Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19736 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3750/2015 proposto da:

F.L.V., T.G., FA.AN.,

R.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALVIUCCI 2, presso lo

studio dell’avvocato RUGGERO MARIA GENTILE, rappresentati e difesi

dagli avvocati ALESSANDRO LANATA, LAMBERTO FERRARA;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA;

– intimati –

nonchè da:

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA in persona del Rettore pro tempore,

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore, MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti incidentali –

contro

L.M.G., R.F., FA.AN.,

T.G., F.L.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1189/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/02/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.L.V., Fa.An., L.M.G., R.F. e T.G. convennero dinanzi al Tribunale di Genova la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione e l’Università degli Studi di Genova, chiedendone la condanna al risarcimento del danno da essi patito in conseguenza della tardiva attuazione, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie sul reciproco riconoscimento dei diplomi di specializzazione in medicina (direttive 75/362; 75/363; 82/76), le quali avevano imposto agli Stati membri di erogare ai frequentanti le scuole di specializzazione in medicina una adeguata remunerazione.

2. Sia il Tribunale di Genova (sentenza 11.10.2011 n. 3666) che la Corte d’appello di Genova (sentenza 25.9.2014 n. 1189) ritennero prescritto il diritto, per essere decorso oltre un decennio tra la data di introduzione del giudizio (come s’è detto, 2011), e quella in cui il diritto poteva essere fatto valere (individuata nel 1999).

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da F.L.V., Fa.An., L.M.G., R.F. e T.G., con ricorso fondato su due motivi.

Hanno resistito con un controricorso unitario tutte e tre le amministrazioni intimate, e proposto ricorso incidentale condizionato illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Il primo motivo di ricorso è rubricato “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 1991; L. n. 368 del 1999; direttive CEE 75/362, 75/363, 82/76 in relazione agli artt. 2947 e 2948 c.c., difetto di motivazione”.

L’illustrazione di esso è così concepita:

-) da p. 6 a p. 10 vengono elencati i provvedimenti normativi comunitari e nazionali che si sono occupati dalla materia;

-) da p. 10 a p. 12 si riassumono i principi disciplinanti i rapporti tra l’ordinamento nazionale e quello comunitario;

-) da p. 12 a p. 15 si dà conto di alcune sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea, con le quali si è affermato il principio che le direttive più sopra ricordate attribuivano ai frequentanti le scuole di specializzazione in medicina un diritto sufficientemente specifico e dettagliato;

-) da p. 15 a p. 18 si sostiene che lo Stato italiano, attuando in ritardo le direttive di cui sopra, ha causato un danno agli odierni ricorrenti.

1.2. Questo motivo di ricorso, prima ancora che inammissibile, deve dirsi inesistente.

Esso infatti:

a) prescinde del tutto dal contenuto della sentenza impugnata: questa ha dichiarato prescritto il diritto, e il primo motivo di ricorso non sfiora nemmeno il problema della prescrizione;

b) non muove alcuna ragionata censura alle statuizioni della sentenza d’appello.

Questa parte dell’atto di impugnazione è dunque priva del contenuto minimo essenziale, richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, a pena di inammissibilità.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, senza formalmente inquadrare la propria censura in alcuno dei vizi elencati dall’art. 360 c.p.c., sia il vizio di violazione di legge (si lamenta la violazione degli artt. 2947 e 2948 c.c.), sia quello di “erronea, omessa, contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia”. Nella illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la sentenza d’appello avrebbe fatto decorrere la prescrizione dal 1999. L’illustrazione del motivo ha i seguenti contenuti:

a) la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto di tre atti interruttivi della prescrizione, inviati da tre dei cinque odierni ricorrenti;

b) in ogni caso, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione d’una direttiva comunitaria non può che decorrere dal momento in cui quella direttiva riceva attuazione nell’ordinamento interno, come stabilito dalla Corte di Lussemburgo con la sentenza Emmott;

c) la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in merito all’individuazione dell’exordium praescriptionis del diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione della Direttiva 82/76, avrebbe espresso pareri discordi; alcune decisioni, infatti, fanno decorrere tale termine dall’entrata in vigore della L. n. 257 del 1991, altre dalla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, avvenuta il 27.10.1999;

d) anche dopo la L. 370/99, sono intervenuti “innumerevoli decreti attuativi dai quali si evidenzia come, a tutt’oggi, la normativa comunitaria (…) non sia stata correttamente attuata (…) dallo Stato italiano”; pertanto, non essendo ancora avvenuta l’attuazione delle Direttive, in applicazione dei principi stabiliti dalla sentenza Emmott, non poteva nemmeno decorrere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da ritardata attuazione della suddetta direttiva;

e) l’eccezione di prescrizione sollevata dalle amministrazioni convenute fu generica ed imprecisa.

2.2. La censura sub (a), di cui al p. che precede, è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

I ricorrenti, infatti, in violazione dell’onere imposto dalla norma suddetta a pena di inammissibilità, non indicano nel proprio ricorso quando sarebbero stati depositati i documenti comprovanti l’interruzione della prescrizione, a quale fascicolo siano allegati e con quale indicizzazione, nè quale ne fosse il contenuto.

2.3. La censura sub (d) è del pari inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, dal momento che i ricorrenti non indicano:

(-) nè in che termini fu sollevata l’eccezione di prescrizione;

(-) nè se la questione della genericità di tale eccezione, non condivisa dal Tribunale, venne riproposta in sede di appello.

2.4. Le restanti censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive (…) nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L.19 ottobre 1999, n. 370, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo (così Sez. 6-3, Ordinanza n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184-01; nello stesso senso, ex multis, Sez. 3-, Ordinanza n. 13758 del 31/05/2018, Rv. 649044-01; Sez. 3-, Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976-01; Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903-01; Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619357-01).

2.5. Il principio appena ricordato non solo non collide, ma anzi è puntualmente conforme all’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nella sentenza Emmott (CGUE, sentenza 19.5.2011, in causa C-452/09), nella quale si è affermato che:

(a) lo Stato inadempiente nell’attuazione di una direttiva comunitaria, se convenuto in giudizio da chi domandi il risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione, ben può opporre all’attore l’eccezione di prescrizione, se non fu lo stato con il suo comportamento a causare la tardività del ricorso:

(b) l’accertamento da parte della Corte di giustizia della violazione del diritto dell’Unione Europea è ininfluente sul dies a quo del termine di prescrizione, allorchè detta violazione è fuori di dubbio (come già ritenuto da questa Corte: Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619357-01).

3. Il ricorso incidentale.

3.1. Del ricorso incidentale va preliminarmente rilevato come esso sia rispettoso del termine fissato dall’art. 370 c.p.c.: l’ultima notifica del ricorso principale si è infatti perfezionata il 9.2.2015, con la conseguenza che il termine di venti giorni per il deposito del ricorso da parte dell’attore, di cui all’art. 369 c.p.c., è scaduto il 1.3.2015.

Ma poichè tale data cadde di domenica, il successivo termine di venti giorni per la notifica del controricorso, fissato dall’art. 370 c.p.c., venne a scadere il 22.3.2015, mentre le amministrazioni resistenti consegnarono il controricorso per la notifica il 20.3.2015.

3.2. Nel merito, essendo il ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso proposto da L.M.G., esso va dichiarato assorbito.

4. Le spese.

4.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

Poichè la parte vittoriosa è un’amministrazione dello Stato, nei confronti della quale vige il sistema della prenotazione a debito dell’imposta di bollo dovuta sugli atti giudiziari e dei diritti di cancelleria e di ufficiale giudiziario, la condanna alla rifusione delle spese vive deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito, come già ritenuto più volte da questa Corte (ex anis, Sez. 3, Sentenza n. 5028 del 18/04/2000, Rv. 535811).

4.2. L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna F.L.V., Fa.An., L.M.G., R.F. e T.G., in solido, alla rifusione in favore di Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell’Istruzione e dell’Università degli Studi di Genova, in solido, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 5.200, oltre rifusione delle spese prenotate a debito, I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di F.L.V., Fa.An., L.M.G., R.F. e T.G., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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