Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19731 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1428/2016 proposto da:

P.S.S.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente

domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE NOMENTANA 138, presso lo

studio dell’avvocato ANTONIO AQUILINO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), PRESIDENZA

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono

rappresentati e difesi per legge;

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA (OMISSIS), PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO

ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono

rappresentati e difesi per legge;

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA (OMISSIS), PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO

ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono

rappresentati e difesi per legge;

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA (OMISSIS), PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI MINISTERO

ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono

rappresentati e difesi per legge;

– controricorrenti –

nonchè da

T.I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, SALITA DI SAN

NICOLA DA TOLENTINO 1/B presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO PICCHI;

– ricorrente successivo –

nonchè da

Z.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONCA D’ORO

184/190 presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DISCEPOLO che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARBARA SCHIADA’;

– ricorrente successivo –

nonchè da

L.C.F., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DOMENICO CHELINI 5 presso lo studio dell’avvocato MARCO

TORTORELLA che li rappresenta e difende;

– ricorrenti successivi –

avverso la sentenza n. 7667/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Dott. L.A. ed altri medici indicati in epigrafe (per un numero totale di trecentotrenta) convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’istruzione, il Ministero della salute e il Ministero dell’economia, chiedendo che fosse riconosciuto il loro diritto a percepire un’adeguata remunerazione in relazione all’avvenuta frequentazione di diversi corsi di specializzazione, ai sensi delle direttive 75/363 e 82/76 CEE, tardivamente recepite nel nostro ordinamento.

Si costituirono in giudizio le Amministrazioni convenute, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.

Il Tribunale dichiarò estinto per prescrizione il diritto fatto valere dagli attori applicando la prescrizione quinquennale e li condannò alle spese di lite.

2. La sentenza è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 15 dicembre 2014, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accolto la domanda presentata da una parte dei medici appellanti ed ha condannato le Amministrazioni convenute, in solido tra di loro, al pagamento, in favore di ciascuno dei vincitori, delle somme di Euro 20.141,82, 26.855,76 e 33.855,75, oltre interessi a far data dal giorno della domanda, a seconda che i corsi di specializzazione avessero avuto una durata rispettivamente di tre, quattro o cinque anni. La Corte ha invece confermato il rigetto della domanda quanto ad un’altra parte dei medici appellanti ed ha compensato integralmente le spese dei due gradi di giudizio tra tutte le parti.

Ha premesso la Corte territoriale, richiamando i principi della giurisprudenza di legittimità, che la prescrizione non era decorsa, poichè la stessa è di durata decennale e decorre dalla data del 27 ottobre 1999; per cui, posto che il giudizio era stato introdotto con citazione notificata nel 2008, il decennio non si era compiuto.

Nel merito, la Corte d’appello ha osservato che per alcuni dei medici appellanti non sussisteva alcun diritto all’adeguata remunerazione, poichè essi si erano iscritti alle scuole di specializzazione nell’anno 1982 o prima ancora di quell’anno; sicchè rispetto a costoro nessun inadempimento era configurabile a carico dello Stato italiano, perchè la normativa Europea avrebbe potuto essere recepita fino alla data del 31 dicembre 1982. Quanto, invece, ai medici iscrittisi alla scuola di specializzazione dopo il 1982, il diritto sussisteva e la remunerazione loro spettante era quella di cui alla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, da ritenere dovuta nella misura di Euro 6.713,94 per ciascun anno di corso.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propongono un primo ricorso il Dott. L.A. ed altri venti medici indicati in epigrafe, con unico atto affidato a cinque motivi, al quale resistono la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’istruzione, il Ministero della salute e il Ministero dell’economia con un unico controricorso.

Contro la medesima sentenza propongono un altro separato ricorso il Dott. L.C.F. ed altri duecentosessantuno medici, con unico atto affidato a tre motivi, al quale resistono la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’istruzione, il Ministero della salute e il Ministero dell’economia con un unico controricorso.

Nei confronti della citata sentenza sono stati poi proposti altri due separati ricorsi, da parte dei dottori T.I.A. e Z.N., ciascuno affidato ad un unico complesso motivo.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’istruzione, il Ministero della salute e il Ministero dell’economia hanno resistito nei confronti dei ricorsi T. e Z. con due separati controricorsi.

Il Dott. L.C. e gli altri ricorrenti nel medesimo atto nonchè il Dott. T. hanno depositato memorie.

La Dott.ssa Z. ha presentato una memoria fuori termine.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso L. ed altri.

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 13, 14 e 16 della direttiva n. 82/76 CEE, nonchè della L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11.

Osservano i ricorrenti che, come già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, a partire dal 1 gennaio 1983 i vari ordinamenti statali avrebbero dovuto adeguarsi alle suindicate direttive, per cui da quel momento si configura l’inadempimento dello Stato, con conseguente insorgenza del diritto al relativo risarcimento. Pacifico essendo l’inadempimento dello Stato italiano a decorrere da quella data, nessuna disposizione stabilisce che i medici immatricolati in data precedente non abbiano diritto a percepire la remunerazione di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11; tale ricostruzione, tra l’altro, sarebbe avallata da numerose pronunce di questa Corte.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 101 Cost., comma 2.

I giudici di merito, infatti, interpretando le norme in maniera errata, non avrebbero rispettato il dettato costituzionale che li vuole soggetti alla legge.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c..

I ricorrenti censurano quella parte della motivazione nella quale la Corte d’appello ha negato che sussista il diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato riconoscimento del titolo e del punteggio. Richiamati i principi dell’onere della prova e di non contestazione, i ricorrenti rilevano che il mancato riconoscimento a livello Europeo del titolo da loro acquisito con la scuola di specializzazione ha cagionato un danno consistente nella compressione del loro diritto all’inserimento nelle graduatorie e, più in generale, nel riconoscimento del titolo, danno che sarebbe da ritenere in re ipsa, senza bisogno di prova.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta omessa motivazione in ordine al risarcimento del danno diverso da quello consistente nella mancata remunerazione.

Si sostiene che la motivazione non consentirebbe di comprendere per quale ragione sia stato negato il danno derivante dalla mancata possibilità di utilizzazione del titolo in occasione del lavoro o della progressione in carriera.

5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., affermando che la Corte d’appello, una volta riconosciuto l’inadempimento dello Stato italiano, avrebbe dovuto riconoscere ai ricorrenti non solo l’adeguata remunerazione, ma anche tutti gli altri benefici conseguenti, facendo ricorso al criterio equitativo di liquidazione del danno.

6. Il primo motivo di ricorso è fondato nei limiti che si vanno adesso a precisare.

6.1. Giova premettere che questa Corte, con una serie di recenti provvedimenti ai quali va data ulteriore continuità in sede odierna (v., tra gli altri, le ordinanze 30 ottobre 2018, n. 27471, 17 gennaio 2019, nn. 1053, 1056 e 1065) ha affrontato la stessa questione oggetto del motivo qui in esame.

Si tratta, com’è noto, di stabilire se sussista o meno il diritto alla percezione degli emolumenti fissati dalla legge – in particolare dalla L. n. 370 del 1999, art. 11 (Lire 13 milioni all’anno per il periodo che va dall’anno accademico 1983-1984 all’anno accademico 1990-1991) – per i c.d. medici specializzandi a cavallo, cioè quei medici che hanno frequentato e positivamente concluso uno dei corsi di specializzazione riconosciuti in sede Europea cominciando nel 1982 e terminando in data ovviamente successiva al 1 gennaio 1983. Problema, questo, già affrontato in sede di legittimità, con una giurisprudenza che ha conosciuto un interno dissenso; ciò in quanto, pacifica essendo l’impossibilità di configurare un inadempimento del legislatore nazionale prima del termine del 31 dicembre 1982 (fissato dall’art. 16 della direttiva 82/76/CEE), sussistevano dubbi circa la posizione dei medici il cui corso si collocava, come nel caso in esame, a cavallo di quella data, per i quali alcune pronunce hanno negato il diritto alla percezione della somma suindicata ed altre l’hanno, invece, riconosciuto.

Tale dissenso (cfr., sul punto, per tutte, le sentenze 10 luglio 2013, n. 17067, e 22 maggio 2015, n. 10612) ha dato luogo alla rimessione della questione alle Sezioni Unite le quali, con ordinanza interlocutoria 21 novembre 2016, n. 23581, hanno rimesso la relativa questione interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Quest’ultima, con la sentenza 24 gennaio 2018 (nelle cause riunite C-616/16 e C-617/16) ha stabilito che l’art. 2, paragrafo 1, lettera c), l’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa.

Da ciò consegue che, alla luce dell’interpretazione proveniente dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, coloro i quali hanno intrapreso il corso di specializzazione nell’anno 1982 e l’hanno terminato, a seconda della durata legale, tre, quattro o cinque anni dopo, hanno diritto agli emolumenti di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11, ma solo a decorrere dal 1 gennaio 1983. Le Sezioni Unite di questa Corte, tornando ad occuparsi della materia con le sentenze 18 luglio 2018, n. 19107, e 31 luglio 2018, n. 20348, hanno interpretato il dictum della Corte Europea affermando che “occorre commisurare il risarcimento stesso (per la mancata percezione di una retribuzione adeguata) non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento”.

In definitiva, quindi, le posizioni dei medici specializzandi a cavallo vanno distinte in tre categorie: 1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82/76), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione; 2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1 gennaio 1983; 3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del corso.

6.2. Così ricostruita la complessa situazione in esame, il ricorso è fondato nei limiti che si vanno a precisare.

Ritiene il Collegio che debbano essere diversificate le posizioni dei singoli ricorrenti. Ed infatti, come risulta dallo stesso contenuto del ricorso, soltanto due tra i ricorrenti hanno intrapreso il corso di specializzazione nell’anno 1982, mentre gli altri l’hanno frequentato a partire dagli anni 1980 e 1981. Ne consegue che soltanto per i primi deve essere riconosciuto il diritto a percepire la somma di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11 e soltanto a decorrere dal 1 gennaio 1983, così come indicato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea e dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle citate pronunce; mentre tale diritto non sussiste per gli altri.

La Corte d’appello, al contrario, ha indebitamente uniformato le posizioni dei ricorrenti e – partendo dalla errata premessa secondo cui nessun diritto era sorto in favore di coloro i quali avevano cominciato a frequentare i corsi di specializzazione nel 1982 e, a maggior ragione, negli anni immediatamente precedenti – ha respinto senza distinzione la domanda dei ricorrenti qui in esame.

E’ perciò fondato il ricorso limitatamente alle posizioni dei ricorrenti S.P.G. e V.V., entrambi immatricolati al corso di specializzazione nell’anno 1982; mentre il ricorso deve essere respinto quanto a tutti gli altri ricorrenti. Ai ricorrenti S. e V. il giudice di rinvio dovrà riconoscere la spettanza degli emolumenti di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11, anche se soltanto a decorrere dal 1 gennaio 1983.

L’accoglimento del primo motivo per alcuni dei ricorrenti, così come il rigetto dello stesso per gli altri, determina l’assorbimento degli ulteriori motivi, i quali non devono, pertanto, essere esaminati.

La sentenza impugnata, perciò, deve essere cassata in relazione alla posizione dei soli dottori S. e V., con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, affinchè proceda ad un nuovo giudizio alla luce dei criteri suindicati.

Va invece respinto il ricorso dei dottori L., Vi., v., M., Mi., Pi., Pr., Lo., To., vi., Za., Va., P., t., Ta., p., R., Pe. e Ma.. In considerazione della complessità delle questioni e delle oscillazioni della giurisprudenza, si ritiene di dover compensare le spese del giudizio di cassazione per tutti i ricorrenti ora indicati.

Sussistono peraltro le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti il cui ricorso è stato respinto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Ricorso L.C. ed altri.

7. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle direttive nn. 82/76, 75/363 e 93/16, dei principi enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea con le sentenze 25 febbraio 1999 – causa C-131/97 (Carbonari) e 3 ottobre 2000 – causa C-371/97 (Gozza), degli artt. 2,3,10 e 97 Cost., D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, L. n. 370 del 1999, art. 11 e dell’art. 112 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

La censura ha ad oggetto il rigetto della domanda disposto dalla Corte d’appello in riferimento ai medici che hanno cominciato a frequentare i corsi di specializzazione nell’anno 1982 o in anni precedenti. Essa ricalca il contenuto del primo motivo del ricorso L., ribadendo che non vi sarebbe alcuna ragione per distinguere a seconda della data di inizio del corso, posto che il diritto all’adeguata remunerazione sussiste per tutti a decorrere dal 1 gennaio 1983 (si richiama, sul punto, la sentenza di questa Corte 22 maggio 2015, n. 10612).

7.1. Il motivo è fondato negli stessi limiti entro i quali è stato accolto il primo motivo del ricorso precedente.

Occorre, pertanto, distinguere a seconda dell’anno nel quale è avvenuta l’immatricolazione, riconoscendo la sussistenza del diritto solo in favore dei medici immatricolati nel 1982. Attenendosi il Collegio alle indicazioni che provengono dallo stesso ricorso (pp. 11-13), essi sono: La.Fa., + ALTRI OMESSI.

La sentenza impugnata, perciò, deve essere cassata in relazione alla posizione dei dottori ora citati, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, affinchè proceda ad un nuovo giudizio alla luce dei criteri indicati al punto 6.2. della motivazione.

Per tutti gli altri ricorrenti indicati alle pp. 11-13, invece, il motivo di ricorso è rigettato, dovendosi ritenere corretta la decisione della Corte d’appello di non spettanza degli emolumenti in questione.

Va perciò respinto il motivo di ricorso qui in esame quanto ai dottori L.C., + ALTRI OMESSI

8. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle direttive 82/76, 75/363 e 93/16, dei principi enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea con le sentenze 25 febbraio 1999 – causa C-131/97 (Carbonari) e 3 ottobre 2000 – causa C-371/97 (Gozza), degli artt. 2,3,10 e 97 Cost., D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, L. n. 370 del 1999, art. 11, di alcuni regolamenti comunitari e degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno.

La censura interessa tutti i ricorrenti, cioè sia quelli per i quali la domanda è stata rigettata sia quelli per i quali la domanda è stata accolta. Nella doglianza si osserva che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente fatto ricorso, ai fini della liquidazione della somma dovuta ai medici appellanti, alla L. n. 370 del 1999, art. 11, che prevede la corresponsione di una somma inferiore (Euro 6.713,94) rispetto a quella stabilita dal D.Lgs. n. 257 del 1991 (pari a Lire 21.500.000, cioè Euro 11.103,82). Si sollecita, quindi, la cassazione della sentenza e la condanna al pagamento della maggiore somma ora indicata.

8.1. Il motivo non è fondato.

Com’è noto, del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, ha fissato nella somma di Lire 21.500.000 l’entità annuale della borsa di studio che spetta ai medici specializzandi, mentre l’art. 8, comma 2, ha disposto che le norme del medesimo decreto si applicano a decorrere dall’anno accademico 1991-1992.

La giurisprudenza di questa Corte ha già affermato, con un orientamento al quale la pronuncia odierna intende dare continuità, che in materia di trattamento economico dei medici specializzandi, il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 8, comma 2, si interpreta nel senso che il precedente art. 6, il quale aveva tardivamente attuato il diritto comunitario, era applicabile soltanto ai medici che si fossero iscritti ad un corso di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 1991-1992, esclusi, quindi, gli specializzandi che, alla data di entrata in vigore del decreto, già frequentavano corsi di specializzazione, per essersi iscritti in un anno precedente senza averli terminati, e ciò non solo per gli anni accademici pregressi, ma anche per i successivi (così le sentenze 29 agosto 2013, n. 19884, e 31 marzo 2015, n. 6469).

Da tanto consegue che correttamente la Corte d’appello di Roma ha utilizzato come parametro di calcolo dell’adeguata remunerazione spettante ai medici la cui domanda è stata accolta quello di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11, cioè la somma di Euro 6.713,94 per ciascun anno di corso.

Il motivo di ricorso, d’altra parte, accomuna in un’unica doglianza la posizione di una serie di medici (v. le pp. 16-22 del ricorso), senza nulla dire in ordine all’effettiva domanda da ciascuno dei ricorrenti proposta in sede di merito, per cui la genericità della censura non consente alcuna diversificazione tra le posizioni dei ricorrenti ivi indicati.

9. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., L. n. 370 del 1999, art. 11,D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno.

Ritengono i ricorrenti che la somma a loro riconosciuta a titolo di adeguata remunerazione dovrebbe essere considerata come debito di valore e, di conseguenza, assoggettata alla rivalutazione ed agli interessi compensativi sulla somma via via rivalutata; la sentenza avrebbe perciò errato nel riconoscere soltanto gli interessi legali dalla data della domanda.

9.1. Il motivo non è fondato.

La Corte d’appello ha richiamato, su questo punto, la sentenza di questa Corte 9 febbraio 2012, n. 1917. Tale richiamo è corretto, perchè quella sentenza ha affermato che in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con cui ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11. A seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale, secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c., gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale. Tale principio è stato ribadito costantemente dalla giurisprudenza successiva.

Ne deriva che la trasformazione del debito di valore in debito di valuta fa sì che il maggior danno conseguente alla svalutazione possa essere riconosciuto soltanto se sia allegato e provato; l’esistenza di un atto di messa in mora dà diritto alla decorrenza degli interessi da quella data ma non determina, come vorrebbero gli odierni ricorrenti, anche il diritto alla rivalutazione, che deve essere oggetto di una diversa ed ulteriore prova (art. 1224 c.c., comma 2) che i ricorrenti neppure sostengono di aver fornito (v. in argomento le ordinanze 6 novembre 2014, n. 23635, e 9 luglio 2015, n. 14376).

10. In conclusione, il primo motivo del ricorso L.C. ed altri è accolto limitatamente ai ricorrenti indicati al precedente punto 7.1., mentre è respinto quanto agli altri ricorrenti ivi indicati; sono altresì respinti i motivi secondo e terzo.

In considerazione della complessità delle questioni e delle oscillazioni della giurisprudenza, si ritiene di dover compensare le spese del giudizio di cassazione per tutti i ricorrenti per i quali il ricorso è stato rigettato.

Sussistono peraltro le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte di questi ultimi, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Occorre infine ricordare che due tra i ricorrenti inseriti in questo gruppo ( Lu.Te. e O.S.) hanno depositato atto di rinuncia al ricorso; in relazione a costoro, quindi, deve essere dichiarato estinto il giudizio di cassazione, senza onere di versamento del doppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Ricorsi T. e Z..

11. Con l’unico motivo del ricorso del Dott. T. si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della direttiva n. 82/76/CEE, della

– direttiva n. 75/362/CEE, della direttiva n. 75/363/CEE, nonchè dei principi di applicazione retroattiva delle misure attuative della normativa comunitaria e del primato del diritto comunitario rispetto al diritto interno. Il ricorrente, dopo aver integralmente trascritto il testo delle citate direttive, osserva che esse erano sufficientemente precise e che, pertanto, dovevano essere applicate anche retroattivamente a tutti i medici che si trovavano nelle situazioni ivi regolate. In particolare, non vi sarebbe alcuna ragione per escludere il riconoscimento del diritto all’adeguata remunerazione in favore dei medici che hanno cominciato a frequentare i corsi di specializzazione in data antecedente a quella del 1 gennaio 1983 (il ricorrente dichiara di aver frequentato il corso tra il 1979 ed il 1985).

12. Con l’unico motivo del ricorso della Dott.ssa Z. si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost., comma 1 e dei principi sanciti dalle norme comunitarie.

La Dott.ssa Z., ribadendo argomentazioni già riportate in relazione ai precedenti ricorsi, ricorda di aver conseguito la specializzazione in pediatria negli anni dal 1981 al 1985; richiama in particolare l’art. 14 della direttiva n. 82/76/CEE e, dopo aver brevemente ricapitolato i passaggi della complessa vicenda, rileva che dovrebbe esserle riconosciuta l’adeguata remunerazione di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11.

13. I due ricorsi non sono fondati.

Valgono, al riguardo, le considerazioni di cui al precedente punto 6.1. della presente motivazione.

I due medici ricorrenti, infatti, hanno indicato di avere cominciato a frequentare i rispettivi corsi di specializzazione in epoca antecedente il 1982, e precisamente nel 1979 il primo e nel 1981 la seconda. Seguendo la tripartizione sopra indicata, costoro rientrano nel gruppo dei medici ai quali nessuna remunerazione può essere riconosciuta. Sono, pertanto, rigettati i due ricorsi ora esaminati, con compensazione delle spese del giudizio di cassazione in considerazione della complessità della questione e delle oscillazioni della giurisprudenza.

Sussistono peraltro le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte di questi due ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso L. ed altri ed il primo motivo del ricorso L.C. ed altri nei sensi di cui in motivazione, dichiara – assorbiti gli altri motivi del ricorso L., rigetta il secondo ed il terzo motivo del ricorso L.C. ed altri, nonchè i ricorsi T. e Z.; cassa la sentenza impugnata in relazione alle sole posizioni dei ricorrenti S.P.G., + ALTRI OMESSI).

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti il cui ricorso è stato respinto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezione Terza Civile, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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