Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19725 del 03/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 03/10/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 03/10/2016), n.19725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7316/2012 proposto da:

B.M., (OMISSIS), R.M. (OMISSIS), R.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, V. GERMANICO 107,

presso lo studio dell’avvocato LORENZO BORRE’, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DIEGO CASONATO;

– ricorrenti –

contro

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato CIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIO FERRONATO;

– controricorrente –

e contro

BE.OR.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 208/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato CASONATO Diego, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto di riportarsi agli scritti depositati;

udito l’Avvocato DI BENEDETTO Isabella con delega depositata udienza

dell’Avvocato FERRONATO Lucio, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 5^ e del 6^

motivo ed il rigetto dei primi quattro motivi del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 6/11/99 i signori R.R. e Be.Or. – proprietari di un terreno in comune di (OMISSIS), catastalmente identificato con il numero di mappale (OMISSIS) – esercitavano un’azione negatoria di servitù davanti al tribunale di Treviso, sezione distaccata di Castelfranco Veneto, chiedendo accertarsi che sul suddetto terreno non sussisteva alcun diritto di servitù di passo a favore dei terreni catastalmente identificati coni numeri di mappale (OMISSIS), di proprietà della signora B.M., e con il numero di mappale (OMISSIS), di proprietà del suocero di costei, signor R.E..

I convenuti si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda di parte attrice e spiegando domanda riconvenzionale volta ad accertare il loro diritto di servitù di passo – a favore dei mappali (OMISSIS) ed a carico del mappale (OMISSIS) – asseritamente acquistato per intervenuta usucapione o, alternativamente, per destinazione del padre di famiglia.

Nel corso del giudizio di primo grado R.E. decedeva ed il processo proseguiva nei confronti, oltre che della sua nuora B.M., nei confronti dei suoi eredi R.R., D., F. e M..

Il primo giudice rigettava la domanda degli attori e accoglieva la riconvenzionale dei convenuti, per l’effetto dichiarando l’esistenza di una servitù di passaggio a piedi, con autovetture e con mezzi agricoli a favore dei mappali (OMISSIS) ed a carico del mappale (OMISSIS).

La sentenza di primo grado veniva riformato dalla corte d’appello, adita dagli originari attori.

In punto di usucapione il giudice secondo grado motiva partitamente sulla posizione di R.E. e su quella di B.M..

Quanto al primo, la corte distrettuale – premesso che egli avrebbe dovuto dimostrare di aver iniziato il proprio possesso ad usucapionem da epoca anteriore al 6/11/79 (inizio del ventennio antecedente l’esercizio della negatoria servitutis, introdotta con citazione notificato il 6/11/99) – rileva che negli anni 70 il medesimo era fittavolo di alcuni terreni dei signori T. (originari proprietari di tutto l’agro di cui si discute e danti causa tanto degli attori quanto dei convenuti), cosicchè il materiale esercizio del passaggio sul mappale (OMISSIS) costituiva comportamento conforme al titolo della sua detenzione sui terreni da lui condotti in affitto e non poteva pertanto essere considerato manifestazione di un possesso di servitù di passo a favore dei fondi di sua proprietà; nè, rileva la corte lagunare, il fatto che il medesimo R. transitasse sul mappale (OMISSIS) non solo con mezzi agricoli, ma anche a piedi o in macchina, per raggiungere la sua abitazione, potrebbe considerarsi comportamento idoneo ad integrare la interversione della detenzione in possesso, non trattandosi, secondo la corte, di “manifestazioni inequivoca e perciò percepibile dall’allora proprietario del mappale (OMISSIS)”.

Quanto alla B. la corte distrettuale rileva, per un verso, che costei aveva iniziato ad esercitare il passaggio sul mappale (OMISSIS) dopo il 1983 (epoca a cui risale l’ampliamento dell’abitazione di R.E.) e dunque, al di della domanda, non aveva maturato il ventennio necessario al compimento dell’usucapione; per altro verso, che ella non poteva unire al proprio il possesso di R.E., ai sensi dell’art. 1146 c.c., comma 2, in ragione dell’acquisto di alcuni terreni di costui da lei effettuato con contratto di compravendita del (OMISSIS). A quest’ultimo proposito, nella sentenza gravata si argomenta che, in primo luogo, nel contratto di compravendita del (OMISSIS) non era contenuto alcun riferimento al trasferimento di un diritto di servitù sul mappale (OMISSIS) e, in secondo luogo, che per lo stesso R.E. mancava la prova del momento iniziale dell’esercizio del suo possesso di servitù e, quindi, della possibilità stessa che egli potesse trasferire tale possesso.

In punto di destinazione del padre di famiglia la corte di appello ha poi disatteso la riconvenzionale degli originari convenuti sul rilievo che i medesimi non avevano dimostrato che al momento della divisione del fondo, quando una parte della proprietà T. era stata ceduta ad R.E., sussistessero opere permanenti idonee a rivelare inequivocabilmente l’asservimento del mappale (OMISSIS) ai fondi ceduti al medesimo R.. In proposito la corte sottolinea come l’inesistenza di tali opere (non solo al dì della divisione dei fondi, ma anche successivamente) potesse desumersi dal rilievo che gli originari convenuti avevano chiesto al giudice di procedere all’individuazione giudiziale del sedime e dell’estensione del passaggio di cui si assumevano titolari.

Avverso la sentenza i signori R. – B. propongono ricorso per cassazione, nei confronti degli originari attori, sulla base di sei motivi.

Il sig. R.R. ha resistito con controricorso, mentre la sig.ra Be. non si è costituita in questa sede.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 23.6.16, per la quale solo i ricorrenti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso – rubricato come violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1164 e 1165 c.c. – i ricorrenti censurano la statuizione della sentenza gravata che, sul rilievo che negli anni 70 R.E. conduceva in affitto terreni dei signori T. a cui si accedeva attraverso il mappale n. (OMISSIS) (pur esso in proprietà T.), argomenta che il materiale esercizio del passaggio su tale mappale non poteva essere considerato dimostrativo di un possesso di servitù, vale a dire, si puntualizza a pag. 9 della sentenza gravata, dimostrativo del fatto che R.E. “avesse cessato esercitare il passaggio in nome altrui e avesse iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome e per conto proprio, con contestuale sostituzione all’animus detinendi dell’animus rem sibi habendi.” Detta affermazione, secondo i ricorrenti, violerebbe le disposizioni sopra richiamate, in quanto “in materia di servitù prediali non esiste alcuna norma che ne descriva il contenuto quale esercizio di possesso in via esclusiva” (pag. 9 del ricorso), vigendo anzi il principio del minor aggravio per il fondo servente ex art. 1065 c.c.; nè, argomentano ancora i ricorrenti, l’assunto della corte territoriale sarebbe supportato dall’art. 1164 c.c., giacchè tale disposizione riguarda il tema, estraneo al presente giudizio, del rapporto tra il possesso del diritto di proprietà e il possesso di un diritto reale su cosa altrui.

Osserva al riguardo il Collegio che il motivo non può trovare accoglimento, perchè le conclusioni a cui è pervenuta la corte distrettuale non si pongono in alcun modo in contrasto nè con il disposto dell’art. 1065 c.c., che resta del tutto estraneo al ragionamento decisorio svolto nella sentenza gravata, nè con la disciplina dell’interversione del possesso di cui all’art. 1464 c.c.. Tali conclusioni vanno qui condivise, ancorchè la relativa motivazione vada emendata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.. In proposito – premesso che il riferimento della sentenza gravata all’animus detinendi, sopra richiamato, va corretto, nel senso che di “detenzione di servitù” non può parlarsi se non nel senso di “detenzione del fondo dominante” – va rilevato che questa Corte ha già chiarito, nella sentenza n. 1870/70, che colui che pretende di avere acquistato una servitù per usucapione deve, quanto meno, dimostrare di avere avuto, per il tempo necessario ad usucapire, il possesso del fondo dominante, concretantesi nel potere corrispondente all’esercizio di un diritto tale da ricollegarvi l’acquisto della titolarità della servitù ovvero di potersi giovare, a tal fine, del proprio dante causa, secondo i principi della successio e dell’accessio temporis. Dalla sentenza gravata non emerge che detta dimostrazione fosse stata offerta in sede di merito da R.E., nè il motivo di ricorso, riferito esclusivamente al vizio di violazione di legge, concerne gli accertamenti di fatto operati nella sentenza gravata; il primo motivo va quindi respinto.

Con il secondo motivo di ricorso – rubricato come violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141 e 2697 c.c. e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio i ricorrente svolgono tre distinte doglianze, lamentando che la corte territoriale avrebbe errato:

a) nel ritenere provato che R.E. fosse fittavolo dei T. ancorchè ciò risultasse solo dalla deposizione del geometra Brunetto e non avesse conferma documentale; la doglianza va disattesa perchè non deduce quali risultanze di fatto, ritualmente allegate nel giudizio di merito, avrebbero dovuto indurre la corte territoriale a giudicare il teste Br. inattendibile;

b) nel ritenere provato che R.E. avesse condotto in affitto i mappali (OMISSIS) (attauli fondo dominati) e (OMISSIS) (attuale fondo servente); la doglianza va disattesa perchè travisa il contenuto della sentenza, la quale, quando parla del rapporto di affitto agrario, non fa riferimento a quei terreni bensì a terreni posti a sud e a est del mappale (OMISSIS);

c) nel non considerare che il teste Br. non aveva precisato quando il rapporto di affitto fosse cessato; la doglianza va disattesa perchè, una volta provato che la relazione di fatto con la cosa sia sorta a titolo di detenzione, compete chi se ne pretende possessore “provare gli atti idonei ad integrare una interversione del possesso, a dimostrazione dell’avvenuto mutamento dell’originario “animus detinendi” in “animus possidendi” (Cass. 7817/06), senza che rilevi quando sia cessato il rapporto contrattuale su cui la detenzione si fondava.

Il secondo motivo di ricorso va quindi disatteso in relazione a tutte le censure in cui esso si articola.

Il terzo, quinto e sesto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente.

Con il terzo motivo rubricato come violazione o falsa applicazione degli artt. 1064 e 1065 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – i ricorrenti lamentano che la corte territoriale non abbia considerato talune specifiche modalità di passaggio sul mappale (OMISSIS) risultate all’istruttore testimoniale, quali l’utilizzo della strada per il cantiere di edificazione dell’immobile di R.E. (capitolo 4), l’utilizzo della strada come l’unico accesso alla rimessa di R.E. (capitoli 4 e 5), l’utilizzo della strada del cantiere di ampliamento dell’immobile di R.E., oggi B. (capitolo 7).

Con il quinto motivo – rubricato come violazione o falsa applicazione dell’art. 1062 c.c. e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – i ricorrenti lamentano che la corte distrettuale abbia valutato l’esistenza di opere che rendevano apparente la servitù con riferimento all’anno i cui i sigg.ri T. vendettero alcuni loro terreni a R.E., trascurando che l’autonomia della posizione di B.M. rispetto a quella di R.E. avrebbe imposto di ancorare tale valutazione all’anno (1993) in cui quest’ultima aveva acquistato dai T. il mappale (OMISSIS).

Con il sesto motivo – rubricato come violazione o falsa applicazione artt. 1061 e 2712 c.c. e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – i ricorrenti lamentano che la corte territoriale abbia trascurato le risultanze processuali (documentazione e deposizioni agli atti) da cui si sarebbe dovuto evincere l’esistenza del requisito dell’apparenza della servitù.

Nessuno di tali motivi risulta meritevole di accoglimento.

Com’è noto, la giurisprudenza di questa Corte, nell’interpretare l’art. 1061 c.c., relativamente all’ipotesi di costituzione di servitù di passaggio, ha costantemente affermato che il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile. Si è altresì precisato che non è al riguardo sufficiente l’esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, essenziale viceversa essendo che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante, e, pertanto, un quid pluris che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù (Cass. nn. 24856/14, 13238/10, 14189/04, 2994/04, 8633/98, 6207/98 e 11254/96).

La sentenza gravata, seppure con riferimento all’acquisto per destinazione del padre di famiglia, ha escluso la presenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù (riferendo tale esclusione non solo all’epoca dell’acquisto di R.E., ma – lo si evidenzia in relazione alla doglianza di cui al quinto mezzo di ricorso – anche all’attualità: cfr. pag. 10 della sentenza, ove si espone la presunzione che “tali opere mancassero e manchino tuttora”) ed ha comunque ritenuto equivoco l’esercizio del passaggio esercitato da R.E..

Tanto premesso, il Collegio osserva che le censure mosse dai ricorrenti non denunciano circostanze decisive in relazione ai presupposti di fatto necessari (esclusi dalla sentenza) per la costituzione della servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

In proposito va qui evidenziato che, per integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (anche nel testo anteriore alla modifica recata dal D.L. n. 83 del 2012) è necessario l’omesso o insufficiente motivazione su circostanze specifiche “di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito” (così Cass. nn. 25756/14, 24092/13, 14973/06); e che, d’altra parte, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (Cass. n. 16499/09).

I motivi in esame vanno quindi rigettati, perchè nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata,contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito (Cass. 7972/079).

Con il quarto motivo di ricorso, infine – rubricato come violazione o falsa applicazione degli artt. 1141 e 1164 c.c. e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – i ricorrenti lamentano che la corte territoriale non abbia tenuto conto degli effetti dell’ atto di compravendita Re. – R.E. e R. dell'(OMISSIS), che aveva modificato, in ordine al fondo oggetto di compravendita, la detenzione di R.E. in possesso. Il motivo è pur esso inammissibile per carenza di specificità, in quanto non illustra le ragioni della decisività del documento del cui esame si lamenta la pretermissione, non fornendo nemmeno l’esatta identificazione del fondo costituente oggetto del contratto risultante da tale documento.

Il ricorso va in definitiva rigettato in relazione a tutti i motivi in cui si articola. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida, in Euro 2.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2016

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