Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19728 del 22/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/09/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 22/09/2020), n.19728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18180-2019 proposto da:

A.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO CORRADINI

(enrico.corradini.ordineavvocatireggioemilia.it) per delega in calce

al ricorso.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

29/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

VELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Bologna ha negato la protezione internazionale o umanitaria invocata dal cittadino pakistano A.M., nato a Gujrat il 01/01/1978, il quale aveva dichiarato di essere stato costretto a lasciare il Pakistan a dicembre del 2008 – approdando in Italia nell’ottobre del 2015, dopo aver vissuto diversi anni in Grecia -a causa delle minacce di alcuni musulmani del villaggio in cui egli viveva, contrari alla vendita di un terreno di famiglia ad un suo amico cristiano, e di temere, in caso di rientro in Patria, di subire la sorte di uno dei suoi fratelli, che era morto proprio in seguito all’aggressione di quei musulmani del villaggio.

2. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il ricorrente lamenta (testualmente) “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8, vizio di motivazione del D.Lgs. n. 252 del 2007, art. 14 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) e del T.U.I.D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Mancata presa di posizione in relazione ad elemento essenziale (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5)”, per avere il tribunale “genericamente contestato la veridicità delle dichiarazioni” da egli rese, nonchè omesso di approfondire la situazione socio-politica in cui viveva il ricorrente e non “correttamente valutato i fatti”, rendendo così una decisione “manifestamente illogica”.

5. Le censure sono inammissibili.

5.1. Questa Corte afferma costantemente che l’inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente, valutata alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, attiene al giudizio di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (ex multis, Cass. 6897/2020, 5114/2020, 33858/2019, 21142/2019, 32064/2018, 27503/2018, 16925/2018).

5.2. Nel caso di specie il tribunale, dopo aver rinnovato l’esame del ricorrente, segnalando anche le incongruenze riscontrate, ha reso una puntuale e dettagliata motivazione su tutte le contraddizioni, aporie, implausibilità e carenze rilevate nelle dichiarazioni difformemente rese in sede amministrativa e giudiziale (v. pag. 6-7 del decreto). Si tratta, all’evidenza, di valutazioni che integrano apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, non essendo ammissibile in questa sede una rivisitazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente in vista di una loro diversa lettura o interpretazione. Nè la motivazione è stata correttamente censurata secondo il paradigma del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), che onera il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il ‘fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 27415/2018, 6735/2020).

5.4. Vale dunque l’insegnamento per cui è inammissibile un “ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019).

6. Sul tema dei rapporti tra valutazione di credibilità soggettiva del richiedente asilo e dovere di cooperazione istruttoria del giudice, questa Corte ha più volte affermato che, quando non sia in questione la “personalizzazione del rischio” – come (in varia misura) per il rifugio politico e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – l’acquisizione di informazioni sulla effettiva situazione, concreta e attuale, del Paese di provenienza (cd. Country of Origin Information – COI) deve essere effettuata senza che rilevi la non credibilità della narrazione del richiedente, e dunque anche nell’ipotesi di cui al citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che a certe condizioni accorda la protezione sussidiaria per il solo fatto della provenienza da un territorio in cui sussiste una situazione di violenza indiscriminata, sempre che il ricorrente abbia assolto il proprio dovere di allegazione e il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata (ex multis, Cass. 14283/2019, 7985/2020, 8020/2020, 10286/2020).

6.1. Il Collegio, pur nella consapevolezza dell’esistenza di un indirizzo più restrittivo – per cui l’inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente preclude sempre, anche nell’ipotesi di cui al citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), gli approfondimenti istruttori officiosi ai fini della protezione internazionale (a differenza di quella umanitaria: Cass. 10922/2019, 7985/2020, 8020/2020), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018, 33096/2018, 28862/2018, 33858/2019, 4892/2019, 15794/2019, 17174/2019, 33858/2019, 8367/2020, 11924/2020) – e di un opposto indirizzo minoritario – per cui, salvo specifici casi eccezionali (notorio, palese falsità, mancata allegazione, rinuncia espressa), l’obbligo di cooperazione istruttoria deve essere sempre assolto dal giudice, poichè altrimenti la valutazione di credibilità, che attiene alla prova, diverrebbe condizione di ammissibilità o presupposto del riconoscimento del diritto o giudizio sulla lealtà processuale della parte (Cass. 8819/2020) – ritiene più condivisibile l’orientamento esposto sub 6., cui lo stesso il giudice a quo si è conformato, acquisendo e valutando COI tratte da fonti aggiornate (v. pag. 9 decreto) prima di decidere per l’insussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) D.Lgs. n. 251/07 nella regione di provenienza del ricorrente.

7. La decisione impugnata risulta infine in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della protezione umanitaria – astrattamente riconoscibile ratione temporis (Cass. Sez. U, 29459/2019) – richiede “il riscontro di “seri motivi” (non tipivati) diretti a tutelare situafioni di vulnerabilità individuale” (C as s. 23778/2019, 1040/2020), escludendo che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari possa essere riconosciuto solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza, ovvero considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (Cass. Sez. U, 29459/2019; Cass. 4455/2018, 630/2020).

8. Nulla sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. sez. U, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 luglio 2020.

Depositato in cancelleria il 22 settembre 2020

 

 

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