Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19738 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/10/2016, (ud. 12/07/2016, dep. 03/10/2016), n.19738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14801-2015 proposto da:

F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SCIPIO

SLATAPER 9, presso lo studio dell’avvocato SIMONA CORVI,

rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO CICERCHIA, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.G. e C.R., elettivamente domiciliati in RONIA,

VIA GUIDO RENI 2, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PAPALUCA,

rappresentati e difesi dagli avvocati LUCIA CINELLI e GIANLUCA

BEFANI, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2755/2014 della CORTE D’ APPELLO di ROMA del

29/04/2014, depositata il 29/04/2014;

udita la relazione della elusi svolta nella camera di consiglio del

12/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DE STEFANO FRANCO;

udito l’Avvocato ENRICO DE CARO, per delega dell’Avvocato RENATO

CICERCHIA, difensore del ricorrente, che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., datata 11.5.16 e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, n. 2755 del 29.4.15, del seguente letterale tenore:

“p. 1. – F.V. ricorre, affidandosi a due motivi e non notificando il ricorso a tutti i litisconsorti originari, per la cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con cui è stato rigettato anche il suo appello avverso la declaratoria di inammissibilità della riconvenzionale dispiegata da F.G. e C.R. nel giudizio intentato contro costoro da esso ricorrente e da altri per lo scioglimento di una comproprietà immobiliare. Gli originari convenuti, soli intimati, resistono con controricorso.

p. 2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 – bis c.p.c., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360 – bis c.p.c. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a), parendo (ove si superino i dubbi sulla sua conformità al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 3) dovervisi rigettare: ciò che rende irrilevante anche ogni questione sull’integrità del contraddittorio nella presente sede (in applicazione dei principi elaborati da Cass. Sez. Un., ord. 22 marzo 2010, n. 6826, poi seguita, tra molte altre, da: Cass. 18 gennaio 2012, n. 690; Cass. 24 maggio 2013, n. 12995; Cass. 21 settembre 2015, n. 18478), non apparendo esso esteso a tutti i litisconsorti originari dell’odierno ricorrente.

p. 3. – In particolare, il primo motivo articolato dal ricorrente (“nullità della sentenza di appello ex art. 132 c.p.c., n. 4, perchè totalmente mancante di motivazione o recante una motivazione solo apparente”) è manifestamente infondato: la corte di appello ha enunciato la sua ratio decidendi in punto di correttezza della valutazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale dispiegata in primo grado (quart’ultimo paragrafo della prima facciata), esponendo – con argomentazione chiara, non specificamente nè idoneamente impugnata – che la legittimità della congiunta trattazione deve valutarsi al momento dell’introduzione del giudizio, tanto che l’originaria carenza dei relativi presupposti di connessione non potrebbe essere sanata dalle vicende processuali successive. La motivazione quindi pienamente sussiste e risponde al minimo costituzionalmente garantito dal vigente sistema processuale dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (su cui, per tutte, v. Cass. Sez. Un., 22 settembre 2014, n. 19881): sicchè la doglianza è priva di fondamento.

p. 4. – Ma analoga conclusione è a trarsi quanto al secondo motivo (“violazione dell’art. 111 Cost., art. 2697 c.c., nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c.”): la giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’escludere la rilevanza delle motivazioni sul merito di una domanda dichiarata inammissibile: infatti, tale ultima statuizione priva in radice il giudice della potestas iudicandi nel merito della questione, sicchè l’ulteriore motivazione in ordine all’infondatezza di quest’ultima deve qualificarsi come impropria ed anzi priva di qualsiasi valenza; tanto che la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare e che è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata (in termini: Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2007, n. 3840; successivamente, tra molte altre: Cass. 5 luglio 2007, n. 15234; Cass. 2 maggio 2011, n. 9647; Cass., Sez. Un., 17 giugno 2013, n. 15122; Cass. 19 dicembre 2014, n. 27049). E gli argomenti del ricorrente non offrono elementi per superare tale salda conclusione di questa giurisprudenza.

p. 5. – Del ricorso non può quindi che proporsi al Collegio il rigetto”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Non sono state presentate conclusioni scritte, nè le patri hanno depositato memoria, ma il difensore del ricorrente è comparso in camera di consiglio per essere ascoltato e riportarsi agli scritti.

3. – A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, avverso le quali del resto nessuna delle parti ha ritualmente mosso alcuna critica osservazione.

4. – Pertanto, ai sensi degli artt. 380 – bis e 385 c.p.c., il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio di legittimità poste a carico del ricorrente soccombente in favore delle controparti, tra loro in solido per l’evidente comunanza di posizione processuale.

5. – Deve, infine, trovare applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante integralmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra loro in solido, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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