Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19728 del 28/08/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19728 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

– prelevamenti e
versamenti
sui
conti correnti

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VIVIANI FRANCESCA e BAIARDO SERGIO,

Data pubblicazione: 28/08/2013

rappresentati

e difesi

dall’avv. Luigi Carbonaro e dall’avv. Nicola Nanni presso il
quale sono elettivamente domiciliati in Roma alla

via della

Giuliana n. 73;
-ricorrenti contro
AGINZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello
Stato, presso la quale è domiciliata in Roma in via dei
Portoghesi n. 12;
– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Liguria, sezione 20, n. 118, depositata il 18 aprile 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14 marzo 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
uditi l’avv. Nicola Nanni per la ricorrente e l’avvocato
dello Stato Giancarlo Caselli per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Vincenzo Gambardella, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.
SMDDIUdd910 DEL PROCESSO
Francesca Viviani e Sergio Bajardo ricorrono per
cassazione, sulla base di quattro motivi, nei confronti della
sentenza della CTR della Liguria che, rigettandone l’appello, ed
accogliendo quello incidentale dell’ufficio, ha dichiarato
legittimo l’avviso di accertamento, ai fini dell’IRPEF per l’anno
1993, con il quale, all’esito della verifica, ai sensi dell’art.

correnti cointestati ai contribuenti, veniva rettificato il
reddito complessivo del Bajardo, il quale svolgeva attività di
antiquario senza disporre di scritture contabili, accertandosene
conseguentemente il reddito d’impresa.
Il giudice d’appello ha infatti osservato che non essendo i
contribuenti, né nella fase amministrativa che in quella
contenziosa, riusciti a dare una ragionevole giustificazione dei
notevoli prelevamenti e versamenti effettuati sui propri conti
correnti, la contabilizzazione dei relativi importi, ai fini
dell’imposizione fiscale, era corretta. Quanto alla
considerazione dei costi, ha osservato che se l’ufficio in sede
di accertamento induttivo deve tener conto non solo dei maggiori
ricavi ma anche dei costi ad essi correlati, è altrettanto vero
che questi ultimi debbono risultare da elementi certi e precisi,
riscontro nella specie impossibile, non essendo stata rinvenuta
presso il contribuente alcuna documentazione contabile.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
11DTIVI EEMIAL DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione
degli artt. 32 e 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
assumendo non essere “legittimo disporre una verifica fiscale e
un accertamento tributario senza instaurare un preventivo
contraddittorio”, mentre con il secondo motivo si dolgono che il
giudice d’appello abbia “totalmente omesso di motivare in merito
alla necessità o meno di disporre un preventivo contraddittorio
col contribuente”.
Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 32
del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 53 Cost., sostengono
“debba essere considerata l’incidenza percentuale dei costi

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32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dei movimenti dei conti

determinati anche col metodo ricostruttivo”, mentre con il quarto
motivo lamentano l’insufficiente o contraddittoria motivazione
sul punto.
I quattro motivi, siccome strettamente legati, possono
essere esaminati congiuntamente.
Ed anche a voler trascurare la verifica, alla stregua
dell’art. 366 bis cod. proc. , civ., dell’idoneità dei quesiti di
diritto e dei momenti di sintesi dei quali, rispettivamente, sono
Questa Corte ha affermato che ai fini dell’accertamento
delle imposte sui redditi, l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, esclusa la necessità per l’amministrazione di
instaurare un contraddittorio precontenzioso (Cass. n. 2814 del
2002, n. 9103 del 2001, n. 14191 del 2000), “prevede una
presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i
versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a
ricavi e a fronte della quale il contribuente, in mancanza di
espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei
mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso
presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica
da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare
analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti,
correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai
movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere
apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo,
senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie
o cumulative” (Cass. n. 25502 del 2011).
Corre rilevato dal giudice d’appello, il contribuente non ha
offerto una siffatta prova, non avendo fornito, “né in sede di
accertamento, né nel giudizio di primo grado né nell’attuale
giudizio una ragionevole giustificazione dei notevoli
prelevamenti e ricavi effettuati dai propri conti correnti”.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come
in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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corredati, essi si rivelano infondAti.

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Al SENSI DEL
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N. 131 TAB.
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al pagamento delle spese del

Condanna i ricorrenti

giudizio, liquidate in euro 7.000, oltre alle spese prenotate a
debito.

Così deciso in Roma il 14 marzo 2013.

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