Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19729 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 22/09/2020), n.19729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18666-2019 proposto da:

W.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI

(andreamaestri.ordineavvocatiravenna.eu) giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Bologna, sezione

di Forlì, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

10/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/07/2020 dal Cons. Relatore Dott.ssa VELLA PAOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Bologna ha negato la protezione internazionale o umanitaria invocata dal cittadino nigeriano W.I., n. Benin City (Edo State) il 23/09/1995, il quale ha dichiarato di essere fuggito dalla Nigeria per sottrarsi alle minacce di morte rivoltegli da una donna sconosciuta (tale Madame Ticket) che voleva impossessarsi del suo terreno insieme ad altre persone, dalle quali teme di essere ucciso in caso di rientro in Patria, ove vive ancora la sua famiglia, rimasta estranea alla vicenda.

2. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero intimato ha depositato un mero “atto di costituzione”, senza svolgere difese.

3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio. Considerato che:

4. Con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1, nonchè dell’art. 33 Conv. Ginevra 1951 sulla protezione dei rifugiati, in quanto “nel decreto de guo l’obbligo motivazionale in merito alle condizioni in cui versa la Libia” non sarebbe stato soddisfatto, mancando un’indagine approfondita sull’entità delle minacce ivi asseritamente subite dal ricorrente.

4.1. La censura è infondata.

4.2. Come più volte affermato da questa Corte, il fatto che in un paese di transito si sia consumata una violazione dei diritti umani non comporta di per sè l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, essendo a tal fine necessario accertare che lo straniero venga ad essere perciò privato della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, per effetto del rimpatrio nel Paese di origine, di cui cioè si abbia la cittadinanza (Cass. 4455/2018), non già di un Paese terzo (cfr. Cass. 2861/2018, 13858/2018, 29875/2018); pertanto, solo se debitamente allegate e potenzialmente idonee ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, le eventuali violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza possono legittimare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, purchè in presenza di specifiche e concrete condizioni, da allegare e valutare caso per caso (Cass. 13096/2019).

4.3. Tali presupposti non sono risultati ricorrenti nel caso di specie, poichè, nel corso della pur ampia audizione davanti al tribunale, il ricorrente si è limitato a riferire di aver lavorato per circa otto mesi in Libia come piastrellista-imbianchino, di aver dovuto consegnare quello che guadagnava agli Asma Boys (che lo minacciavano ogni volta che tornava a casa) e di essersi sentito in pericolo quando ha trovato alcune persone morte in casa, decidendosi così ad imbarcarsi per l’Italia con l’aiuto del suo datore di lavoro.

5. Il secondo mezzo prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo, in riferimento al riconoscimento della protezione umanitaria, nell’assunto che questa non possa essere negata per difetto di credibilità del ricorrente, dovendosi comunque verificare l’esistenza di profili di vulnerabilità, anche alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni di vita in Italia e nel Paese di origine.

5.1. La censura è inammissibile perchè generica, avendo il tribunale motivato il diniego della protezione umanitaria sull’assenza di “alcuna condizione seria e grave di vulnerabilità”, trattandosi di un giovane senza problemi di salute, che ha i propri familiari in Nigeria e in Italia ha semplicemente frequentato alcuni corsi (senza aver ancora imparato la lingua italiana) e lavorato per soli due mesi.

5.2. La motivazione del tribunale risulta in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della protezione umanitaria – astrattamente riconoscibile ratione temporis (Cass. Sez. U, 29459/2019) – richiede “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. 23778/2019, 1040/2020), escludendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari possa essere riconosciuto solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza, ovvero considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (Cass. Sez. U, 29459, 29460, 29461 del 2019; Cass. 4455/2018, 630/2020).

6. Nulla sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. sez. U, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte

del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 luglio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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