Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19737 del 08/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/08/2017, (ud. 07/07/2017, dep.08/08/2017),  n. 19737

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13403-2016 proposto da:

T.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa da se stessa;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto n. Rep. 37/2016 del TRIBUNALE di UDINE, depositato

il 11/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

RILEVATO

che:

T.F. ricorre per la cassazione del decreto n. 792 del 2016 dell’il febbraio 2016 con cui il Tribunale di Udine ha respinto la sua opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) Srl in liquidazione. Quest’ultimo non ha svolto difese.

La ricorrente ha depositato memoria volta a replicare alla proposta del relatore.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo di ricorso lamenta “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2: violaione e/o falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 96 c.p.p., artt. 2745 bis, 1173 e 1388 c.c. e ad esempio art. 1936 c.c.”, deducendo l’erroneità del decreto impugnato laddove ha negato che la prestazione professionale prestata dalla ricorrente in favore del legale rappresentante della società poi fallita nel corso di un procedimento penale per reati commessi nell’esercizio delle funzioni societarie fosse riferibile all’interesse della società e pertanto ammissibile al passivo fallimentare.

Il secondo motivo di ricorso lamenta “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2: violazione e/o falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 112 c.p.c.”, deducendo l’erroneità del decreto impugnato per non aver rilevato che il curatore non solo non aveva contestato l’opera professionale svolta, ma l’aveva addirittura avallata.

Ritenuto che:

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il tribunale ha motivato il rigetto della domanda di ammissione rilevando la carenza di prova della provenienza dalla società dell’incarico professionale dell’odierna ricorrente nel procedimento penale intentato contro il legale rappresentante dell’ente.

A fronte di tale ratio decidendi il ricorso oppone una sorta di automatismo tra potere di rappresentanza astrattamente conferito a un soggetto e riferibilità all’ente medesimo di ogni attività posta in essere da tale soggetto qualora tale attività sia genericamente riferibile all’ente rappresentato. Tale interpretazione contrasta tuttavia proprio con la ratio dell’art. 2475 bis c.c., che espressamente riferisce alla società solo ed esclusivamente le attività poste in essere dagli amministratori nell’ambito delle attività di gestione riferibili all’art. 2380 bis c.c., così da far ritenere automaticamente escluse da tale riferibilità tutte quelle attività che non abbiano una diretta imputazione alla gestione propria degli amministratori. Nella specie il Tribunale ha osservato che la difesa personale dell’amministratore di un procedimento penale, pur riferito ad un reato commesso nell’esercizio del potere gestori dell’ente, non è automaticamente riferibile alla società medesima, non comportando una obbligazione ex lege.

Tale argomentazione è corretta, atteso che la riferibilità all’ente sarebbe certa se il reato fosse stato contestato alla società, per cui la difesa del legale rappresentante avrebbe avuto un indubbio rilievo nel potere rappresentativo conferito dall’art. 2745 bis c.c.. Ma non è vero il contrario, posto che l’imputazione della persona fisica del legale rappresentante per un reato proprio a lui riferibile necessita, per far ritenere riferibile la relativa obbligazione alla società, di un incarico comunque derivante da un organo societario, che il Tribunale ha affermato non provato e su cui il motivo di censura tace.

Nuova, poi, è la prospettazione contenuta nella memoria secondo cui la fattispecie si inquadrerebbe nel contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 c.c., tesi peraltro infondata giacchè smentita dalle considerazioni fin qui svolte.

Il secondo motivo è parimenti infondato atteso che il comportamento del curatore nella specie non assume alcuna rilevanza, posta la sua natura di organo fallimentare che mutua pertanto la terzietà della procedura e rende inidonea del suo atteggiamento al fine del verificarsi della non contestazione (Cass. 6 agosto 2015, n. 16554).

Nulla per le spese.

PQM

 

rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a nonna dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2017

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