Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19725 del 25/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19725 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 3683-2017 proposto da:
AUCHAN S.P.A. P.I.03349310965, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
OVIDIO n.20, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI PAOLO,
rappresentata

e

difesa dall’avvocato FRANCESCO SAVERIO

FRASCA;
– ricorrente contro
DI CARLO SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FLAMINIA n.109, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO
BERTOLONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE
GUERRERA GRINI_ALDI;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 25/07/2018

avverso la sentenza n. 781/2016 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 18/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/05/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS.

che con sentenza del 18 luglio 2016, la Corte d’Appello di
Palermo, chiamata, quale giudice del rinvio disposto da questa
Corte a seguito dell’annullamento della pronunzia della Corte
d’Appello di Catania cui conseguiva l’accoglimento della
domanda proposta da Salvatore Di Carlo nei confronti di Auchan
S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del
licenziamento per giusta causa intimatogli dalla Società, a
provvedere in ordine alle domande di condanna proposte dal
lavoratore, ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro del Di
Carlo ed il diritto del medesimo al risarcimento del danno
commisurato a tutte le retribuzioni medio tempore maturate,
senza detrazione dell’aliunde perceptum;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa
ritenuto ammissibile la domanda risarcitoria come proposta dal
Di Carlo per essere predeterminati per legge gli elementi utili
alla sua quantificazione, non deducibile l’aliunde perceptum in
quanto prospettato solo in termini generici e comunque senza
offrire la prova di averne acquisito notizia in epoca antecedente
all’instaurazione del giudizio di rinvio, in configurabile l’eccepita
intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso;
per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando
l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, il
Di Carlo;

Ric. 2017 n. 03683 sez. ML – ud. 23-05-2018
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RILEVATO

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è
stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
che la Società ricorrente ha poi presentato memoria;
CONSIDERATO

violazione e falsa applicazione degli artt. 434, comma 1 e 414
c.p.c., lamenta la non conformità a diritto dell’implicita
pronunzia di rigetto dell’eccepita inammissibilità del ricorso in
appello;
che con gli ulteriori quattro motivi, separatamente rubricati con riferimento il secondo motivo alla violazione e falsa
applicazione dell’art. 115 c.p.c., il terzo motivo alla violazione e
falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 c.c. e 18, I. n.
300/1970, il quarto motivo al vizio di omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio, il quinto motivo al vizio di contraddittoria
motivazione – ma poi trattati congiuntamente la Società
ricorrente imputa alla Corte territoriale di non aver alla stessa
consentito, non ammettendo, senza motivazione alcuna, le
prove richieste, di assolvere l’onere della prova di cui la stessa
Corte territoriale la riteneva gravata circa la sussistenza di altri
redditi percepiti dal lavoratore in epoca successiva al suo
licenziamento di cui tenere conto nella quantificazione del
(
risarcimento e di non aver valorizzato agli stessi fini gli elementi
(
presuntivi su cui, in ragione della loro gravità, precisione e
concordanza, quella prova poteva comunque fondarsi, posto che
l’eccezione doveva ritenersi tempestivamente dedotta, non
avendo la Società, stante l’esito ad essa favorevole dei primi
due gradi di merito, motivo di proporla in epoca antecedente
all’instaurazione del giudizio di rinvio ed avendola ivi dedotta nel

Ric. 2017 n. 03683 sez. ML – ud. 23-05-2018
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che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la

primo atto difensivo utile, così da dar luogo ad una pronunzia
illogica e contraddittoria;
che il primo motivo deve ritenersi infondato alla stregua
dell’orientamento accolto da questa Corte in ordine ai criteri

che, di contro, inammissibili si rivelano gli ulteriori motivi, dal
secondo al quinto, non valendo le censure mosse ad inficiare sul
piano logico e giuridico le argomentazioni in base alle quali la
Corte territoriale ha motivato l’irrilevanza dei mezzi di prova
offerti a dimostrazione dell’aliunde perceptum, risultando, da un
lato, effettivamente generico ed inidoneo ad attestare la
riferibilità al lavoratore di un reddito proprio il coinvolgimento, in
alcun modo formalizzato, di questi nell’attività commerciale
facente capo al figlio e, dall’altro, essendo rimasto
effettivamente indimostrato il requisito da considerarsi, alla
stregua della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n.
26828/2013, puntualmente richiamata nell’impugnata
sentenza), utile ai fini della tempestività dell’eccezione, pur
sollevabile anche nel giudizio di rinvio, dato dal dover essere
l’eccezione proposta nel “primo atto difensivo utile dalla
conoscenza dei fatti” che, nella specie, stando a quanto qui
dichiarato dallo stesso ricorrente, risale ad epoca di molto
anteriore all’instaurazione del giudizio di rinvio e coincidente con
i gradi di merito del giudizio, nel corso dei quali, diversamente
da quanto qui sostenuto dalla Società ricorrente (che ne assume
il suo essere all’epoca inutiliter data, come se fosse scontato
l’esito ad essa favorevole del giudizio), ben poteva essere
proposta allora, quantomeno in via subordinata, evidenziando
appunto tempestivamente la volontà di volersene avvalere,
viceversa mai espressa quando già le era possibile;
Ric. 2017 n. 03683 sez. ML – ud. 23-05-2018
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desumibili dal novellato art. 434 c.p.c 2 fini dell’ammissibilità
avvi- kq, wt
2 0 ddel ricorso in appello (cfr.irex mu/tis, Cas . n. 2143/2015);

che, pertanto, conformandosi alla proposta del relatore, il
ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo;
P.Q.M.

pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità
liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3-:9907430 per
compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 maggio
2018

La Corte rigetta il ricorso, e condanna parte ricorrente al

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