Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19730 del 23/07/2019

Cassazione civile sez. III, 23/07/2019, (ud. 15/02/2019, dep. 23/07/2019), n.19730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22057/2015 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è rappresentata e difesa

per legge;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BAIAMONTI 2 (TEL 06.37353349 – FAX 1782741418), presso lo studio

dell’avvocato SUSANNA STRANIERI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARIA GRATTA’ giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 173/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 10/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Dottor S.G. convenne in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’istruzione e quello della salute davanti al Tribunale di Catanzaro e, assumendo di non aver percepito alcuna remunerazione per il periodo nel quale aveva regolarmente frequentato la scuola di specializzazione in igiene mentale, conseguendo il relativo diploma in data 14 ottobre 1991, chiese che fosse riconosciuto il suo diritto ad un’adeguata remunerazione, determinata in via principale nella somma di Lire 21.500.000, e in via subordinata in quella di Euro 6.713,93.

Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, eccependo, tra l’altro, che la specializzazione suindicata non rientrava tra quelle riconosciute a livello comunitario e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.

Il Tribunale accolse la domanda subordinata e condannò la sola Presidenza del Consiglio al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 6.713,94 per ciascun anno di frequenza, con rivalutazione e interessi e compensazione delle spese.

2. La sentenza è stata impugnata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 10 febbraio 2015, ha rigettato il gravame, ha confermato la pronuncia del Tribunale ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che l’appellante non aveva contestato in alcun modo la frequenza, da parte del Dott. S., del suddetto corso per la sua durata legale, nè il conseguimento del relativo diploma nell’ottobre 1991. Il diritto del medico al pagamento dell’adeguata remunerazione non derivava, secondo la Corte d’appello, dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, bensì dalle direttive comunitarie 75/362, 75/363 e 82/76 CEE, che espressamente avevano ricompreso la specializzazione in psichiatria tra quelle che davano diritto alla provvidenza economica. Il corso di igiene mentale era da ritenere equiparato a quello in psichiatria, come già previsto dal D.M. 27 luglio 1990, che aveva reso evidente la “sostanziale identità di tipologia delle due scuole di specializzazione”.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro propone ricorso la Presidenza del Consiglio dei ministri con atto affidato ad un solo motivo.

Resiste il Dott. S.G. con controricorso affiancato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7 della direttiva n. 75/362 CEE, nonchè del D.M. 27 luglio 1990.

Osserva la Presidenza del Consiglio dei ministri che la specializzazione in igiene mentale non rientrerebbe negli elenchi di quelle comuni a tutti gli Stati membri, per cui la sentenza avrebbe erroneamente riconosciuto al Dott. S. una prestazione economica che non gli spettava, perchè gli artt. 5 e 7 della direttiva suindicata non prevedono tale inclusione. Nè potrebbe correttamente invocarsi, a supporto della decisione, il D.M. 27 luglio 1990, perchè il D.Lgs. n. 257 del 1991, ha demandato ad un apposito decreto l’individuazione delle specializzazioni da ritenere comuni agli Stati membri dell’Unione; il successivo D.M. 31 ottobre 1991, ha approvato quell’elenco, per cui solo in presenza di una valutazione di conformità è prevista l’erogazione dell’adeguata remunerazione. La sentenza sarebbe incorsa in violazione di legge facendo applicazione del D.M. 27 luglio 1990, per fini diversi rispetto a quelli per i quali era stato emanato.

1.1. Il ricorso non è fondato.

Giova premettere che il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 1, dispone, al comma 1, che “la formazione specialistica dei medici ammessi alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, di tipologia e durata conformi alle norme della comunità economica Europea e comuni a due o più Stati membri, si svolge a tempo pieno”. Il successivo comma 2 stabilisce che l’elenco delle specializzazioni di cui al comma 1 “è formato ed aggiornato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con quello della sanità”. In attuazione di tali norme è stato emanato dal Ministro dell’università e della ricerca scientifica, di concerto con il Ministro della sanità, il D.M. 31 ottobre 1991, contenente l’elenco (successivamente aggiornato) delle specializzazioni riconosciute ai fini della remunerazione di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

La giurisprudenza di questa Corte, proprio occupandosi del problema posto dall’odierno ricorso – e cioè quello della ricomprensione o meno di una certa specializzazione nell’elenco di quelle riconosciute dalla normativa dell’Unione Europea – ha già affermato che in tema di trattamento economico dei medici specializzandi, il mancato inserimento di una scuola di specializzazione in medicina e chirurgia, attivata presso un’Università, nell’elenco delle specializzazioni di tipologia e durata conformi alle norme comunitarie, previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 1, comma 2, non è di ostacolo al riconoscimento, in favore dello specializzando, del diritto alla borsa di studio, quando si tratti di specializzazione del tutto analoga a quelle istituite in almeno altri due Stati membri (sentenza 28 ottobre 2016, n. 21798, confermata dalle successive ordinanze 31 maggio 2018, n. 13760, e 1 agosto 2018, n. 20376, pronunce relative alla specializzazione in igiene e medicina preventiva).

Nel caso in esame, la specializzazione in igiene mentale non è compresa nè nell’elenco di cui all’art. 5, comma 3, della direttiva 75/362/CEE nè in quello di cui all’art. 7, comma 2, della medesima direttiva, il quale però prevede la psichiatria, la neuropsichiatria e la psichiatria infantile. Il D.M. 31 ottobre 1991, prevede la psichiatria e la nEuropsichiatria infantile. La Corte d’appello ha ritenuto di poter disporre l’equiparazione richiamando il testo del D.M. 27 luglio 1990, che ha compiuto una valutazione di equipollenza tra la psichiatria e l’igiene mentale anche se ai diversi fini degli esami di idoneità e dei concorsi nell’ambito delle unità sanitarie locali; e tale affermazione è radicalmente contestata nel ricorso.

Osserva il Collegio che l’insieme degli elementi a disposizione inducono a ritenere esatta la tesi della Corte calabrese. Va rilevato, infatti, che il D.M. 27 luglio 1990, pur non potendo avere alcun collegamento, per ovvie ragioni cronologiche, col D.Lgs. n. 257 del 1991, è tuttavia anch’esso un decreto interministeriale, emesso dal Ministro della sanità di concerto col Ministro dell’università e della ricerca scientifica; tale elemento porta a ritenere che l’equiparazione ivi prevista, benchè disposta ai fini degli esami di idoneità del personale del ruolo sanitario dei medici, abbia un fondamento scientifico che va ben oltre il ristretto ambito concorsuale. Nel decreto in questione sono stabilite le equipollenze e tanto la tabella A quanto la tabella B prevedono che la specializzazione in igiene mentale sia considerata equipollente o affine sia con quella di psichiatria che con quella di neuropsichiatria infantile. E poichè il mancato inserimento non costituisce, come si è detto, un impedimento assoluto, deve nella specie affermarsi che il confronto tra il D.M. 27 luglio 1990 e il D.M. 31 ottobre 1991, consente di affermare che anche la specializzazione in igiene mentale sia da ricomprendere tra quelle che danno diritto alla remunerazione prevista dal D.Lgs. n. 257 del 1991.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dell’amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Non va posto a carico dell’amministrazione ricorrente l’obbligo di versamento del doppio del contributo unificato, attesa la sua natura di parte pubblica.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 15 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019

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