Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19730 del 27/09/2011

Cassazione civile sez. III, 27/09/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 27/09/2011), n.19730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.L. (OMISSIS), F.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA EPNESTO

HONACI 21, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI ROBERTO,

rappresentato dall’avvocato PITONI LAURA giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

CAPILA SERVICE J.V. S.R.L., quale società incorporante di UNICREDIT

SPA (OMISSIS) e CAPITALIA S.P.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CASSIA 240 PAL. 1 VILLA CLARA, presso lo

studio dell’avvocato BELLONI FEDERICO, rappresentata e difesa

dall’avvocato BELLONI ANTONIO giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

EREDI DI F.G. COLLETTIVAMENTE IMPERSONALMENTE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1463/2003 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 2^

SEZIONE CIVILE, emessa il 31/1/2003, depositata il 25/03/2003, R.G.N.

935/2000 e 1327/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2011 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato NICOLA MAROTTA per delega dell’Avvocato LAURA

PITONI; udito l’Avvocato ANTONIO BELLONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25 marzo 2003 la Corte di Appello di Roma ha accolto l’impugnazione della Banca di Roma s.p.a. ritenendo fondata l’azione pauliana dalla stessa esperita nei confronti di G. F., fideiussore della s.r.l. S.G.I. e dei suoi figli L. e F.P. in relazione alla vendita della quota di comproprietà -50% – di un terreno edificabile di are 40 al prezzo di L. quarantamilioni di F.G. ai predetti figli. A fondamento della decisione assumeva che la prestazione della garanzia a favore di detta società risaliva al 1992; che il contratto era stato stipulato il 31 ottobre 1995; alla società garantita e al fideiussore nel maggio 1995 era stato ingiunto il pagamento di L. 433.317.524 e che la scientia fraudis dei figli era sufficiente a configurare i presupposti della revocatoria.

A tal fine evidenziava il rapporto di convivenza dei figli con il padre, che aveva proceduto alla vendita dopo sei mesi dall’emissione del decreto ingiuntivo nei suoi confronti; il pagamento del prezzo mediante assegni dei nonni a conferma dell’intreccio dei rapporti, familiari ed economici, sottostanti all’operazione, finalizzata ad un intento di dismissione; l’acquisto del terreno soltanto al 50%, corrispondente alla quota dell’alienante debitore, che comunque comportava una maggiore difficoltà per la banca creditrice, mentre d’altro canto non era provata la proprietà di altri beni del fideiussore. Tutti tali elementi costituivano presunzioni gravi, precise e concordanti, ed escludevano la buona fede degli acquirenti.

Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione L. e F.P.. Resiste Capitalia Service J.V. s.r.l.

incorporante. Gli eredi di F.G. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Pregiudizialmente devono esser esaminati i rilievi della controricorrente di inammissibilità del ricorso.

1.1- Con il primo deduce il difetto di procura speciale in relazione alle espressioni usate:” delego, a difendermi e a rappresentarmi nel presente procedimento, ed in ogni sua fase e grado, anche di esecuzione e di opposizione ..eleggo ..”; “.. con facoltà di ..

chiamare terzi nominare- revocare – sostituire a sè altri procuratori. Conferendogli altresì ogni altra più ampia facoltà..”. il rilievo è manifestamente infondato essendo fermo il principio secondo cui la procura apposta sul ricorso per cassazione e autenticata da avvocato iscritto all’albo dei cassazionisti deve ritenersi “speciale” ai sensi dell’art. 365 cod. proc. civ., proprio in quanto incorporata ad esso e posta a margine dell’impugnazione (art. 83, comma terzo, cod. proc. civ.), anche se il timbro prestampato nell’atto preveda che la legittimazione processuale è conferita al difensore “nel presente giudizio in ogni suo grado e nell’eventuale opposizione all’esecuzione”, allo stesso conferendo “ogni facoltà inerente al mandato, compresa quella di chiamare in causa terzi, attribuendo allo stesso la facoltà di farsi sostituire”.

1.2- Con il secondo rilievo deduce la tardività del ricorso per cassazione poichè la sentenza impugnata è del 25 marzo 2003, e l’efficacia è stata sospesa con ordinanza del 18 febbraio 2004, comunicata il 3 marzo 2004. In quel momento erano trascorsi da quello iniziale mesi 11 e giorni 5 e quindi mancavano al termine lungo mesi 2 e giorni 11. Quel termine sospeso ricominciò a decorrere il 30 ottobre 2007 allorchè è stata depositata la sentenza che ha definito la revocazione. Aggiungendo i predetti mesi 2 e giorni 11 mancanti alla data del 2 marzo 2004, il termine scadeva l’11 gennaio 2008. Poichè il ricorso per cassazione è stato notificato il 31 gennaio 2008 è tardivo e perciò è inammissibile.

Il rilievo è infondato poichè nel caso di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione, disposta, ai sensi dell’art. 398, quarto comma, cod. proc. civ., dal giudice davanti al quale è stata proposta domanda di revocazione, il termine per proporre ricorso per cassazione ricomincia a decorrere, per la parte residua, dalla comunicazione della sentenza sulla revocazione che nella specie è avvenuta il 28 dicembre 2007, sì che il ricorso notificato il 31 dicembre 2008 è tempestivo.

1.3- Altrettanto infondato è il rilievo di carenza di legittimazione dei ricorrenti ad impugnare nella sola veste di terzi acquirenti e non anche di eredi del de cuius, deceduto il 25 gennaio 2008, avendo costoro prodotto, a norma dell’art. 372 cod. proc. civ. unitamente alla memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. la prova della rinunzia all’eredità, avvenuta il 28 gennaio 2008, inserita nel registro delle successioni, ed il difensore della controricorrente, intervenuto all’udienza di discussione, non ha formulato alcuna eccezione (Cass. 11338/2004) .

1.4- Anche il successivo rilievo di passaggio in giudicato della sentenza n. 1463/2003 nei confronti della moglie del de cuius, B.M.G., in qualità di sua erede, è infondato risultando dal documento predetto che anch’essa ha rinunciato all’eredità del marito, F.G..

2.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono: “Omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Travisamento del fatto – Art. 360 c.p.c., n. 5”.

Per identificare l’elemento soggettivo della revocatoria per gli acquirenti era necessario stabilire se l’acquisto di costoro fosse precedente o successivo al sorgere del debito, nel primo caso essendo necessario il consilium fraudis, nel secondo essendo sufficiente la scientia damni. All’uopo la Corte ha stabilito che il debito dell’alienante è sorto nel maggio 1995, mentre l’alienazione era dell’ottobre 1995, e cioè sei mesi dopo, sì che ha esonerato la banca dal provare il consilium fraudis. Poichè invece il contratto è stato stipulato il 31 gennaio 1995, come la stessa sentenza afferma in dispositivo, era antecedente al sorgere del debito e quindi era necessario tale partecipazione fraudolenta degli acquirenti. Il travisamento e l’errore sono decisivi ai fini del decisum.

Il motivo è inammissibile.

Ed infatti, ribadito che il vincolo derivante dal giudicato, partecipando della natura dei comandi giuridici, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, e che perciò l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, anche se il giudicato si sia formato in seguito ad una sentenza della Corte di cassazione, questa Corte, con sentenza n. 15882/2011, ha respinto il ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 30 ottobre 2007 n. 4475 ed è perciò passata in giudicato la decisione in essa contenuta secondo cui l’errore contenuto nella sentenza del 2003, oggetto di questa impugnazione, nell’aver indicato come data dell’atto notarile di compravendita il 31 ottobre 1995 anzichè il 31 gennaio 1995, non è decisivo poichè se perciò l’alienazione non è stata successiva al decreto ingiuntivo emesso nei confronti dell’alienante il 2 maggio 1995, tuttavia è stata successiva al credito della Banca, sorto nel maggio 1992 nei confronti del medesimo, e quindi correttamente “si discute della revocatoria di un atto di compravendita immobiliare successivo al sorgere del credito”.

2.1- Alternativamente deducono: “Nullità della sentenza per indeterminatezza dell’oggetto ex art. 360 n. 4 c.p.c.” rilevando la contraddizione tra la parte motiva della sentenza che identifica l’atto impugnato come stipulato il 32 ottobre 1995 e la parte dispositiva che invece lo identifica come stipulato il 31 gennaio 1995, con conseguente incertezza nell’identificazione dell’oggetto della sentenza.

Il motivo va dichiarato inammissibile per le ragioni indicate nel motivo precedente.

3.- Con il secondo motivo lamentano: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360c.p.c., n. 3. Falsa applicazione del principio di diritto che disciplina l’elemento soggettivo dell’azione revocatoria in relazione ad atti dispositivi antecedenti e non successivi al sorgere del credito”.

La Corte di merito ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’accoglimento dell’azione pauliana, la scientia damili, mentre invece essendo l’atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, occorreva il consilium fraudis. Il motivo va dichiarato inammissibile per aver la Corte di merito con sentenza passata in giudicato affermato che l’alienazione è stata successiva al credito della Banca, sorto nel maggio 1992 nei confronti del fideiussore F., e quindi correttamente “si discute della revocatoria di un atto di compravendita immobiliare successivo al sorgere del credito”.

4.- Con il terzo motivo lamentano:”Omessa insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 – Travisamento del fatto-esistenza di altri cespiti patrimoniali in capo al F.G. debitamente documentati e apoditticamente esclusi nella sentenza impugnata”.

Al riguardo rappresentano da un lato che il pregiudizio paventato dalla banca derivava non già dall’alienazione impugnata bensì dall’aver accettato una fideiussione per un debito rilevante da parte di un soggetto il cui patrimonio era ab origine notevolmente inferiore al debito garantito; dall’altro nel non aver considerato che dagli atti risultava la comproprietà di altri terreni del F. e di un appartamento, ancorchè soggetto anch’ esso ad esecuzione forzata, e quindi erroneamente la Corte di merito ha escluso la prova dell’esistenza di altri beni del fideiussore a garanzia dell’esposizione di costui.

Il primo rilevo introduce una questione giuridica diversa da quella oggetto del dibattito di merito- e cioè la concessione del credito malgrado l’insufficienza delle garanzie prestate – ed è perciò inammissibile. La seconda censura è anch’ essa inammissibile perchè, pur essendo incentrata su un omesso esame di documenti decisivi, in realtà mira ad ottenere una diversa valutazione degli elementi di fatto in relazione ai quali la Corte di merito ha ritenuto che comunque l’alienazione impugnata ha reso più difficile la soddisfazione del credito della Banca, e questa affermazione non è contraddetta dalla comproprietà di altri beni, alcuni già esecutati.

5.- Con il quarto motivo deducono:”Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, snaturamento dell’azione revocatoria e dei principi che la informano. Erronea identificazione in punto di diritto, del concetto di pregiudizio rilevante per l’accoglimento dell’azione revocatoria”, avendo la Corte di merito affermato che sussisteva il pregiudizio delle ragioni creditorie senza valutare che il bene venduto rappresentava un settimo della proprietà del fideiussore e quindi il pregiudizio non sussisteva.

Il motivo è inammissibile per le ragioni indicate in relazione alla censura dianzi esaminata.

6.- Con il quinto motivo lamentano: “Omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 – Erronea ed arbitraria applicazione ricorso alle presunzioni semplici per la prova dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria ed omessa delibazione di tutte le fonti di prova acquisite e di tutti i fatti accertati contrastanti ed incompatibili con gli elementi indiziari valutati dalla corte territoriale”.

La prova della scientia fraudis è stata erroneamente ritenuta raggiunta dagli indizi esaminati di cui il primo storicamente erroneo – la data della vendita, antecedente e non successiva al debito, e neppure alla revoca del fido, che era del febbraio 1995 – e gli altri valutati illogicamente atteso che il padre aveva alienato soltanto un settimo della sua comproprietà e i beni erano stati pagati a prezzo di mercato.

Il motivo è inammissibile per le ragioni esposte nell’esame dei motivi che precedono.

7.- Concludendo il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 8.200 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2011

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