Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19733 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1892/2014 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 45,

presso lo studio dell’avvocato CARLO BORROMEO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5901/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/02/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2008 B.A. convenne dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero del Lavoro, il Ministero dell’Economia ed il Ministero dell’Istruzione, esponendo che:

-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si era iscritto ad una scuola di specializzazione;

-) durante il periodo di specializzazione non aveva percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;

-) le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;

-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la L. 8 agosto 1991, n. 257.

Concluse pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute a pagargli, a titolo di risarcimento per tardiva attuazione delle suddette direttive comunitarie, la remunerazione prevista dalla L. n. 257 del 1991.

2. Il Tribunale di Roma con sentenza n. 3742 del 2011 dichiarò prescritto il diritto vantato dall’attore.

La sentenza venne appellata dal soccombente.

La Corte d’appello di Roma con sentenza 23.11.2012 accolse il gravame, ritenendo applicabile il termine decennale di prescrizione.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, con ricorso fondato su due motivi (l’uno subordinato all’altro) ed illustrato da memoria.

B.A. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, che la sentenza impugnata abbia violato gli artt. 1173 e 2043 c.c., nonchè l’art. 16 della Direttiva 82/76/CEE.

Deduce che B.A. aveva frequentato la scuola di specializzazione in pediatria, di durata quadriennale, dal 1981 al 1985; che la frequenza era dunque iniziata prima ancora che la Direttiva 82/76/CEE imponesse agli Stati membri di corrispondere una adeguata remunerazione ai frequentanti le scuole di specializzazione in medicina; che di conseguenza non era configurabile alcun inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari.

1.2. Il controricorrente ha eccepito la novità del motivo.

Tale eccezione non è fondata.

In primo grado il credito risarcitorio vantato dall’attore venne dichiarato prescritto, e dunque la questione della configurabilità ratione temporis di un inadempimento dello Stato italiano alla Direttiva 82/76 non venne neanche esaminata.

Fu solo in grado di appello che la Corte d’appello, affermò, per la prima volta, che l’attore fu “iscritto alla scuola di specializzazione di pediatria dal 1981 al 1985”: e dunque solo da questo momento sorse per la Presidenza del Consiglio l’interesse a contestare le conseguenze giuridiche che il giudice di merito trasse da tale accertamento in fatto.

1.3. Nel merito, il motivo è fondato.

Come noto la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per “agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico”, e lo fece con due direttive coeve: la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975.

La prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinchè il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una “formazione specializzata”.

L’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982.

L’art. 13 di tale ultima direttiva aggiunse alla Direttiva 75/363/CEE un “Allegato”, contenente le “caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti”.

L’art. 1, comma 3, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale “forma oggetto di una adeguata rimunerazione”.

1.4. La direttiva 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; l’art. 16 della medesima direttiva imponeva agli Stati membri di conformarvisi “entro e non oltre il 31 dicembre 1982”.

Pertanto:

(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione a far data dal 29.1.1982;

(b) gli Stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario.

Ne consegue che “qualsiasi formazione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, così come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 24 gennaio 2018, in causa C-616/16, Presidenza del Consiglio c. Pantuso.

La medesima sentenza ha precisato che, per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982, la remunerazione adeguata deve essere corrisposta per il periodo di formazione a partire dal 1 gennaio 1983 fino alla conclusione, dal momento che prima di tale data gli Stati membri avevano la facoltà di dare o non dare attuazione alla direttiva.

La Corte di giustizia, nella sentenza appena ricordata ha dunque distinto tre categorie di specializzandi:

1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;

2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1 gennaio 1983;

3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso (così anche, ex permultis, Sez. 3, Ordinanza n. 1066 del 17.1.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 13761 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13762 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13763 del 31.5.2018).

1.5. Nel nostro caso la sentenza impugnata ha rilevato in punto di fatto che B.A. frequentò la scuola di specializzazione dal 1981 al 1985 (p. 2, primo alinea dei “Motivi della decisione” della sentenza impugnata).

Ne consegue, per quanto appena detto, che all’epoca in cui si iscrisse alla scuola l’odierno controricorrente non aveva alcun diritto soggettivo alla remunerazione, nè sussisteva per lo Stato italiano l’obbligo di attribuirgli per legge tale diritto.

2. Il secondo motivo.

2.1. Col secondo motivo l’amministrazione ricorrente lamenta che erroneamente la Corte d’appello ha qualificato “di valore” il credito del danneggiato. Ha invocato il principio secondo cui esso costituisce una obbligazione di valuta, e non è perciò soggetta a rivalutazione, nè produttiva di interessi se non dalla costituzione in mora.

2.2. Il motivo, formulato in via subordinata, resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

3. Decisione nel merito.

3.1. La ritenuta fondatezza del ricorso non impone, in questo caso, la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere la causa nel merito, rigettando la domanda proposta da B.A. nei confronti della presidenza del consiglio dei Ministri e delle altre amministrazioni sopra indicate.

4. Le spese.

Le spese del presente giudizio di legittimità, e di tutti i gradi di merito, vanno compensate integramente tra le parti, in considerazione della incertezza della materia, la quale ha reso necessario l’intervento chiarificatore sia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sia delle Sezioni Unite di questa Corte.

PQM

la Corte di cassazione:

-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo;

-) cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda come proposta da B.A.;

(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità e di tutti i gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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