Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19737 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20065/2014 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri p.t., domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono

difesi per legge;

– ricorrente –

contro

G.A., C.G., D.A.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12-D, presso

lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI, rappresentati e difesi dagli

avvocati ORSOLA PIERANTONI, STANISLAO ANTONIO LUCARELLI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

CA.VI., P.B.L., M.R.,

R.F., D.L., PI.MA.AN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2438/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/02/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 10/4/2014, la Corte d’appello di Roma, pronunciando in sede di rinvio a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 26702/2011, in accoglimento dell’appello proposto da Ca.Vi., D.A.G., P.B.L., M.R., R.F., D.L., Pi.Ma.An., G.A. e C.G. e in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il Presidente del Consiglio dei Ministri al risarcimento, in favore degli appellanti, dei danni da questi ultimi sofferti a seguito del mancato recepimento, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie 75/363/CEE e 82/76/CEE, avendo gli appellanti, dopo il conseguimento della laurea in medicina, frequentato diversi corsi di specializzazione in epoca anteriore al 1991, senza percepire l’equa remunerazione al riguardo prevista dalla disciplina comunitaria a carico di ciascuno Stato nazionale;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, disattesa ogni altra eccezione sollevata dalla difesa erariale, ha sottolineato il carattere incontestato dell’inadempimento dello Stato italiano rispetto alle obbligazioni dedotte in giudizio dai medici avversari, conseguentemente provvedendo (incontestato – e comunque comprovato il ricorso dei presupposti sostanziali per il riconoscimento della remunerazione ex adverso rivendicata) alla liquidazione, in termini monetari, di quanto a dovuto a ciascun avente diritto;

che, avverso la sentenza d’appello, la Presidenza del Consiglio dei Ministri propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione, illustrato da successiva memoria;

che D.A.G., G.G. e C.G. resistono con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

Diritto

CONSIDERATO

preliminarmente, che il ricorso risulta notificato unicamente nei confronti di D.A.G., G.A. e C.G.;

che, pertanto, nei confronti delle restanti parti del giudizio di appello, l’odierno ricorso per cassazione deve ritenersi inammissibile;

che, nel merito, con l’unico motivo d’impugnazione proposto, la Presidenza del Consiglio ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., artt. 112,115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), dei principi risultanti dalle direttive CEE 82/76 e 75/362/CEE del Consiglio del 16 giugno 1975 e dalle direttive comunitarie che hanno previsto la corresponsione di una borsa di studio a favore dei medici specializzandi, entrate in vigore dall’anno accademico 1983-84 (in relazione all’art. 360 c.p.c.), nonchè degli artt. 5 e 7 della direttiva “riconoscimento” 75/362/CEE del Consiglio del 16 giugno 1975 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè per error in procedendo in relazione all’apparenza della motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale illegittimamente liquidato l’equa remunerazione nella specie riconosciuta in favore di due medici, G.A. e C.G., immatricolati in epoca anteriore al 31.12.1982, e per avere altresì considerato, ai fini della liquidazione dell’equa remunerazione riconosciuta in favore dei medici D.A.G. e G.A., diplomi rilasciati a seguito di corsi di specializzazione non rientranti tra quelli indicati nella direttiva 93/16/CEE riconosciuti da due o più paesi dell’Unione Europea e nelle direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE;

che il ricorso è inammissibile;

che, sul punto, osserva preliminarmente il Collegio come le questioni sollevata dalla Presidenza del Consiglio ricorrente con l’odierna impugnazione (con particolare riguardo ai temi dell’avvenuta illegittima liquidazione dell’equa remunerazione in favore di medici immatricolati in epoca anteriore al 31.12.1982, o di medici diplomati in specializzazioni non rientranti tra quelle indicate nella disciplina comunitaria ai fini dell’attribuzione del ridetto beneficio) non risultino trattate in alcun modo nella sentenza impugnata;

che, al riguardo, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di puntuale e completa allegazione del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr. ex plurimis, Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013, Rv. 627975-01);

che non avendo la ricorrente provveduto adeguatamente alle ridette allegazioni, il ricorso deve ritenersi per ciò stesso inammissibile;

che, peraltro, varrà rilevare come le questioni sollevate dalla Presidenza del Consiglio ricorrente – oltre a non prospettare quaestiones iuris (tali non essendo quelle relative alla verifica dell’epoca di immatricolazione dei medici o della valutazione di corrispondenza di un corso denominato in un certo modo nell’ordinamento interno a quello indicato negli elenchi della disciplina comunitaria, atteso che tale ultima valutazione non poteva essere affrontata solo tramite un mero confronto di denominazione) – risultino enunciate in modo del tutto assertivo (oltre che assolutamente generico: cfr., sul punto, Sez. 3, Sentenza n. 4741 del 04/03/2005, Rv. 581594 – 01, nonchè, in motivazione, Sez. U -, Sentenza n. 7074 del 20/03/2017), non avendo l’amministrazione ricorrente indicato alcun elemento di prova utile a contraddire l’affermazione del giudice a quo circa la positiva dimostrazione dei presupposti per il riconoscimento dell’equa remunerazione in favore dei medici istanti (ivi compresa la congruità temporale dell’immatricolazione), nè avendo la stessa ricorrente svolto alcuna attività argomentativa tendente a dimostrare le ragioni concrete per cui i corsi frequentati dai medici richiamati, con la loro denominazione, non fossero corrispondenti ad alcuno di quelli indicati nella disciplina comunitaria, con la conseguente inammissibile pretesa di demandare a questa Corte la ricerca del modo in cui l’assunto del motivo potrebbe trovare giustificazione (cfr. Sez. 6 – 3, Sentenza del 31 marzo 2015, n. 6472, in motivazione);

che, pertanto, sulla base delle argomentazioni sin qui illustrate, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

che la natura lungamente controversa delle questioni trattate giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio di legittimità;

che non vi è luogo – in ragione della natura statale dell’amministrazione ricorrente – per l’attestazione della sussistenza dei presupposti relativi al versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara integralmente compensate tra tutte le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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