni, pubblicizzato per manifesti, da parte del sindaco, con l’indicazione di modalità per l’esercizio del diritto di accesso per visione da parte del contribuente – e, dall’altro, che gli stessi, quando siano recepiti in un atto impositivo del comune non divenuto definitivo, sono efficaci retroattivamente fino all’epoca della verificazione del fatto influente sull’ammontare della rendita catastale”.

Il meccanismo da seguire in caso di variazioni permanenti che determinino una corrispondente variazione della rendita è chiaramente precisato anche dalla sentenza n. 2941 del 10/02/2010 secondo cui in tali casi trova applicazione l’art. 5, comma 4, per cui il contribuente assolve l’imposta sulla base di un valore determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti. Tale valore, che ha natura provvisoria, è suscettibile di conguaglio una volta che l’UTE abbia determinato la rendita definitiva, ai sensi del cit. D.Lgs., art. 11, comma 1.

Sul piano della ratio appare determinante il rilievo formulato da Cass. n. 15560 del 02/07/2009 secondo cui se la nuova rendita potesse trovare applicazione solo per gli anni successivi alla sua notifica questo criterio dovrebbe essere applicato anche allorquando la rendita stessa è stata modificata in diminuzione su istanza dello stesso contribuente, il quale dovrebbe così, irrazionalmente e ingiustamente, sopportare le conseguenze del ritardo della pubblica amministrazione. La illogicità di una simile conseguenza dimostra l’erroneità della premessa.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso. E poichè non vi sono ulteriori accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’opposizione agli avvisi di accertamento.

PQM

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta i ricorsi proposti dalla società controricorrente avverso gli avvisi di accertamento dell’ICI relativi agli anni 1995, 1996, 1997 e 1998;

– condanna la parte controricorrente alle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 10.000, di cui Euro 200,00 per spese, oltre a spese generali e contributo unificato; compensa tra le parti le spese dei gradi precedenti.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010

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