Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1973 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. I, 28/01/2021, (ud. 13/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14821/2019 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Antonino Ciafardini;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2053/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 31/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/11/2020 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.S., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di L’Aquila, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ne ha respinto il gravame avverso il diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della nullità della sentenza per motivazione carente, contraddittoria e/o apparente non essendo percepibile il fondamento della decisione, essendosi il decidente limitato a confermare le statuizioni del Tribunale riguardo l’ipotesi disciplinata dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c e senza nulla motivare riguardo alle ipotesi di cui alle lett. a) e b) medesimo articolo; 2) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione sussidiara quantunque, alla luce della condizione di instabilità interna del paese di provenienza, fosse sussistente il rischio di essere esposto ad un danno grave alla persona; 3) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione invocata senza attenersi al principio dell’onere della prova attenuato in particolare omettendo di valutare la situazione del richiedente e le ragioni personali addotte dal medesimo a sostegno delle formulate istanze; 4) della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia non avendo il decidente motivato il pronunciato rigetto con riguardo alla situazione di violenza indiscriminata presente nello stato di transito (Libia); 5) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e del vizio della sentenza per motivazione contraddittoria e/o apparente non essendo percepibile il fondamento della decisione, avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione umanitaria sul generico rilievo che non ne sussistessero le condizioni, malgrado le rappresentate condizioni interne del paese di provenienza, l’impossibilità in caso di rimpatri di poter aspirare ad una vita dignitosa e l’elevata integrazione sociale raggiunta nel nostro paese.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Diversamente da quanto dedotto – e come meglio si vedrà in seguito – il rigetto pronunciato dal decidente in rapporto all’invocata misura di protezione internazionale è assistito da congrua ed adeguata motivazione e l’iter decisionale in essa esposto rende piena e compiuta dimostrazione delle ragioni poste a fondamento della pronuncia adottata, sottraendola perciò dal denunciato vizio di illogicità, contraddittorietà ed apparenza di motivazione, ravvisabile, come ancora si è notato di recente in relazione ad analoga fattispecie (Cass., Sez. I, 20/02/2020, n. 4376), laddove sia evidenziabile un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, e ciò semprechè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente, in quanto strettamente avvinti, sono inammissibili essendo intesi a sindacare le ragioni di merito che il decidente ha sviluppato a sostegno dell’impugnata pronuncia di rigetto.

Attingendo le informazioni da fonti internazionali, registranti i progressivi miglioramenti in atto nella situazione del paese di provenienza, la Corte d’Appello ha escluso la ricorrenza nella specie dell’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) affermando che “sebbene le citate fonti di informazione riportino la presenza di alcuni scontri, gli stessi si presentano come episodi isolati e l’apparato statale risulta essere idoneo a farvi fronte attivandosi al fine di predisporre misure atte a potenziare la sicurezza. Emerge nel complesso una condizione di generale stabilità, anche in ragione dell’odierno equilibrio politico e l’attuale presenza di alcune tensioni a livello sociale, non assimilabili alla violenta crisi post-elettorale, ormai esaurita, non è tale da configurare le condizioni legittimanti il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14”.

L’articolato quadro di giudizio offre dunque una rappresentazione ampia ed esaustiva degli esiti istruttori maturati nel corso del giudizio, rispetto alla quale i rilievi declinati nel motivo non hanno pregnanza cassatoria e si esauriscono nella manifestazione di un mero dissenso motivazionale finalizzato alla revisione del sindacato meritale.

4. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile poichè riguardo alla questione che vi viene sollevata il ricorrente non assolve il prescritto onere di autosufficienza astenendosi dall’indicare dove e quanto essa abbia formato oggetto di deduzione avanti al giudice a quo. Di modo che l’allegazione incorre nell’inammissibilità decretata dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che si rende tanto più inoppugnabile considerando che il giudizio di legittimità può avere ad oggetto unicamente le questioni che abbiano formato oggetto di pregresso vaglio nei gradi di merito.

5. Il quinto motivo è inammissibile sostanziandosi anch’esso nella perorazione ad una rivalutazione del quadro circostanziale della vicenda, come tale estranea ai fini del giudizio di legittimità.

Ed invero dando prova di non prescindere dal parametro interpretativo enunciato in materia da questa Corte, il giudice territoriale ha rappresentato che, stante il miglioramento delle condizioni interne del paese di origine, “la vicenda personale del ricorrente non evidenzia un quadro di grave vulnerabilità personale, nel senso precisato, tale da consentire il riconoscimento della protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, non essendo sufficiente, in difetto di elementi individuali circostanziati, il generico riferimento alle generali condizioni di privazione delle libertà personali. Nè rileva l’alto grado di integrazione, medio tempore, raggiunto nel nostro paese, in quanto circostanza di per sè insufficiente per la concessione della tutela invocata”.

La trascritta motivazione, che all’esito del confronto tra la condizione attuale del ricorrente e quella che in cui lo stesso potrebbe venire a trovarsi in caso di rimpatrio nel proprio paese di origine non evidenzia che in tale ultima eventualità egli possa incorrere nella privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, si muove dunque nel solco del giudizio comparativo sotteso al riconoscimento della protezione umanitaria, di guisa che il motivo, in disparte da ulteriori ragioni di inammissibilità argomentabili in relazione allo statuto di censurabilità per cassazione dell’errore di diritto, è espressione di un mero dissenso motivazionale non sindacabile da parte di questa Corte.

6. Il ricorso va dunque respinto.

7. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo.

PQM

Respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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