Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19724 del 08/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/08/2017, (ud. 21/06/2017, dep.08/08/2017),  n. 19724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17989/2016 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI

2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI MEO, rappresentata e

difesa dall’avvocato FEDERICO BIZZINI;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA SOCIALE CO.PRO.S. a R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato ADELINA MARIA CAPPELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 89/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 16 febbraio 2016, la Corte di Appello di Catania, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Caltagirone, condannava la Cooperativa Co.Pro.S. a r.l. (d’ora in avanti Co.Pro.S.) al pagamento in favore di R.G. della complessiva somma di Euro 2.436,57 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali;

che, per quello che ancora rileva in questa sede, ad avviso della Corte territoriale, stante il contrasto tra le dichiarazioni rese dai vari testi escussi, non era stata raggiunta la prova dello svolgimento da parte della R. delle prospettate mansioni superiori e, inoltre, il CCNL applicabile al rapporto in questione era quello Terziario e Servizi UNGI – CISAL richiamato nel contratto di assunzione; che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la R. affidato a due motivi cui resiste la Cooperativa Sociale Co.Pro.S. con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., con la quale, dissentendo dalla proposta, evidenzia che l’omesso esame di alcune deposizioni testimoniali – specificate nei motivi – integrava un omesso esame di un fatto decisivo ovvero il vizio previsto dal disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per avere la Corte di Appello erroneamente affermato che i testi attorei A., N., P. e G. avevano reso affermazioni contrastanti, laddove, invece, le loro deposizioni erano state ritenute puntuali ed esaurienti, così come la Corte territoriale non aveva tenuto conto delle deposizioni dei testi S. e Gr. ed aveva ignorato le contraddizioni in cui incorsi i testi indicati dalla cooperativa, evidenziandosi, inoltre, che dalla lettura del ricorso introduttivo del giudizio emergeva in modo chiaro che erano state chieste le differenze retributive dovute per le superiori mansioni e per lo straordinario svolto; con il secondo motivo viene dedotta “violazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 116 c.p.c., comma 1” in quanto la Corte territoriale aveva espresso una valutazione solo “parziale e monca” del tenore di tutte le deposizioni che, invece, erano favorevoli alla tesi della ricorrente;

che entrambi i motivi sono inammissibili in quanto si risolvono nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);

che, peraltro, il primo motivo, pur con una intitolazione conforme al testo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, in realtà, critica la sufficienza del ragionamento logico posto alla base dell’interpretazione di determinati atti del processo, e dunque un caratteristico vizio motivazionale non più censurabile (si veda Cass., S.U., n. 8053/14) e finisce con il denunciare non l’omesso esame di un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica (e quindi non un punto o un profilo giuridico), un fatto principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè un fatto dedotto in funzione probatoria) bensì l’omessa o carente valutazione di determinati elementi probatori, censura questa non più consentita; ed infatti, è sufficiente che il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario che il giudice abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass. n. 8053/14 cit.); e, comunque, nel caso in esame, l’impugnata sentenza, con una motivazione esaustiva, ha valutato le risultanze istruttorie sicchè non può certo trattarsi di omesso esame, ma di accoglimento di una tesi diversa da quella sostenuta dalla ricorrente;

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo in favore della Cooperativa Sociale Co.Pro.S. a r.l.;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

PQM

 

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2017

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